La trade che ha portato KD in Arizona è stata molto, molto, MOLTO costosa per i Suns.
Li ha privati del futuro per i prossimi 5 anni: oltre ad aver perso Cam Johnson e Mikal Bridges, sono state mollate 4 delle prossime 5 prime scelte, e nell’anno non coinvolto i Nets avranno un diritto swap sulla prima chiamata di PHO.
Pare follia, pare rientrare nello schema perdente usato dagli stessi Nets per radunare, con misero risultato, KD+Kyrie+Harden/BS o dai Lakers per avere, negli anni del Lebrone, un half-fake Anello (in the Bubble) e bilancio non brillante al 52% con 3 stagioni iperperdenti in fila. Invece KD (e con lui i Suns) ha fatto conti non maldestri.
Durant ha vinto solo in un posto: quello in cui era in migliore compagnia e da cui, per ego e per divergenze sull’impiego e (soprattutto) sulla cura con cui veniva impiegato il suo fisico, decise di andare via. Quel posto era Golden State. Il roster che accoglierà Durant a Phoenix somiglia molto a quello che lo accolse agli Warriors. Prima della presentazione, tenete presente che, dal 2017 a oggi, una cosa è cambiata nella NBA: ai tempi in cui KD arrivò a San Francisco erano di moda, anche per la post-season, i roster ampi, ora gli allenatori sono tornati pienamente in amore per le rotazioni a 8, e anche 7, uomini. Vale anche per gli incontri di cartello in RS, non solo nei PO, è un elemento fondamentale per capire come mai la trade KD-Suns ha avuto un costo pesante, ma non assurdo.
KD è la costante; a GS trovò Steph-Klay-Draymond, a Phoenix troverà CP3-Booker-Ayton: le somiglianze sono evidenti, la differenza principale risiede nell’età più avanzata del protagonista, e nel fatto che Paul non è mai stato al livello di Steph. La seconda fascia del roster di quegli Warriors era costituita da: Jordan Bell-Iggy-Livingston-Looney, ai Suns troviamo Cam Payne-Craig-Lee-Londale; ci sono alcuni squilibri, concentrati soprattutto nella figura di Iguodala, che 6/7 anni fa era ancora giocatore di grande incisività, ma, ancora, le due situazioni non sono poi così lontane. Terza fascia: Nick Young-David West-Javalone-McCaw per GS, messi a confronto con Lee-Shamet-Okogie-Wahington Jr (il figlio di The Pearl e nipote di D-Fish), ancora meno differenze.
La oggettiva maggiore profondità del roster di GS diventa meno importante ricordando il discorso sulle rotazioni ristrette affrontato poco sopra e osservando, per esempio, i minutaggi dei giocatori di GS durante le Finals dominate 4-0 contro i Cavs: Dray-G 42 mins/gara, KD 41, Steph 40, Klay 37 mentre nessuno degli altri 6 giocatori più utilizzati superò i 13 (Shaun Livingston) e, anzi, tutti quei 6 ebbero minutaggio medio compreso tra 13 e 10 (Looney e Nick Young). Una rotazione a 8 durante una ipotetica serie di Finals, l’impiego di Craig che dovrebbe essere il quinto dello starting 5 con (esempio) Payne-Londale-Lee dal pino, lascerebbe questi Suns ancora meno distanti dai GoldenState Warriors Campioni 2018. In Arizona hanno deciso di sfruttare il disgusto di KD per la situazione ai Nets (indipendentemente dalla partenza di Irving) e di mollare il presente-futuro in cambio di una corsa di 2 anni (questo e il prossimo, non oltre per ragioni di età e incrocio di contratti) per arrivare almeno, ALMENO, a ri-giocarsi le Finals. Al pensiero di dovere combattere contro Jokic o Antetokounmpo o Tatum, hanno pensato che serviva loro talento, una certa presenza fisica e una ferma reputazione (KD raggranella più liberi di Bridges anche su mezza gamba sola), più che profondità. Al contrario di altri assemblaggi recenti, la scelta dei Suns non è folle.