Terza gara delle finali occidentali, spettacolo per la terza volta.
Musica e parole dei Red Hot Chili Peppers, suoni californiani, che per ritmo e concetti favoriscono nella notte l’Oklahoma.
CHESAPEAKE ENERGY ARENA, OKLAHOMA CITY. GOLDEN STATE WARRIORS 105 – OKLAHOMA CITY THUNDER 133. 2-1 THUNDER
La serie approda in Oklahoma, vari extraterrestri in campo, le tribune bianche e blu caldissime, tutto pronto per lo show. Non ci sono dubbi che questa sia stata la miglior partita della franchigia da quando ha questo nome, i primi tre quarti, perché all’inizio del quarto siamo 117-80, rappresentano le risposte a tutte le domande riguardo questa squadra. Se i Thunder giocassero insieme? “Se Westbrook si controllasse? Se Durant fosse più concreto? Se la panchina fornisse un apporto con la R?” La risposta a tutte queste domande, che da anni tutti si pongono, è arrivata questa notte. Nel momento in cui tutte queste cose succedono, contemporaneamente, i Thunder sembrano inarrestabili, tosti in difesa, contro uno dei migliori attacchi mai visti, devastanti in attacco, contro una difesa almeno paragonabile all’attacco. Non che sia possibile ripetere, o dare continuità a prestazioni del genere, perché guardando i numeri siamo alla follia, ma OKC guadagna sicuramente fiducia e consapevolezza, oltre ad una potenziale svolta nella serie. Nel primo quarto esiste ancora una partita, i Thunder danno già l’idea di essere in serata, ma gli Warriors si tengono a galla. Donovan sfida Kerr al suo stesso gioco, è il primo ad abbassare il quintetto, tenendo in campo Ibaka da centro per alcuni minuti ed allargando il campo. Con questa scelta tattica i tiratori si liberano e Durant si infiamma per primo. Westbrook è come già detto controllato, non esagera quasi mai (il mai non gli si può chiedere) e per la prima volta il suo potentissimo motore trascina una macchina che sia in grado di rimanergli attaccata. Il secondo periodo vede un clamoroso raddoppio di OKC da 38-19, con capolavori difensivi ed offensivi ad ogni azione, spettacolare la stoppata con conseguente rimbalzo, transizione, palleggio arresto e tiro da 3 di Durant. Sempre nel secondo avviene però l’episodio che sancisce di fatto la fine della partita. Draymond Green prova a guadagnare un fallo da Steven Adams, riuscendoci, ma alzando la gamba andando a calciare di nuovo il neozelandese, di nuovo lì. Gli arbitri sanzionano il contatto con un flagrant del primo tipo, probabilmente colpiti anche loro da Dray agli attributi, perché nel momento in cui un contatto del genere si giudica non necessario, è ovvio che sia anche eccessivo, e quindi da sanzionare col flagrant tipo due. In ogni caso la squalifica potrebbe comunque arrivare dalla lega, che al riguardo deve ancora pronunciarsi. La folla della Chesapeake gridava all’unisono “Kick him out!”, il pubblico americano tende ad essere meno viscerale di quello europeo, e di invocazioni simili se ne ricordano poche, benché un episodio del genere avrebbe fatto crollare il Pionir, l’OAKA, o anche un PalaTiziano qualsiasi. Draymond Green è uno che gioca sempre al limite tra aggressività ed illegalità, ed in momenti difficili è facile superarlo, visto l’apporto che è capace di fornire sarebbe da portare in qualsiasi battaglia, ma non sembrava mai aver sconfinato fino a questo punto. Il trattare l’argomento in modo così approfondito non vuole assolutamente essere una condanna, Dray è il cuore, nel senso di leader emotivo, degli Warriors, e subito dopo quell’episodio né lui né nessuno dei suoi compagni sono più riusciti ad affrontare un avversario che sembrava volare sempre più in alto. Tutto questo per dire che sarà parecchio dura assorbire una sconfitta di queste dimensioni, quando quello che di solito sprona il gruppo è il primo a cadere, e quando l’MVP non è al meglio della sua condizione. I 24 punti di Steph infatti arrivano da un 7-17 dal campo frutto di un ritmo altissimo, per cui un volume del genere è il minimo sindacale per un tiratore come lui, siamo ancora lontani dall’esserci svegliati dal sogno, ma il vero Curry in questa serie si è visto soltanto 5 minuti, per quanto leggendari. Klay è l’unico in doppia cifra (18 con 19 tiri) ad accompagnarsi al capo. Dall’altra parte invece i numeri, e non solo, parlano di una prestazione balistica pressoché perfetta dei Thunder: 33 da incorniciare di KD, 30-8-12 di RW,13 con 3-5 da 3 di Roberson (What?!), 10-12 di Kanter, 14 di Ibaka e 13 di Waiters (non riesce a sprecare nulla nemmeno lui). I numeri sono da spavento, considerando che per decine di possessi OKC non ha sbagliato un tiro, e se mai succedeva, arrivava il rimbalzo, 52-38 il dominio sotto i tabelloni dei vincitori.