Come in Gara1, anche in Gara7 Golden State vìola il Toyota Center, casa degli Houston Rockets.
La squadra di Steve Kerr avanza alle Finals, quella di Mike D’Antoni non ci arriva….nemmeno stavolta. Non è casuale se alle Finals arrivano Steph e Kerr per la quarta volta in fila, mentre D’Antoni viene stoppato per la terza volta (anche 2005 e 2006), Harden per la seconda (2016).
Non era una vera Gara7: si era arrivati fin qua perché GS era stata in qualche modo aiutata a perdere Gara5, quella che nel commento avevamo chiamato “la grande bruttezza”. Il gioco pseudo rivoluzionario di D’Antoni a Houston è una radicalizzazione di quello praticato a Phoenix e NY, con la differenza di avere a disposizione Harden e Paul, e, in Clint Capela, un Amar’e Stoudemire di maggior dedizione. Problema: giocando così non si vince. Nei Playoffs, le difese diventano assassine, le paure più frequenti, e giocare in questo modo significa adottare già il “piano B”, quello delle emergenze. Senza aver nulla quando le emergenze accadono. Come il furto delle mani di James Harden: a partire da metà Gara4 ha tirato 6/47 da 3 (12.7%). Emergenze come la perdita di fiducia di una squadra miglioratissima, vero, in difesa e a rimbalzo offensivo (ovvero le medicine contro i momenti di mira storta), ma dipendente in maniera deleteria dalle proprie percentuali ed allenata ad un solo tipo di soluzione: stanotte, mentre si accumulavano le triple sbagliate (arrivando a 27 ferri di seguito), era evidente l’incapacità di reazione sia dei giocatori in campo che del coach in panchina.
Ovviamente l’infortunio a Paul è stato importantissimo, ma non va dimenticata l’assenza, dall’altra parte, di Iggy, importante quasi come Dray-G, e già Finals MVP. Uno che ai PO è abituato. Non come le tante figure di contorno dei Rockets. La post-season è un setaccio. Ci sono giocatori che nei PO non possono giocare, altri vanno bene fino al primo turno e così via; alcuni…li annullano gli allenatori. I Rockets hanno perso, troppo grossolani per passare dal setaccio, Mbah’A’Moute e Nenè tra primo turno e Conference Semis, mentre D’Antoni faceva capire a Ryan Anderson e Joe Johnson che non c’era spazio per loro. Ricordiamo che contro i Rockets, pur battuto, starreggiava Joe Ingles, Australiano di Utah con grande intelligenza e mira, ma fisico quasi nullo e in assoluto non enormemente superiore a, per es., un Ryan Anderson ben utilizzato. Nelle Conference Finals sono venuti di fatto a mancare anche Ariza e Gerald Green (stanotte in due 3-11-2 con 2 perse e 1/19 al tiro, il miracolo a firma GG), mentre coach Mike pretendeva chissà quale miracolo introducendo in minuti importanti Johnson ed Anderson. Non solo il gioco, ma anche la gestione degli uomini e dei cambi è avara di possibili complimenti da rivolgere a D’Antoni.
Come in Gara6 Houston era partita bene, imbucando tutto e costringendo GS nel primo tempo al, parole di coach Kerr, “our worse basket ever”. I primi 90 secs della gara servano da esempio: 3 perse, 0 pti, 4 falli (2 di Klay che commetterà il terzo poco dopo). Sembra l’anticamera di un disastro: la folla tutta in piedi e urlante, e l’Arena trabocca di sensazioni di vittoria, amplificate dai messaggi video o dalla presenza dei grandi Rockets degli Anelli: Olajuwon, Kenny Smith, Drexler, Mario Elie, Vernon Maxwell. GS, però, ha un gioco equilibrato, e mentre gli avversari infilano triple, si accontenta di scambiare i 3 con dei 2 che risulteranno molto utili: spegnendosi l’assalto dei Razzi, at the half la peggior versione di sempre degli Warriors si troverà sotto di soli 11, gli stessi punti di quando, inizio secondo periodo, Steve Kerr preoccupato/disgustato aveva chiamato un time-out “ultima spiaggia”. Pericolo scampato? Sì, il terzo quarto è il regno di GS: il differenziale positivo era 50, diventerà 68, rendendo evidente la organizzazione e precisione delle soluzioni Warriors. In Gara6, sotto di 17 nel primo periodo, uscirono fuori con un +17 nel terzo; sotto di 15 nel secondo quarto di Gara7, avranno nel terzo quarto un simile +18. Sì, di certo a Harden mancano due fischi a favore su due triple, ma ne ha sbagliate 41 delle ultime 47. Gli ultimi 90 secs rendono un’altra foto significativa: sotto di 7 (un ultimo assalto guidato da Gordon e PJ Tucker, non da Harden) i Rockets avrebbero dovuto essere indiavolati, invece aspettavano l’errore di GS. Intendiamoci: D’Antoni è un buon coach e ci sono migliaia di allenatori peggiori anche in panchine prestigiose (tipo una città di pianura del nord Italia dove si mangia molto bene, dai colori bianchi e blu), ma immaginate la stessa situazione (sotto in cifra singola, la Gara7, il vinci o muori) affrontata da una squadra di Obradovic. In ogni caso: pronti per un altro Cavalieri vs Guerrieri alle Finals. Si inizia Giovedì notte.
Numeri per chiudere: Steph 27-9-10 con 4 rec (19 pti nel secondo tempo), KD 34-5-5 con 3 stoppate (23 nel secondo tempo), Klay 19 con 8/13, Dray-G 10-13-5; Harden 32 ma con 29 tiri, PJ Tucker (eroico) 14-12-2 con 3 rec, Gordon (ultimo ad arrendersi) 23-3-6 ma 22 tiri, Capela 20+9 con 9/10 dal campo ma 2/6 ai liberi, suggerendo a Kerr di ordinare per tre volte lo Hack-a-Clint.