Uno spazio chiamato NBA LAB: servirà per esaminare alcune situazioni da un punto di vista tecnico, al di fuori della cronaca day-to-day.

Commentando la W di Cleveland nella Gara2 di primo turno vs i Pistons avevamo portato brevemente la vostra attenzione, cari lettori, sulle 38 triple tentate dai Cavs in rapporto agli 80 tiri totali dal campo, e avevamo ravvisato la definitiva scelta strategica di coach Lue per i PO. Forse facili profeti, in ogni caso buoni: la tendenza si è estremizzata, portando Cleveland, nella serie di Conference Semifinals vinta 4-0 contro gli Atlanta Hawks, a realizzare il record di triple segnate (25) in singola gara. Prendendo in esame proprio lo sweep rifilato ai Falchi, esaminiamo più da vicino le risultanze tecniche e statistiche della strategia dei Cavs.

Gara1: 16/52 da 2 (31%) – 15/31 da 3 (49%)
Gara2: 16/42 da 2 (38%) – 25/45 da 3 (55%)
Gara3: 19/46 da 2 (41%) – 21/39 da 3 (54%)
Gara4: 22/51 da 2 (43%) – 16/37 da 3 (43%)
Totali 73/191 da 2 (38%) – 77/152 da 3 (51%)

I Cavs hanno segnato più canestri da 3 che da 2, e le % non sono nemmeno lontanamente paragonabili, perchè il dato delle triple supera del 13% quello delle conclusioni da 2. In particolare è da esaminare il dato relativo a Kevin Love. Il Californiano è stato fin dalla scorsa stagione l’oggetto misterioso dei Cavs: preso per essere il terzo BigThree, ha offerto delusioni più che gioie, soprattutto in questa stagione. Ultimamente, grossomodo dall’inizio della post-season, sembra essere rinato. Ma è davvero così? Tutto oro quel che riluce? Contro gli Hawks Love è sempre andato in doppia-doppia punti-rimbalzi, e questo certo è un dato positivo, ma la parte più eclatante della sua resurrezione, ossia l’impatto offensivo, presenta alcune zone d’ombra. KL è andato 19/40 da 3 nelle Conference Semis (complice anche un sontuoso 8/15 in Gara4), ma da 2 il dato si trasforma: 4/32, che, togliendo il meglio offerto (il 2/5 di Gara3) diventerebbe 2/27. Se avete finito di sbattere le palpebre posso rassicurarvi: sì, avete letto bene e no, non mi sono sbagliato. L’orrifica percentuale è del 12,5%. Nel tiro da 2 solo LBJ offre garanzie a coach Lue: LeBron ha tirato 30/56 da 2 (54%); il secondo migliore dopo di lui, tra coloro che nell’attacco dei Cavs si prendono un numero non irrisorio di tiri, è Irving con 17/44 (39%). I minutaggi dei Cavs hanno preso una piega molto differente nei PO rispetto la stagione regolare: è crollato il tempo in campo di Dellavedova, che ora gioca circa 14′ a gara, è lievitato (in coincidenza con la strategia triplista ma anche in grazia di percentuali davvero buone a supporto) quello di Channing Frye, e di conseguenza sono aumentati i minuti di Irving e JR Smith e diminuiti quelli del sostituto “canonico” di James, ossia Richard Jefferson. L’unico che è rimasto costante nel vedere campo per 22/24 minuti è Shumpert, che però non ha licenza di tiro, dal momento che, statisticamente, tira meno di 5 volte a partita in questi PO 2016. Una tendenza che si è estremizzata in parallelo alla strategia delle triple e alla nuova ripartizione del minutaggio è quella del restringimento del novero dei rimbalzisti, e di un contemporaneo aumento delle loro stats sotto le plance. Parliamo del trio Love-James-Thompson: più dell’80% dei rimbalzi dei Cavs è ghermito dalle loro mani; nella serie vs Atlanta Love è andato sempre in doppia cifra, Thompson 3 volte, James 2, e nessuno dei tre ha mai preso meno di 7 rimbalzi (James, 4 in Gara2). Coach Lue ha dunque, alla fine, trovato adattamenti per i PO: tiro da 3, restrizione di minutaggi e rotazioni, starting five stabile (con conseguente miglioramento delle statistiche degli starters), e chiarimento di alcuni equivoci: primo tra tutti quello che stabilisce definitivamente che Irving, pur non apaprtenendo al cerchio magico di LeBron, sta in campo e Dellavedova (pur positivo e appartenente al cerchio magico) in panca.
Conseguenze della strategia triplista? Le definirei: pericolose ma affascinanti. Pericolose perchè l’attacco di Cleveland gira fino a che girano le % oltre la linea dei 3 punti. Il difetto macroscopico della loro offense da 2 dipende infatti non solo dalle difese che nei PO sono durissime e blablabla, ma dal fatto che (eccetto James e in parte Irving), gli altri Cavs vanno poco all’anello, e quando tirano da 2 lo fanno da quei mid-range spots che nel basket moderno, e in quello NBA in particolare, sono fonte di danno e di guai (a tal punto che Brad Stevens li ha quasi del tutto eliminati dal gioco dei suoi Celtics, lasciandone davvero licenza solo a Evan Turner, giocatore old-school come pochi). Alcuni giocatori, poi, come Smith e Frye, tirano da 2 solo quando non possono farlo da 3, e ciò significa solo quando particolarmente pressati, in condizioni di gioco rotto o forzatura: e le % naufragano. Sono, d’altro canto, conseguenze affascinanti perchè rappresentano la vera sfida ai GS Warriors. Si reputa che i veri antagonisti di Steph&Co siano gli Spurs, perchè hanno, e di gran lunga, la miglior difesa sul perimetro della NBA. A prescindere dal fatto che al momento gli Spurs sono ad una gara dall’eliminazione, osserverei le condizioni in cui sono avvenute 3 sconfitte simboliche degli Warriors: la prima della stagione vs i Bucks, la prima in casa vs i Celtics, quella in Gara3 vs i Blazers di pochi giorni fa. Replicano 2 caratteristiche: gli Warriors venivano da una gara precedente impegnativa (e nei PO la fatica è compagna perenne), e sono stati aggrediti difensivamente ma, soprattutto, offensivamente – da attacchi che li han sfidati sui loro stessi punti forti, ossia il ritmo e le triple. Ecco perchè la tattica “slava” dei Cavs potrebbe essere di grande utilità nell’ipotesi che A-si mettano a difendere meglio e B-riescano a raggiungere le Finals, se si troveranno davanti gli apparentemente inarrestabili GS Warriors.