Erik Spoelstra è uno dei migliori allenatori, ma i suoi rookies gli stan dando grande aiuto.
Le partite sono almeno 7 per ogni franchigia, si può dare un’occhiata ad alcune prestazioni di singoli giocatori che stanno davvero sorprendendo. Impossibile non rivolgere attenzione ad un duo dei Miami Heat, un rookie vero e un quasi rookie: Tyler Herro e Kendrick Nunn. Herro da molti era stato segnalato come potenziale Steal of the Draft: non sta deludendo i suoi ammiratori. La sua miglior gara lo scorso 29 ottobre, con 29-7-2 vs Atlanta, per il 78% dal campo comprensivo di un 3/4 da 3. Molto più pubblicizzato e sotto i riflettori rispetto al compagno, è anche un giocatore che, come tanti dei rookies 2019 (penso anche a Carsen Edwards e Grant Williams di Boston), non sta mostrando nessun timore reverenziale nei confronti del mondo NBA, anzi. Le sue medie sono “infettate” da una gara orrenda proprio la scorsa notte vs Denver, ma parlano di 14-5-3 (arrotondando) con il 48% da 2 e il 35 da 3. Considerevole l’apporto a rimbalzo, per una guardia. Kendrick Nunn, undrafted 2018, aveva giocato tutta la scorsa stagione nei Santa Cruz Warriors, la costola G-League di Golden State, ed ha 24 anni contro i 19/20 dei rookies classici. E’ una combo che, per il ruolo di guardia, manca di qualche cm, difetto annullato dall’agonismo selvaggio che sa mettere in campo. Ha iniziato con medie offensive strepitose: dopo 5 gare era 15/31 da 3 per esempio. Ora le sue % sono un po’ calate, ma sempre degne del 49% da 2 e 41 da 3. Insieme non perdono troppi palloni: il saldo combinato perse/recuperi dei due è 4.3/2.6, cui aggiungere quasi 6 assists. Una notevole affidabilità, che a loro vale la partenza in quintetto (Herro era partente fino a che nelle ultime 3 gare non è tornato Jimmy Butler) e permette a coach Spoelstra di usare Dragic da sesto uomo. Grazie a questa solida coppia di esterni rookies, gli Heat sono una delle formazioni con il roster più profondo, la depth chart più competitiva e un grande equilibrio nella distribuzione delle responsabilità; 9 uomini tra 20 e 36 mins di campo (senza dimenticare Derrick Jones a 16 e James Johnson a 14), 7 in doppia cifra di media (tra 10 e 18) e altri 3 giocatori tra 8.5 e 9 pti. Con questa formula Miami è quasi un unicum tra le 30 franchigie NBA: non la più talentuosa come picchi, ma di certo tra le prime 5 come distribuzione del talento. Gli Heat sono la quinta difesa della Eastern Conference, ma quel che sorprende, per una squadra storicamente stitica, è che siano anche il quinto attacco: l’impulso offensivo dato dai rookies è a volte superiore a quello delle Stelle; Nunn infatti è il top-scorer, segna più di Jimmy-B (18 vs 15). Aggiungete che Duncan Robinson, sopho bianchetto di 201 cm apparentemente innocuo, si sta facendo spazio a suon di triple e stoppate. Segna 10 col 44.7% da 3 su quasi 6 tentativi/gara, e in 20 minuti di impiego ha 0.8 stoppate: di tutti gli Heat è di certo uno dei meno famosi, ma questi numeri contribuiscono non poco al (finora) terzo posto di Conference di MIA, e se trasportati su 36 mins cominciano a essere davvero interessanti.