Con questa domenica siamo sotto la doppia cifra per quel che riguarda i giorni mancanti alla opening night della stagione NBA 2015-16. Una delle squadre che vi presntiamo oggi ha giocato stanotte, vincendo contro i Miami Heat: gli Houston Rockets di coach Kevin McHale.
WESTERN CONFERENCE #5: HOUSTON ROCKETS. Se considerate che il Power Ranking generale (1-30 senza divisione per Conference) di ESPN mette 7 squadre della Western Conference nelle prime 9 pozioni (sole eccezioni Cavs al posto 2 e Hawks al posto 9) vi potete render conto di come sia difficile emergere ad Ovest, e di conseguenza di come sia segnale di competitività anche il 5’ posto nel West che consegnamo agli Houston Rockets. Abbiamo pensato a lungo se infilare i Texani un posto sopra, ma il loro essere Harden-dipendenti (più per gioco praticato che per debolezza del roster) li colloca un gradino sotto alle squadre che occuperanno i posti migliori. Di La Barba inutile parlare: è la alfa e la omega dei Rockets, anche quando sarebbe opportuno qualche lettera fosse lasciata ai compagni. Di tutti i ruoli il più insolitamente fornito è sicuramente quello di pg. Accanto a Beverley e Prigioni, ci sarà anche il neo-disintossicato Ty Lawson, che, dopo le vicissitudini della sua guida obnubilata da varie sostanze, cercherà di ricominciare in Texas una carriera finora sempre un pelo sotto le enormi potenzialità. L’ingaggio di Lawson, una pg che può tranquillamente rispondere alla definizione “combo”, fa capire che il centrocampo sarà l’asse portante della squadra; Harden in persona spesso inizierà l’azione palla in mano: accadrà meno in stagione e con frequenza crescente nei PO. Il contorno è di alto livello, anche se, contrariamente a molti commentatori, troviamo qualche debolezza sottocanestro. Ariza è commovente, Corey Brewer pure, perché è ormai l’unica guardia NBA capace di scrivere 26 senza mai tirare da 3, Motiejunas non è stato considerato per il premio di Most Improved ma in ciò ha subito una clamorosa ingiustizia, T-Jones è la sola vera risposta a Tristan Thompson e Dwight Howard…beh…ammesso che riesca a giocare senza infortunarsi, ammesso che riesca a giocare senza crisi depressive, ammesso che riesca a giocare senza darsi a emboliche scenette degne della Barbie…allora è un centro dominante. Forse.
Il payroll è alto, sesto della NBA a quasi 85 milioni. In scadenza solo il milione e mezzo di Jason Terry, probabilmente al suo ultimo anno di fulgida carriera. Interesse per il superatletico rookie Montrezl Harrel, per l’altro rookie Campione NCAA Sam Dekker (giocatore dal fascino anni ’50, in bilico tra fallimento colossale e preziosa magata del management, non so decidermi), per il terzo bimbone Joshua Smith, che, oltre a rendersi colpevole di quasi omonimia con l’ex Rocket ora ai Clippers, ha dimostrato di saper muovere il suo sederone da centro tanto da meritarsi di partire in quintetto stanotte vs Miami e, infine, per il secondo anno KJ McDaniels, arrivato da Philadelphia: il ragazzo non è timido, e non lo è neppure la mamma, che, lo scorso anno, era la tifosa più rumorosa nel derelitto Wells Fargo Center.
EASTERN CONFERENCE #5: TORONTO RAPTORS. A Toronto la guida sarà come sempre affidata a Lowry e DeRozan. Soprattutto a Captain Kyle, uno di quei giocatori che ha sempre tutto sotto controllo, dal gioco all’orologio ai compagni in panchina alle chat con gli arbitri. I Raptors hanno smantellato la panchina, lasciando partire Vasquez, Lou Williams e Amir Johnson. Hanno acquisito dagli Hawks il principe dei 3-and-D, DeMarre Carroll, nell’intento di trovare un uomo che possa aiutare i dinosauri al momento di affrontare LBJ, Paul George e simili giocatori. Si sono dotati, rispetto all’anno passato, di più potenza sottocanestro e meno talento nel back-court: questo dicono gli arrivi di Biyombo, Bennett e Scola, mentre l’addizione del solo Cory Joseph non compensa la dipartita del Latino e di Sweet Lou. Coach Casey si attende, ma chissà se arriverà mai, il definitivo ingresso nel mondo dei giocatori veri da parte di Terrence Ross, e progressi sono richiesti anche ai due brasiliani, l’ala Caboclo e il centro Nogueira, che messi insieme hanno due anni meno di me. Ovviamente il Lituano, Jonas Valanciunas, è il totem della squadra, anche se l’anno scorso, pur giocando discretamente, ha fatto un piccolo passo indietro nel rendimento. Payroll basso, intorno ai 63 milioni, e tutti i giocatori fondamentali (Lowry, DeRozan, Carroll, Valanciunas) sono a posto per almeno 2 anni, confermando che il nativo nigeriano Michael Ujiri è uno dei migliori GM della NBA.