Oltre a parlare di chi era di turno stanotte, daremo anche uno sguardo all’andamento generale dei PO.
In un periodo in cui tutti i protagonisti degli anni ’80 musicali sono riuniti e in tour, dai DuranDuran a Matt Bianco, era inevitabile che gli 80’s tornassero anche nel basket NBA. Merito di Wizards e Celtics. Leggerete i particolari più avanti, ma intanto: era ora che tornasse una serie cattiva come quelle di una volta, con risse, provocazioni, gioco durissimo. E su questo capitolo, porrei una certa attenzione anche su Spurs e Rockets. Il derby texano attende prima di tutto un responso su come giocherà San Antonio dopo il grave infortunio (rottura del tendine del quadricipite sinistro) di Parker. Gli Spurs dispongono di Patty Mills, di fatto non un sesto uomo ma uno starter aggiunto, e di Dejountè Murray, sul quel già a settembre ci siamo sbilanciati definendolo: il nuovo colpo “à la Kawhi” di Buford. Sotto le ceneri degli argomenti principali, tuttavia, in questa serie cova una tensione finora non esplosa, ma in aumento. I gomiti di Harden, le manate di Lee, le spallate di Aldridge e il comportamento generale di Beverley: sono tutte micce pronte ad innescarsi. Le altre due serie, Warriors vs Utah e Cavs vs Raptors, invece, finora non hanno offerto altro che dominio dei favoriti: molto vistoso anche in termini di distacchi quello dei Cavs, mentre Golden State scappa avanti e poi gestisce, anche per via di una salute non perfetta.
VERIZON CENTER, WASHINGTON. BOSTON CELTICS 89 – WASHINGTON WIZARDS 116
Dopo 4 mins di primo quarto il punteggio era 16-12 pro Wizards. Avanti 3 minuti: 26-12 Wizards; avanti altri 3: 36-12 Wizards. A fine primo quarto il responso era 39-17, il baratro si sarebbe allargato fino a +30 (93-63). Dopo 6 gare vinte in fila, e tensioni di ogni tipo, i Celtics hanno avuto il normale crollo, e hanno perso pesantemente la prima gara della serie nella Capitale. Hanno provato a fare il loro gioco, ma sono stati sopraffatti in ogni settore. Solo la fisicità del confronto non è crollata, ed infatti abbiamo assistito a colpi e aggressioni, verbali e fisiche, e a 3 espulsioni. Kelly Oubre Jr. per aver attaccato Olynyk, reo di avergli fatto un blocco troppo rude (ma sanzionato dai refs, e inutile la reazione della sf dei Wizards), e poi Terry Rozier e Brandon Jennings per essersi ripetutamente provocati verbalmente e con piccoli colpetti. Nel secondo caso i refs hanno (giustamente) cacciato i due più per levarseli dalle scatole che per la gravità dei gesti e delle parole, mentre Oubre rischia la squalifica per almeno una gara, perché l’aggressione è stata pesante, reale, e sanzionata con Flagrant2. Quindi, se la NBA non vuole cadere nel ridicolo dopo quel che il suo “ufficio giustizia” ha combinato squalificando Draynond Green per una cosa molto meno grave durante le Finals 2016, il rampollo di Kansas U. almeno una deve saltarla. A sua maggior colpa, il fatto è avvenuto dopo solo 5 minuti che Oubre era in campo, segno che già da prima era caricato con una molla davvero eccessiva. Tecnicamente non c’è stata storia, e coach Stevens ha capito in fretta: nessun Celtic oltre i 29 mins in campo, tutti gli uomini utilizzati, nessun titolare con minuti consistenti nel secondo tempo. Washington ha avuto il solito Wall (24-1-8), un grandissimo Otto Porter (19+8), e finalmente Brooks ha dato un minimo di fiducia alla panchina, venendo ripagato alla grande da Bogdanovic alla doppia-doppia (19-10-2 con 4/7 da 3), un po’ meno dall’espulso Jennings; nota di colore: BJ 15 minuti, Rozier 9, il che significa che tutto il loro duello da galletti ignoranti ha avuto la capacità di sfinire gli arbitri in 8 minuti. Lieve eccezione al teorema Gortat (ma perdere questa sarebbe stato impossibile..) che gioca 31’ con 13+16, MA gli Wizards vincono lo stesso, e buone notizie per il reparto lunghi capitolino con i 10 minuti del ritorno di Mahinmi. La notizia non buona per Washington è che non si è verificata la prevista rinascita casalinga di Bradley Beal (11 pti con 12 tiri): la difesa di Avery Bradley sulla guardia Wizards è stata la sola cosa che passando da Boston a Washington non è cambiata. Per ora?
ORACLE ARENA, OAKLAND. UTAH JAZZ 104 – GS WARRIORS 115
Gara2 fotocopia di Gara1. Warriors che prendono un ventello di vantaggio e poi gestiscono, con Utah che torna anche -7 palla in mano, ma senza che Steph e compagni corrano rischi reali. Identico anche lo spavento che uno dei big dei Californiani ha fatto correre a compagni, staff, pubblico: stavolta è stato Green ad accasciarsi al suolo toccandosi il ginocchio destro. Dopo un giro nell’infermeria all’interno dell’Arena, Dray-G è tornato in campo, apparentemente senza nessun tipo di risentimento o problema residuo. Tra l’altro, come in Gara1, merita lui il MVP della partita: 21-7-6 con 4 rec e 1 stoppata. Non è cambiato nemmeno il rendimento eccellente di Gobert (16+16), difeso in parecchie occasioni, e con un certo successo, anche da KD. Che, dal canto suo, ha messo insieme un 25-11-7 con più della metà dei punti dalla lunetta (13/15) giocando 36 mins, 5 in più della partita precedente: pare essere in via di completo recupero della piena efficienza e capacità di resistenza. Chi ha fatto, pur nella sconfitta, molto meglio rispetto alla prima apparizione è stato Gordon Hayward: 33-5-4 con 21 tiri. Per i giocatori dei Jazz, esclusi i veterani della panchina JJ e Diaw, è la prima apparizione ad un livello di gioco come quello costituito dalle Conference Semifinals, e quindi potremmo quasi pronosticare che, dopo il necessario ambientamento, sappiano far fruttare tra le mura di Salt Lake City quanto imparato nella Terra della Quercia. Chiudiamo con un paio di numeri a proposito di Steph: stanotte ha imbucato 5/8 da 3, per lui ora sono 267 triple nei PO, all’ottavo posto all-time insieme a Chauncey Billups, e sono anche 64 gare di PO consecutive con almeno una sua tripla a referto, e questo è record assoluto, in continuo miglioramento.