Come sempre molte gare, a cominciare dal tardo pomeriggio, nel Martin Luther King Day, che la NBA celebra con particolare cura.
11 le partite, 9 delle quali terminate contro pronostico o con la squadra in trasferta vittoriosa.
Miracolo casalingo degli Hawks vs gli Spurs, che finora sembrano tutt’altro che una contender per il Titolo o per la Western Conference. Sempre privi di Kawhi, i cui frequenti riposini fanno venire brutti pensieri sulle reali condizioni fisiche, e di fatto anche di Ginobili, solo 5 mins. Grande sforzo di Aldridge (25+11), ma non è bastato davanti ad una difesa Hawks davvero pazzesca (non a caso Belinelli seduto quasi tutto l’ultimo quarto nonostante 10 con 4/6), sostenuta dalla gara dell’ex di Dedmon (12+10) e dalla prova straordinaria di DennisDeutscheland (26-6-7, una sua lacrima mancina appoggiata altissima al tabellone nell’ultimo sprint è da sola il prezzo del season ticket). In una gara dal pathos sempre alto i Sixers casalinghi contengono il ritorno dei Raptors: dopo i 22 di vantaggio persi vs i Celtics a Londra, un altro margine di 19 quasi dilapidato da Phila, a testimonianza che manca continuità e un pizzico di attenzione in più dal coaching staff. Embiid paradisiaco a 34-11-3. I derelitti Hornets sorprendono Detroit ancora senza Reggie Jackson con un’altra bella prova della Barbie Forzuta Howard, che quando non frigna e non pigola ma ruggisce e vola, mette insieme come stanotte 21+17, tirando 9/12, o roba molto simile. Sono stati quasi 6 nel finale i minuti di siccità di Washington, che perde male in casa vs i Bucks del solito Grande Grosso Pterodattilo Greco (27-20-6, ma accompagnato da Bledsoe 23-4-3 con 4 rec), mentre da solo Wall (27-4-9) non può fare ogni notte un miracolo; da segnalare la crisi in the clutch di Bradley Beal nelle ultime 3 gare: 6 pti + 2/24 con 0/11 da 3 per il fantasmatico (a volte) gemello di back court di John Wall. NY viola il campo dei Nets aggiudicandosi uno dei derbies meno sentiti dello sport mondiale con 26+9 dell’Unicorno Lettone, e poi voliamo a Chicago dove il Finlandese dice 17-9-3 con 1 rec e nessuna persa, aumentando la propria giovane leggenda nell’arena che davanti ha la statua di Jordan. Finalmente un attimo di respiro, con W casalinghe e in fondo non troppo difficili di OKC sui Kings (che però vincono 3 periodi su 4, dal momento che i Thunder ancora non tirano con % capaci di andare sopra al 42) e di Memphis sui Lakers, che avevano in infermeria sia la caviglia di Ingram che il ginocchio di Lonzo. Poco dura il nostro riposo: ecco la W esterna di Indiana sui Jazz (sempre meno facile un loro approdo ai PO) grazie ai 28-6-6 con 1 rec e 5/8 da 3 di Oladipo (le cui % oltre l’arco sono da rimarcare, per uno da dunk contest allo ASG arrivato nella Associazione con poco tiro da fuori), in una gara in cui i Pacers hanno tirato divinamente ma anche meglio da 3 che da 2 (53.8% nelle triple, 53.2 totale). Ed arriviamo a Clippers-Houston, giocata allo Staples Center senza James Harden, e finita in rissa dopo la W convincente dei Velieri, la cui difesa ha tenuto i Rockets sotto al 30% nelle triple e il cui quintetto base ha obbligato quello dei Texani a -56 globale di plus/minus. Griffin ha scritto 29-10-6 con 11/18 da 2, e Lou Williams 31 con 19 tiri, oltre all’insolito 11+12 del prevalentemente pigerrimo Wes Johnson, che ha bisogno in media di 4 gare per arrivare a 12 rebs; Teodosic 12-6-6, e una percentuale onirica di successi della squadra quando lui è in campo: 12-4, in una delle sconfitte lui in campo solo 9 mins. La rissa è stata verbale e di comportamenti reciproci più che di veri cazzotti, anche se D’Antoni lamenta che Blake Griffin “hit me”; ci sono stati presunti contatti post-game tra Austin RIvers e James Harden (entrambi in borghese per infortunio, per altro..) e soprattutto una specie di raid di Ariza+Harden+Green verso il locker dei Clippers, per andare a scovare e “parlargli”..chi? Di nuovo il figlio del coach. A proposito di coach Rivers: dopo tanti anni così-così, in cui i suoi Clippers dal molto talento raccoglievano molto meno del lecito, quest’anno sta conducendo una squadra priva di Paul (19-6-7, grande perdente, come da sempre sostenuto dal sottoscritto) e con il record mondiale di infortuni, ad un passo da playoffs che sarebbero miracolosi. Sono 3 le squadre con record 22-21 al momento: ClipperTown al posto 7, Denver al posto 8, fuori ora sarebbero i Blazers. Il quinto e il sesto posto, OKC e Pelicans, sono vicinissimi tuttavia, avendo sia Thunder che Nola 20 sconfitte.
Ora Cavs vs Warriors, giocato alla Q-Arena di Cleveland. Odio vero e quindi perfettamente mascherato tra le due formazioni. I Cavs sono stati avanti la maggior parte del tempo (max vantaggio 8), senza mai dare l’impressione di controllare la gara. Al contrario di quasi sempre, il pino di Cleveland (in particolare Wade 10-7-5, ma prima 3/4 poi 1/6) ha retto bene il confronto, ma i Cavs non sanno proprio cosa sia la continuità. Sia come squadra sia come singoli. La difesa è ondivaga e spesso (sempre?) a dare il primo cattivo esempio è LBJ, mentre in attacco a parte il Prescelto (32-8-6 ma ben 8 perse), Love (17 con 9 tiri) che però è un colabrodo dietro e in attesa della piena efficienza di Isaiah Thomas (19 ma 21 tiri, 3 in più persino di James), tutti gli altri hanno passaggi a vuoto tanto clamorosi quanto impronosticabili, fino a rendere quasi impossibile al coaching staff (Lue e James, ovvio..) seguire tutte le lune storte di ciascuno in ogni momento. La gara ha visto James iniziare come sempre mirando solo al pitturato (12 rapidi in the paint), ignorando le paturnie in punta da pg e i piccioni viaggiatori da 3 fino al quarto periodo. In mezzo un buon Isaiah, ottimo Wade, e sforzi collettivi per tenere la testa sulle spalle, tanto da arrivare alla fine del terzo periodo con 53 punti segnati nel pitturato (contro i 33 di media su gara intera). Poi il disastro, forse causato dallo shock di aver subìto una schiacciata dal piccolo Steph (23-4-8, arrivava a Cleveland con 33 di media in 32 mins nelle ultime 6 gare, il 55% totale, il 51 da 3) su piatto di KD (32-5-8 con 3 rec): da fine terzo a metà quarto 2 soli punti dei Cavs, e Warriors che aumentavano pazientemente il vantaggio di due punti ogni due o tre possessi. 10 alla fine il divario. Sensazione: i margini di miglioramento dei Cavs sono notevoli; dubbio: non sono più così sicuro li possano davvero raggiungere; certezza: GS finisce un trittico in viaggio vs la seconda-terza-quinta dell’Est con 3 W, ribadendo una “qualche” superiorità. Ultima parola per Klay Thompson, uno dei meno chiacchierati Assi della NBA: 18 pti nei primi 17 mins, quelli più difficili per GS; nella stagione in cui ha visto ridursi ancora sia minuti che possessi che tocchi della palla, sta sfoderando percentuali e concentrazione da guerriero Jedi, e non a caso guida la NBA per punti catch-and-shoot: 11.6 a gara.