Gara 3 per tre serie, Gara4 per Portland e Nola: una notte NBA semplicemente fantastica.
Prenderemo più spazio dei soliti 5500 caratteri, cominciando dai primi a qualificarsi alle Conference Semis: i Pelicans.
Lo lasciamo dire allo sconfitto Damian Lillard (25/71 dal campo nella serie), parole prima di Gara4. “Sono stato raddoppiato, blizzato, limitato in ogni modo sul pick’n’roll in carriera, ma sempre il lungo o cambiava o tornava sul proprio uomo. La strategia dei Pelicans fa rimanere entrambi i giocatori su di me, e io devo dare via la palla, o perché sono in difficoltà o perché il mio lungo del tutto libero è un bersaglio troppo ghiotto per rinunciarvi”. Alvin Gentry, coach di Nola, era noto come l’offensive coordinator degli Warriors del Titolo 2015, ma ha costruito una difesa su misura per annullare la Stella dei Blazers; scommettendo sul fatto che i lunghi di POR, per quante buone gare potessero fare, non avrebbero mai compensato i punti e i possessi tolti a Dame: scommessa vinta. Grazie alla presenza anche difensiva di The Brow, alla mobilità di Mirotic (10+11, 2 rec e 3 stoppate), a JRue Holiday che è anche un difensore All-NBA e a Rajon Rondo che, quando conta, difende come nessuno e in attacco fa dimenticare di avere poco tiro da fuori, perché la sua bacchetta di direttore è precisa come quella di pochi Maestri (per lui nella serie 11.3-7.5-13.3, 50% da 2, 43% da 3). Anche se uno dei lunghi di Portland (Aminu) ha via via imparato la lezione (7-14-21-27 nelle 4 partite), stanotte il copione si è ripetuto e amplificato, sfociando nello sweep per avanzare nei PO e in 2 grandi prestazioni personali: Davis e Holiday (47 e 41, 30/47 dal campo) sono la sesta coppia di team-mates a scrivere +40×2 nei PO: gli ultimi nel 2016 Kyrie e LBJ, i primi Baylor e West nel 1962.
Rimaniamo ad Ovest: OKC sconfitta in Utah, Gara3. Visto che si parla di triple-doppie come fossero l’essenza del basket, ecco una singolare nemesi per RW: umiliato dall’altro eroe con acronimo RR, Ricky Rubio in tripla-doppia (25-11-10 in 37 mins). Era iniziata bene per i Thunder, avanti 45-33 con 7’ da giocare nel secondo periodo. Dopo 4 minuti erano sotto di 1 (50-49) e Rubio segnava in questo lasso di tempo ben 13pti, difeso in gran parte da RW (14-11-9 con 8 perse, -25 di +/- in 37 mins). Sul fatto che Westbrook non riesca a censurarsi abbiamo speso parecchie parole, altre ne verranno: per ora limitiamo il commento alla sconfitta di OKC, che ha avuto problemi soprattutto in attacco prima di mollare del tutto nel quarto periodo e lasciar dilagare i Jazz. Fino a che c’è stata partita i Thunder si sono aggrappati al match con la difesa, che nei primi tre periodi ha saputo creare 26 pti (un terzo dei 76 totali) da palle recuperati/vaganti (OKC seconda nei PO per palloni toccati/deviati in difesa). Jazz con tre in doppia cifra a rimbalzo: oltre RR anche Gobert (12) e Mitchell (11).
A Minneapolis i PO tornavano dopo 5073 giorni: l’ultima postseason dei T’Wolves fu quando Towns aveva 8 anni. In Gara3 Minnie, per opera di coach Thibodeau, proponeva vs la Stella avversaria Harden una strategia difensiva opposta a quella dei Pelicans vs Lillard: gli piazzo in marcatura il Piccolo Kawhi Butler e lo lascio tirare, che si guadagni la pagnotta da 8 metri o cercando il ferro, ma annullo i suoi scarichi, quelli su Capela in primis. Altra mossa riuscita: W T’Wolves, primo canestro dal campo dello Svizzero a inizio terzo periodo e 9/21 dal campo per Harden. KAT ha faticato a sbloccarsi, ma dopo due gare orribili è entrato nella serie (18+16), mentre Butler ha offerto 28-7-5 più la difesa sulla Barba. Wiggins è stato meticoloso nel difendere e non perdere palloni né concentrazione, ed esiziale al tiro (20-5-5 con 4/6 da 3). Uno dei fattori determinanti è stata l’asfaltata che la pg di casa Teague (23-3-8, 41 mins in campo) ha tirato a Chris Paul (17-3-6), stella da regular season che nei PO sta facendo la stessa fatica che faceva ai Clippers, ma con compagni migliori e più concreti al fianco può mascherare le magagne, anche se non stanotte.
Infine ad Est per il capolavoro del Beli. Nonostante le cifre (10-2-2, 1 rec, 0 perse) dicano sia stata la peggiore delle 4 di PO giocate dovete fidarvi: ha davvero fatto un capolavoro. Phila è stata più volte sul punto di affondare, in particolare nel secondo quarto, quando tutti i compagni (e anche coach Brown) erano innervositi dalla difesa al limite dell’aggressione degli Heat: Belinelli è rimasto calmissimo, dettando lui i tempi del gioco (a volte rifiutando di passare un pallone, altre volte facendo finta di non vedere un tagliante), fino a che tutti i Sixers, inesperti ed un po’ emozionati per l’occasione che stanno vivendo, sono riusciti ad entrare in partita. Ben Supremo Simmons (17-16-10, 4 rec ma 7 perse tutte iniziali) ha iniziato a giocare sul serio nel terzo periodo, e ha dominato i 6 mins finali; il Turco (10+8 e +16 di +_, il migliore) è stata un’altra delle ancore di salvezza: per noi da ora è The Litter King, il Re dei rifiuti che riesce a trasformare in punti ogni pallone vagante, gioco rotto, o rimbalzo dato per perso. Gli Heat hanno combinato un disastro: imprecisi nei dettagli (tanti falli offensivi sui blocchi, tanti liberi sbagliati, tanti falli sciocchi quando l’orologio dei 24 era calante), e non tanto aiutati del loro coach. Spoelstra ha tolto dal campo Goran Dragic (20-1-3, ma ritmo annullato dalla gestione del coach) nel momento di grazia (mancavano 3 mins alla fine del secondo periodo, Miami accumulava una decina di punti di vantaggio) per inserire Wade (25-2-3), che con alcune scelte affrettate in attacco dava origine al parziale di 6-0 con cui i 76ers andavano at the half solo a -4. Tanta fatica sprecata, che si ripercuoterà nel finale di quarto periodo, quando Phila avrà molta più energia e lucidità. I Sixers sono 3-1 e hanno il passaggio del turno a un passo, e in casa: se questa gara è stata spigolosa, non so immaginare che battaglia ci aspetta al Wells Fargo il prossimo Martedì.