Prima squadra che ha guadagnato le NBA Finals 2020: Los Angeles Lakers.
Sono da chiamare, per maggior precisione, intB NBA Finals: in the Bubble. E come sempre la stagione “strana” porta a risultati strani o a delle prime volte. I Lakers non sono certo una formazione da Anello: averle raggiunte è un piccolo capolavoro di LeBron James e di coach Vogel. LeBron ha portato sulle sue spalle una formazione povera di talento e una presunta co-Star come Anthony Davis, che ha invece rivelato grande difficoltà nel trovare continuità di rendimento e capacità di leadership. Le mancanze di AD devono far riflettere la dirigenza gialloviola: LBJ dirà addio a fine contratto per offrirsi (2022/23) a qualsiasi prezzo alla squadra che sceglierà suo figlio Bronny; è già scritto: la parte vanitosa di James non vede l’ora di quel momento per “completare la Legacy”. Ai Lakers serve cominciare a pensare di munirsi di personale di un certo talento ma anche di durezza (nome da suggerire: Bradley Beal). Coach Vogel, con il suo approccio mite e il look da cassiere di banca (che in quasi tutti i paesi del mondo, Italia a parte, è un lavoro medio-umile che non richiede alcuna laurea), ha depredato Las Vegas. Ovvero, ha fatto fallire le odds dei bookmakers (che lo vedevano per la straripante maggioranza licenziato entro il 2019) e ha fatto vincere belle cifre a chi ha puntato su di lui: io non ero tra questi. Merito principale aver convinto la squadra a difendere, LeBron compreso (con i suoi tempi e modi, ovvio…): in attacco con Robocop una soluzione si trova. Dove stanno le parti brutte dell’approdo losangelino all’atto finale? Ormai chi segue la pagina sa che mi piace vedere una certa virilità nelle cose. Piangere per l’arbitraggio non fa parte del concetto che amo: prima volta in 17 anni che LBJ ottiene solo 2 viaggi in lunetta ed immediate proteste mediatiche e non. Forse non tutti i fans della NBA sanno che esiste un ufficio apposito per casi del genere, che vengono esaminati sul lungo periodo: i due files più indagati quest’anno sono quelli dei pochissimi liberi di Tatum e dei liberi senza senso di Harden. Pubblicizzare e mediatizzare la cosa non è stata una bella idea, e rivela quella parte di inspiegabile stizzosità da reginetta che da sempre James si porta dietro, motivo per cui non è paragonabile ai vari Jordan, Magic, Bird, Bryant, Russell eccecc a nessun livello se non quello statistico. Peccato, perché la quasi totalità di LeBron meriterebbe quella grandezza, che una piccola parte di lui, invece, gli impedisce di raggiungere. Aggiungete che i Lakers, dopo aver perso Gara 2, hanno inoltrato alla NBA una domanda semplicemente non prevista dalle regole: aggiungere giocatori al roster in vista delle Finals. Eddai….
Ora le Finals attendono il verdetto della Eastern Conference: qualunque formazione vinca è già pronto il romanzo dominante. Sarà un classico Dostojevsky che riprenderà la sempiterna lotta Celtics-Lakers, o un nuovo Nicholas Evans, con tante lacrime da spendere per via della lotta di chi un tempo era stato fratello, come James e gli Heat?