Stanotte era il turno di #3 a Milwaukee, Indianapolis, Washington.
Prima ancora che la serie iniziasse John Karalis, NBA analyst particolarmente dedicato ai Boston Celtics di cui ha pronosticato il successo 4-2, aveva detto che la terza sarebbe stata di sicuro Bucks. Infatti. Ai Celtics non è mancato il quanto ma il come. Hanno tirato lo stesso numero di volte dei Bucks (80 vs 79), preso più rimbalzi (45 vs 37) e guadagnato il doppio dei liberi (28 vs 15). Non è mancata l’aggressività in generale, ma la precisione off/def. In particolare le rotazioni difensive sono state imprecise, un attimo in anticipo un attimo in ritardo, i raddoppi hanno portato a falli non necessari, e i tiri dei Cerbiatti sono stati spesso open. Milwaukee aveva poi mirini eccezionali: 48% da 3 (16/33) e 29/46 da 2 per il 57% dal campo. Boston manchevole anche nella ripartizione dei tiri: 24 triple per i Celtics sono pochissime, e, al di là delle 8 imbucate, nel basket di oggi perdi non solo quando hai % peggiori da 3, ma soprattutto quando ti ritrovi ad aver tirato molto meno dei tuoi avversari dietro l’arco: 9 triple in meno sono già da sole una condanna. La politica del dare la palla sotto, efficace in casa, al Bradley Center non ha pagato (oltre ad aver tolto tiri a Jaylen Brown, solo 9 spari): Monroe-Horford-Baynes-Morris-Yabusele hanno combinato per 13/33, roba insufficiente a rendere produttiva l’enfasi data al pitturato; merito anche del BlockFestival operato da MIL (13 stoppate, 5 del solo Maker). I Bucks hanno saputo alleggerire il peso che grava sulle spalle di Pterofattilo+Middleton (insieme, in ogni caso, 42 con 30 tiri), trovando la prima decente da Bledsoe (17-4-4) e da Parker (17-5-3) e ricevendo finalmente l’apparizione di Thon Maker: il grissino 14, da 3 triple e 5 liberi, e le ricordate stoppate.
Il confronto tra Raptors e Wizards approdava a CapitolCity, e i ragazzi di coach Brooks, dopo 10 mins incerti e titubanti, hanno dato sfogo alla loro neonata fama di (piccoli)BadBoys, asfaltando Toronto sul piano della cattiveria. Non agonistica, cattiveria e basta. E se Wall+Beal funzionano nello stesso momento (cioè: quando Beal non fa disastri nei minuti cruciali), WAS diventa avversario difficile per chiunque. Wall 28-6-14, con 4 rec; Beal 28-4-4 con 3 rec, 22/42 combinato dal campo.
Indianapolis. Qui era LA gara di stanotte. I Cavs arrivavano in casa Pacers avendo perso il fattore campo. #2 non aveva portato particolari buone news, però: vinta di 3 resistendo con affanno al ritorno degli avversari pur avendo avuto LBJ oltre la perfezione e, a favore, anche una serata oscena di IND oltre l’arco. Gara 3 è stata molto simile: vantaggione Cavs (+17 per iniziare il secondo half), eroso dai Pacers infine vincitori (92-90). Ingeneroso ma inevitabile centrare sui Cavs l’analisi della W Pacers. +17 e pigrizia: dopo l’intervallo passano metà del terzo periodo a sparare a caso da 3 e a difendere in modo ridicolo. La responsabilità della brutta difesa, stavolta, è sulle spalle anche di coach Lue, non solo della storica indolenza dei suoi giocatori. Lue ha lasciato per lunghissimi periodi che JR Smith venisse ridicolizzato da Oladipo poi da Bogdanovic, e anche i molti minuti concessi a Korver hanno inciso, perché KK non è mai stato un difensore, non è mai stato un vero titolare, e ora, che è anche vecchiotto, viene usato come starter e per provare a controllare quelli che JR non riesce a marcare. Misterioso come non veda più minuti Jeff Green (l’ultimo in ordine di tempo, sul finire della RS, e in assoluto uno dei pochissimi umani, capaci di giocare insieme a James e segnarne 33 nella stessa sera in cui LBJ ne segnava 44…forse per questo non vede più tavole), oppure come mai anche TTT sia sparito dalle rotazioni in favore di Nance, che è un buonissimo atleta, ma è un gregarione e poco più. E Osman, che partiva in quintetto nel rush di 11-3 con cui i Cavs han chiuso la stagione regolare, ora non gioca più. Lue ha anche azzerato l’aggressività di George Hill, che stava giocando una bella gara (11 at the half, solo 13 alla fine perché ha giocato 10 mins su 24). Aggiungete a questo il solito inguaribile difetto dei Cavs: riguarda l’attacco e il far giocare James (28-12-8) da pg. Stanotte ha perso meno palloni del solito, giocando a “io sono Magic Johnson”, ma anche quando riesce a non buttare la palla non è efficace, perché riduce l’attacco dei Cavs a un quartetto di figure senza ritmo che, ad un certo punto, si trovano in mano la palla e sparano la tripla senza nessuno a rimbalzo. Quel che è capitato nel secondo tempo è stato che quelle triple sono andate tutte fuori: eccetto una di JR Smith a metà terzo periodo, le altre 4 imbucate dai Cavs sono arrivate nei 5 mins finali, quando Indiana aveva già sorpassato (3 di James, 1 Love). E i Pacers? Grande applicazione difensiva: sono forse i meglio equipaggiati della NBA vs LeBron. Hanno in quintetto Thad Young e Bogdanovic, che sono difensori più che discreti e alternano velocità e stazza (il Croato non è Bolt, ma è tostissimo) sul Prescelto, facendolo faticare parecchio; poi, in panca loro, entra Lance Stephenson, la cui carriera verrà ricordata soprattutto per le lotte con James. Ecco come i Pacers hanno costruito il loro vantaggio nella serie: lavoro ai fianchi difensivo unito a un attacco non esplosivo ma con una stella che difende anche (Oladipo 18-6-7 con 3 rec), un tiratore coi fiocchi (Bogdanovic 30+4, 7/9 da 3) e tanta disciplina grazie soprattutto a Cory Joseph: recupero e sorpasso avvenuti con lui in campo (anche se Collison ha numeri migliori la pg titolare di Indy è quella che esce dal pino).