Ultimamente anche altri protagonisti del tanking dei Sixers stanno provando a rialzare la testa, ma lui…
La prima notizia è che sta giocando. La seconda è che lo sta facendo nemmeno malissimo. Markelle Fultz pare aver imboccato almeno per ora la via fuori dal tunnel dell’infortunio ai rotatori della spalla destra, che gli aveva di fatto impedito di almeno provare a mantenere le promesse che una Prima Scelta Assoluta deve assolvere. Fultz è solo un altro dei disastri (alcuni annunciati, altri solo sfortunati) compiuti dall’altrettanto disastroso tanking estremo messo in opera dai Philadelphia 76ers tra il 2013 e il 2017. Perdere più o meno apposta per 5 anni al fine di ricostruire la squadra tramite il Draft infatti ha avuto come conseguenza il fatto che la NBA ha cambiato le procedure di accesso alle Scelte, rendendo molto meno conveniente la porcheria di cui i Sixers si erano resi colpevoli. Tante scelte altissime, quasi sempre fuori bersaglio: solo Embiid e Simmons sono rimasti, mentre Noel, Okafor e Fultz stanno avendo carriere difficoltose altrove. Markelle sta giocando in regime di minutaggio controllato (mai più di 24), e la cosa che più balza agli occhi è che la sua fama di tiratore è pressoché dissolta: 3/14 (21.4% nelle 4 gare sinora disputate). D’altro canto sta tirando molto bene da 2 (61.5) e 11 pti di media col 47% dal campo in 23 mins non sono male. Ha anche 4 assists di media contro 2 perse, esattamente il rapporto che ci si aspetta da una pg, anche se per i noti problemi non è più il giocatore che guidava la palla come faceva al college: nonostante questo sembra trovarsi abbastanza bene nel sistema di gioco di coach Clifford, che ha trasferito anche ad Orlando il suo credo di basket molto controllato in attacco. I Magic sono sul podio infatti per minor numero di palloni persi (12 netti a gara), e nella W di quarto turno vs i Knicks hanno regalato solo 7 palloni. Oggi, in questo momento, Fultz è a 299 pti in carriera nella NBA e per come parevano andare le cose non è così scontato parlare del fatto che una carriera esista, per lui: arriverà gòi auguriamo e il 300 e tante altre centinaia nel suo viaggio NBA, che è corredato ora di cifre che possono indurre ad ottimismo. Nel mock del Draft 2017 lo avevo definito “il Karl-Antony Towns delle guardie”: la realtà mi ha dato torto, ma ha solo 21 anni e in un mondo senza one and done sarebbe ancora a Washington University, quindi è lecito essere ottimisti su di lui, ancora.