Una sorpresa, una partita equilibrata e due (previsti) massacri sul Fronte Occidentale nella prima tornata di NBA Playoffs giocatasi stanotte.

AIR CANADA CENTER, TORONTO. INDIANA PACERS 100 – TORONTO RAPTORS 90.
Paul George (33-4-6 con 4 recuperi e una grande, grandissima difesa su DeRozan) è grande, ed è una divinità in modalità “ghe pensi mi”, perché è anche il profeta di se stesso. Lo splendido isolamento del prodotto di, è stato in realtà un po’ meno totale del solito: oltre a The Revenant, altri 4 in doppia cifra per i Pacers, con il rookie Myles Turner in grande evidenza (10+5 con 5 stoppate). E’ stato, il rookie, l’unico lungo che è riuscito un po’ a giocare nelle fila di Indiana, perché Mahinmi è stato falcidiato dai falli (5 in 17’, ma peggio ancora 4 nei suoi primi 6’), e perché Jordan Hill è uno che in ogni squadra in cui è stato viene ricordato come “simpatico” o “antipatico”, mai per quello che combina sul parquet. Dall’altra parte del campo, prima i numeri e poi le facce. Cominciamo con 1 e 8. In nove partecipazioni ai PO, i Raptors hanno sempre perso il primo match della serie, a parte una volta. In nove partecipazioni ai PO hanno sempre finito di giocare al primo turno, a parte una volta. La squadra di quest’anno sembra dotata di solidità a convinzione maggiori, ma stanotte non si sono viste. Certo, non sempre aiuta avere un rookie (Powell, sf da UCLA) in quintetto nei PO, per quanto bene si sia comportato, ma la vera delusione è arrivata da DeRozan e Lowry: i numeri qui diventano 8 e 31 (i canestri e i tentativi combinati della coppia); non ingannino nemmeno i numeri di Valanciunas (12+19, di cui 8 in attacco): i suoi reboff sono arrivati dopo suoi errori da mezzo centimetro (cfr il 4/14 al tiro). Venendo alle facce, anche quelle erano di poco incoraggiamento, se siete tifosi di Toronto. Perse, disperse, senza espressione che non fosse di incredula incertezza. Chissà, forse è perché sono Canadesi. Forse, nonostante il loro orgoglio, ostentato nel “We the North” con cui si definiscono, covano qualche inestirpabile complesso di inferiorità, lo stesso iconizzato in una puntata dei Simpsons in cui la Nazionale Canadese era composta da Steve Nash e 4 inenarrabili personaggi che nulla avevano a che fare col basket (ora è un po’ diversa la questione…). Le facce dei Raptors che uscivano sconfitti, non erano quelle del più forte che mantiene la fiducia dopo un passo falso. Da semplicesemplice, in una sola gara, questa serie potrebbe essersi invece indirizzata verso un bagno di sangue.
Serie: 0-1 Indiana, fattore campo capovolto.

PHILIPS ARENA, ATLANTA. BOSTON CELTICS 101 – ATLANTA HAWKS 102
Il dato di fatto è che Atlanta è sopra 1-0. Le interpretazioni possono essere diverse. Soprattutto rispetto la gara giocata dai Celtics, che hanno perso di 1, dopo aver terminato sotto di 11 il primo tempo. Che sono rimasti sempre in gara nonostante un primo tempo da 26% al tiro. Che hanno giocato “pace-pace-pace” arrivando a tirare 102 volte, contro le 86 di Atlanta, e lo hanno fatto nonostante abbian preso 3 rimbalzi in meno e senza un divario colossale tra perse e recuperi tra le due squadre (3 a favore di Boston). Che non hanno vinto, ma non hanno proprio perso, insomma. Oppure che sono già fuori dai PO, considerato l’infortunio capitato ad Avery Bradley, infortunio muscolare serio, che probabilmente, nella migliore delle ipotesi, lo terrà fuori per la durata della serie vs gli Hawks. Avevamo pronosticato equilibrio, ed equilibrio è stato. Poi, guardando Brad Stevens smadonnare, dovreste chiedervi cosa mai possa aver fatto imprecare il sempre controllato genietto della panca biancoverde. Presto detto: nell’azione decisiva (96-93 Atlanta, palla e inerzia in mano ai Celtics), con tanto tempo sull’orologio dei 24, un tiro da 3 se lo prende Evan Turner. Giocatore delizioso, ma anni ’60, nel senso che la dimensione del triplista non è di lui propria. Su quel tiro assurdo, e sbagliato, si è infranta la rincorsa di Boston, che ha trovato una tredicesima vita nello snervante giochetto dei tiri liberi vs tiro rapido da 3, ma si è fermata corta di un punto. Su quel tiro assurdo, oltre alla calma persa da Stevens, anche le mani ai fianchi di un incredulo e giustamente arrabbiato IT4 (27-3-8). Per Atlanta, molto del merito della W poggia sulle talentuose, immense, magistrali spalle di Paul Millsap (14-7-3 con 1 rec e 3 stoppate). Ascoltando la gara come foste alla radio, trovereste che, dopo ogni bel colpo di Boston, la voce al microfono diceva: Paul Millsap seguito da punti-rimbalzi-recuperi-stoppate. Immenso. Non male nemmeno Bazemore (23+8), Teague 23-4-12) e Horford, che ha vinto il duello vs i lunghi dei Celtics (24+12 e molto probabile sia l’anno prossimo in Massachussetts).
Serie: 1-0 Atlanta, che tiene il fattore campo.

CHESAPEAKE ENERGY ARENA, OKC. DALLAS MAVS 70 – OKC THUNDER 108
Con tutto il rispetto, osserviamo due posizioni dei quintetti di stanotte. Pg: Westbrook vs Barea (onesto lavoratore portoricano, con poca altezza e molto talento per le conquiste femminili); centro: Adams vs Mejri (lungagnone non banale dalla Tunisia, l’anno scorso al Real Madrid ma ancora da svezzare ampiamente al livello NBA). Contate che la serie di Regular Season tra Mavs e Thunder aveva sempre visto OKC vincente, e che il Tunisino in quintetto è una mossa disperata di coach Carlisle per elevare il tasso di competitività della panchina, retrocedendovi Zaza Pachulia. Insomma, competizione non esisteva, e così è stato. A metà del secondo quarto Dallas era stata doppiata: 19-38; i Mavs avevano segnato 6 canestri da 2 e sette tiri liberi. Stop. Erano 6/34 globale al tiro, di cui 3/7 di Dirkone e 3/27 del resto della squadra (…..). La fine è il quasi quarantello che i Thunder han rifilato ai Texani, tenendo sugli scudi Enes Kanter dal pino (16+13) e non facendosi mancare la consueta grandinata a rovinar le vigne da parte di Dion Waiters (1/9). Per Dallas citiamo il solo e unico ad aver trovato la doppia cifra: Nowitzky 18+4.
Serie 1-0 OKC, fattore campo rispettato.

ORACLE ARENA, OAKLAND. HOUSTON ROCKETS 78 – GS WARRIORS 104
Ricordate il tedesco Schulze? Era un back-up dei lunghi di Milano mentre gli anni 2000 smettevano di essere early per diventare mid. Era, soprattutto, uno dei più efferati tagliagole che mai abbian calcato un campo da basket. Alla stessa categoria associo Patrick Beverley, pg spesso titolare dei Rockets. Uno di quelli che si riempiono la bocca delle parole “rispetto” e “intensità” confondendole in realtà per “licenza di uccidere” e “cattiveria sregolata”. Il nostro “eroe” era partito da subito bello carico: nel saluto a centrocampo, quando i giocatori delle squadre si danno buffetti e petti prima di iniziare la tenzone, è letteralmente andato a tirare un colpo di spalla, camuffato da gesto “respect”, appunto, a Steph Curry. La cosa non è rimasta senza strascico, perche dopo nemmeno 6 minuti, i due si sono fronteggiati in malo modo, e si son presi un doppio tecnico. Poco dopo, un blocco Killer di Dray-G ai danni di Beverley ha chiarito dove stesse andando la gara, che, però, per fortuna si è placata in fretta, per la manifesta superiorità di GS. In un movimento per rubare palla ad Harden, però, Steph si è storto abbastanza malamente la caviglia sinistra, già la più malandata, e non ha rimesso piede in campo nel secondo tempo. Attualmente, Kerr dixit, la sua presenza per Gara2 è in forte dubbio. In ogni caso aveva segnato 24 in 20 minuti. L’opera è stata portata avanti e completata da tutti, praticamente tutti gli altri: solo Varejao e Rush scoreless, e 43-17-12 dal pino. In due gare le franchigie texane impegnate in nottata han rimediato 64pti di deficit. Bel record. Proviamo a salvarne uno anche per Houston, così come per Dallas: Dwight Howard 14+11. Da censurare, in ogni caso, la scelta dei Rockets, inferiori ad ogni livello, di portare la sfida sul piano del fightball.
Serie 1-0 Golden State, fattore campo rispettato.