Bentornati, abbiamo molto di cui parlare.

Mentre le squadre vincenti stanno giocando i PO, quelle che hanno avuto una brutta stagione sono nel pieno dell’attività di riparazione, che di solito inizia dall’allenatore. Continuano quindi le news su nuove assunzioni per la panchina. Tom Thibodeau è il nuovo coach+chief of basketball operations dei Minnesota Timberwolves. IL ruolo (pino+scrivania) ripete in pieno quello che era del compianto Flip Saunders. Si parla di un 5 x 50, decisamente un ricco approdo per coach Thibo. Come scritto un paio di giorni fa, lui è il coach ideale e insieme il più sbagliato per allenare questi giovani, non troppo intensi e non troppo disciplinati Lupacchiotti. La riuscita non è garantita, ma di certo cambieranno parecchie regole a Minnie. Intanto Jamal Crawford, guardia dei Clippers, ha vinto il premio di Miglior Sesto Uomo dell’anno. E’ la terza volta per lui, che infatti era nella nostra triade di selezioni, ma resta agghiacciante il metro per il quale Enes Kanter ha preso molti più voti di Evan Turner.
Stanotte, quinto giorno di primo turno, si sono giocate 3 partite. Ma prima dei resoconti, vorrei spendere qualche riga per ricordare un grande giocatore, scomparso ieri. Dwayne Alonzo Washington. Detto The Pearl. Nella NBA non ha fatto molto, ma nei campi di Brooklyn e a Syracuse U. è stato una autentica leggenda, che quelli già “basketball addicted” nei mid-eighties non possono non ricordare. Il basket collegiale allora era già corposamente irrorato di Big East: Gerogetown-St. John’s-Villanova-Syracuse. Pat Ewing-Chris Mullin-Felipe Lopez-Dwayne The Pearl. Per uno nato e cresciuto a NY il nick La Perla non è poco: ricordate Earl Monroe e gli Anelli dei Knicks? Washington fu il capostipite moderno di qualsiasi movimento in esitazione sul palleggio voi possiate immaginare oggi, e aveva una capacità di inventare assists da far apparire Rajon Rondo un timido, noioso, geometra del catasto. Per bocca di un affranto Jim Boeheim, The Pearl ha ricevuto il riconoscimento di esser stato probabilmente la pietra angolare di qualsiasi successo del programma di basket di Syracuse, ad iniziare dal recruiting nell’area di NY. Poco adatto alla NBA, per due motivi: no tiro da fuori (Boeheim lo faceva giocare vs 7 compagni per allenare il suo tiro dal perimetro) e uno spirito troppo picaresco, male imbrigliato dalle regole dell’Associazione. Durò solo 3 anni, tra Nets e Heat, prima di ritirarsi dicendo di aver perso lo spirito giusto, il vero, puro amore per il Gioco. Ucciso da un tumore al cervello, lo salutiamo. Ecco ora le partite.

AA ARENA, MIAMI. CHARLOTTE HORNETS 103 – MIAMI HEAT 115
Coach Clifford ha fatto sinora molto per migliorare gli Hornets e renderli non solo brillanti ma costanti. Tuttavia, la Storia non è una signora facile da capovolgere, e, per quanto siano migliorati, non si deve dimenticare che con la L di stanotte gli Hornets sono alla loro sconfitta consecutiva numero 11 nei PO (e non è che li raggiungano sempresempre). Dato che il numero è il medesimo per entrambe, una differenza immediatamente percepibile è quella determinata dal tiro da 3: 16 tentativi ciascuna. Miami 9 dentro, Charlotte 11 fuori. Esperienza e talento di Kemba Walker (29-5-3 ma 12/29) e BigAl Jefferson (25+7) non sono serviti agli Hornets, in cui Gregarione Marvin ha fatto peggio che mai (0+6, 0/10). Che Spoelstra sia un allenatore un po’ troppo sottovalutato è confermato dall’equilibrio di squadra raggiunto dai suoi Heat: 5 in doppia cifra (4 starters e uno dal pino), uno a 9 e uno a 8; quello a 8 è l’unico del quintetto a esser rimasto in single digit: JJ, che, però, ha 3/5 al tiro, ovvero non ha sparacchiato, ed ha agito chirurgicamente. Stessa cosa vale per quello a 9, Justise Winslow (4/6). Hanno impressionato due dei nostri pupilli e scoperte: Whiteside (17+13, 8/8 al tiro) e Richardson (15 con 5/9), con D-Wade a fare da base e da ciliegina (28-3-8 con 2 rec). Ora si va a Charlotte. Gli ultimi sviluppi di politica gender dello Stato del North Carolina inducono a stare attenti in che bagno vi infilerete, se andrete alla Time Warner Cable Arena. Sembra una sciocchezza, ma un provvedimento falsamente liberale corre il rischio di far perdere a Charlotte l’organizzazione del prossimo AllStar Game.
Serie 2-0, Miami difende il fattore campo.

QUICKEN LOANS ARENA, CLEVELAND. DETROIT PISTONS 90 – CLEVELAND CAVS 107
La differente statura tra MJ e LBJ si misura da certe cose davvero piccole che Il Prescelto combina. SVG, coach dei Pistons, questiona sull’arbitraggio di Gara1 (in breve: ragazzi, dimenticatevi che i grigi fischino mai certi falli a James), viene sanzionato di 25000 dalla NBA, e tuttavia James sente il bisogno di replicare. Poi, stanotte, ogni schiacciata o canestro era un urlo da fare, un occhiataccia da dare. Mai fatto MJ qualcosa di simile? Presa una tripla in faccia da Stanley Johnson, James (27-6-3) lo ha puntato e, mentre le squadre si dirigevano al TO, gli ha mollato una bella botta spalla-spalla, che il rookie ha saggiamente lasciato passare. A fine partita, cioè dopo aver perso, il rookie ha poi dichiarato: Chiacchera, sometimes he moves his mouth, tutta la loro squadra lo fa, un po’ come fanno le loro cheeleaders. Un rookie, e dopo una sconfitta, che dice queste cose. Un po’ sopra le righe il giovane Stanley, ma anche molto poco rispetto James e i Cavs sanno guadagnarsi. Gara2 ha il distacco (17pti) ma non ha avuto (ancora) la semplicità. A 10’ dalla fine del terzo quarto i Pistons eran sopra di 5, a fine terzo quarto erano ancora a contatto. Il quarto periodo ha segnato il vallo, ma i Cavs hanno avuto bisogno di una gran nottata di tiro (20/38 da 3, JR Smith 7/11) e di una bella disciplina (solo 12 perse, come i loro avversari). Per dare un’idea di come sia stata la gara di Cleveland, e di quali siano le intenzioni di coach Lue in questi PO, segnaliamo la ripartizione dei tiri della squadra: 80 totali, 38 da 3. Ovviamente la mira di stanotte ha invogliato a fare uso delle triple, ma i PO, che estremizzano tutto, stanno evidenziando quale sia la filosofia del coach dei Cavs, molto legata alle percentuali, dal momento che nemmeno stasera i suoi ragazzi hanno creato molti più possessi degli avversari (80 tiri vs 78, stesso numero di perse, stesso numero di recuperi, solo 3 la differenza a rimbalzo, pro Pistons). Il volume del gioco, insomma, non è eccezionale, e in questo momento, e con questo sistema, la notizia migliore per Lue è il buon rendimento di Love (16+10, belle percentuali). A Detroit stanotte ha comandato Bimbone, che però deve assolutamente far pace coi tiri liberi (20+7, ma 4/16 dalla linea). Molto curiosi di conoscere l’atmosfera di The Palace, casa dei Pistons.
Serie 2-0, Cavs che mantengono il fattore campo.

STAPLES CENTER, LA. PORTLAND TRAILBLAZERS 81 – LA CLIPPERS 102
Quando il propellente finisce, capita di andare in panchina alla fine del terzo quarto sotto di 6, e di terminare la gara a -21. Davvero corti questi Blazers per sopportare l’urto dei Clippers, se i Clippers son concentrati. Il duo Paul-Redick (42-7-5, 17/37) sta demolendo il duo Lillard-McCollum (31-9-8, 12/37), ma sono infinitamente minori le fatiche che i clippertoniani devono compiere (idem quelle accumulate durante la stagione). Il ritorno di Blake Griffin è un momento dal quale i Velieri sono 6-0. La differenza è evidente in attacco, dove Blake è un perno cui agganciare sia il tiro da 3 che le volate di DAJ, e anche in difesa, parte del gioco in cui Griffin sta mettendo parecchia durezza; al di là del suo atteggiamento, la semplice presenza consente a coach Rivers di tenere meno a spasso DAJ, e quindi permette al centrone di sorvegliare meglio il pitturato (chiedere a LIllard, che più volte stanotte ne ha seminati 3 o 4 per prendersi poi lo stesso una sonora stoppata). 10+16 dalla panchina per i Blazers, 43+16 dal pino per Clippertown, con 2 in doppia cifra, uno a 9 e uno a 8. Curiosamente, nel giorno della sua nomina a miglior sesto uomo, Jamal Crawford ha giocato una gara cosìcosì 11pti, 4/10 al tiro).
Serie 2-0, fattore campo mantenuto dai Clippers.