Solo Gara2 tra Rockets e Jazz nella notte NBA.
Ricky Rubio. Ammettiamo pure sia il nono tra le pg dell’Ovest e il numero 17 nella NBA: uno “fuori dai PO”. Come che sia, è la pg titolare di una tra le migliori 8 squadre NBA 2017-18, e gli Utah Jazz stanno giocando senza di lui vs la squadra col miglior record in RS. La quale, per una serie di ragioni che col Gioco non hanno sempre a che fare, è anche quella che tira più liberi di tutte (+5 di media sulla seconda).
Come detto fin dall’esordio della presente stagione, se i Rockets sono arbitrati “à la Harden”, possiamo dargli l’Anello senza giocare. Se sono arbitrati equanimemente, allora si può giocare. Come stanotte.
Vero, Harden doveva essere fouled out a metà quarto periodo, e il recupero dei Rockets nel terzo (da -19 a +5) si è anche nutrito di 4 falli offensivi non fischiati a CP3 e la Barba (tra cui una botta in faccia a Gobert che, se data da Dray-G o Smart avrebbe fruttato Flagrant di ogni tipo), oltre che di 5 liberi regalati. Però il computo totale dei liberi, delle decisioni arbitrali in generale e, ancor più importante, del momento delle decisioni: è stato decente. Molto merito del miglior arbitro NBA, Scott Foster, e del miglioramento del peggiore (Tony Brothers, che almeno ha ridotto la propria manìa per l’Instant Replay a favore delle Stelle). Liberi 27 HOU 25 UTAH, che è la peggiore nei PO per % dalla linea e da Aprile forse la sola squadra al mondo ad aver sbagliato più lunette della Fortitudo Bologna.
Nella W di Utah il palcoscenico spetta alla difesa. Snyder aveva preparato la gara mirando a far penetrare Harden togliendogli le triple, contando che Capela (21+11) in area o gli altri tiratori sul perimetro fossero limitati dal loro minor talento rispetto a JH. Missione riuscita, soprattutto nel primo tempo: +19 dopo 18mins, Harden limitato (2/8 a metà secondo quarto), Houston poco aggressiva oltre l’arco (media-partita 16/40, a metà erano 4/15 (10/37 alla fine): il dato negativo, per come gioca HOU, erano i soli 15 spari). Oltre alla preparazione tattica, il coach dei Jazz ha trovato sulla via una gran partita di Dante Exum, che ha ben limitato sia Harden che Paul, quando la Barba riposava. L’equilibrio reciproco nel gioco dei due migliori Razzi è un punto singolare. Nel corso delle rotazioni giocano davvero insieme a inizio e fine dei due tempi, in mezzo si alternano: resta curioso, però, che solo nel terzo quarto i due si siano scambiati (Harden per tripla di Paul) il primo assist reciproco dei PO. Il gap accumulato nella prima parte della gara è anche colpa di Mike D’Antoni, che è andato troppo piccolo, troppo presto e troppo a lungo. La supersmall line-up (CP3-Green-Gordon-M’bahMoutè-Capela/Anderson) ha aperto voragini nel pitturato, lasciato triple apertissime a Ingles, lasciato reboff. Tra i Jazz si sono distinti, oltre Exum, Gobert (15+14 con 3 stoppate), Crowder (15+10 dal pino, il migliore per rendimento medio nelle due gare della serie finora), sempre dalla panchina Burks (17 con 7/9 da 2), Mitchell (17-5-11, in una gara di tiro storto ha mostrato maturità, altruismo e capacità di pungere quando serviva) e Joe Ingles (27 con 7/9 da 3, braccio e mente del proprio coach). Il +/- negativo di Paul (23-5-3) riapre la ferita: questo immenso giocatore di Regular Season fa molta fatica ad essere pari a se stesso nei PO. Stanotte ha replicato, diventando presto nervosissimo nelle difficoltà (i Jazz lo scorso anno hanno eliminato i suoi Clippers, e i fantasmi han fatto in fretta a riapparire), e finendo con un’azione iconica di quel che stiamo raccontando. 40 secs alla fine, -8 palla in mano: molto difficile recuperare la gara, ma ancora chances, e CP3 si palleggia addosso senza essere particolarmente pressato se non dal branco di scimmie sulla propria spalla. Infine: HOU perde una gara con solo 7 perse e ben 11 recuperi (Utah 17 e 4).
I Jazz tornano a casa 1-1: situazione con cui hanno appena eliminato i Thunder. Houston è più solida, ma le figure di contorno dei Rockets non sempre riescono a splendere (escluso il solito trio, gli altri 11/39) e il gioco estremo di Mike D’Antoni (che non è, nemmeno lui, del tutto bulletproof) non è inattaccabile, a regole uguali per tutti, in particolare nei Playoffs.
Per chiudere, una notizia arrivata durante la gara. I Phoenix Suns hanno ufficializzato come loro nuovo coach per la prossima stagione Igor Kokoskov, Serbo, coach vincitore degli ultimi Europei con la Slovenia, attuale assistente di Snyder ai Jazz. Sarà lui e non Ettore Messina il primo NBA head-coach non born and raised negli USA. Prima conseguenza? I Suns hanno più probabilita di tutti di avere al prossimo Draft la Prima Scelta Assoluta: aumentano parecchio le possibilità di avere Luka Doncic come first pick, anche se l’altro possibile Prima Scelta, DeAndre Ayton,, gioca ad Arizona U, e, pur essendo Bahamegno di nascita, ha frequentato a Phoenix anche la Prep School prima del college: un home-boy dunque (oltre che fortissimo): forse un fattore che potrebbe contare nella scelta.