Nove gare nella notte NBA, la data di ieri segnava anche le 6 settimane precise alla fine della Regular Season.
Ogni gara conta: il tempo per recuperare è sempre meno, e solo i Detroit Pistons hanno ancora più di 20 gare da sfruttare (21). Sono proprio i Pistons una delle formazioni più in forma della NBA: 8-2 nelle ultime 10, stanotte han battuto i Cavs con 26 dal pino di Luke Kennard (6/7 da 3) e stanno sfruttando i passi falsi recenti dei Nets per insidiare la sesta posizione dell’Est. BKN infatti ha beccato il terzo KO di fila vs Miami, che sta cercando di uscire dalla crisi grazie anche alla ripresa di Olynyk (stanotte 25-6-4 con 2 stoppate e 1 rec, 9/13 dal campo): dopo una stagione nulla più che decente, nelle ultime 7 il Canadese ha 15.7 di media col 43.2% da 3. Pistons collegati a BKN, collegati a loro volta a Miami e altro link troviamo nella gara di Indianapolis, dove la visita corsara dei Magic (Vucevic 27 e l’ex Raptor Ross 23 con 5/6 da 2 a far dimenticare il 3/11 da 3) consente all’altra squadra della Florida di continuare ad occupare l’ultimo posto utile per i PO; Indiana oltre ad Oladipo era anche senza Sabonis: troppo per poter resistere nonostante i 25 di Bogdanovic Croato e i 23 con 10 ass di Collison. La lotta per accedere alla post-season ad Est vede 3 posti per 5 squadre separate da 2 gare e mezzo: royal rumble in arrivo. Chi si sta separando dai PO e un po’ anche dalla realtà sono i Lakers, sconfitti senza decenza a Phoenix (Ayton 26-10-3 con 2 rec e 1 stoppata): sono decimi con 4 gare e mezzo di ritardo da Clippers e Spurs e solo 19 partite da disputare, li attende un viaggio ad Est e sono gli unici tra le prime 10 formazioni del West ad avere più di 10 sconfitte vs la Eastern Conference. La crisi del post-NON Monociglio pare irreversibile, e tante delle colpe imputate a Luke Walton dovrebbero essere dirottate su Magic Johnson e LeBron: il Prescelto gioca solo per far vedere quanto scarsi siano i propri compagni, come sempre fa quando le cose non vanno come dice lui, alla lettera. Bambinesco. L’altro protagonista, Davis, non è molto diverso. Plurinfortunato storicamente, era infortunato a metà Gennaio quando la saga della trade cominciò a dilagare, non era infortunato nelle 3 o 4 gare del periodo in cui la trade pareva fatta, è ritornato infortunato appena sfumata, ed ora è sottoposto al seguente regime: non più di 20 minuti di campo, mai back-to-back games, e mai ripeto MAI in campo nei quarti periodi. Questo giocatore varrebbe, secondo Magic, 7 Lakers fra cui Ingram-Kuzma-Lonzo. Nelle gare senza Davis dal 17 di Gennaio i Pelicans sono 6-6: i compagni del Monociglio non vanno poi malissimo da soli e lo han confermato stanotte battendo a Denver la seconda potenza dell’Ovest. I Nuggets sono nel classico periodo di richiamo della forma fisica: 2 L in fila e 5-5 nelle ultime 10, situazione aggravata dall’infortunio a Trey Lyles, che non è una stella ma un giocatore molto funzionale e utile. Senza lui quintetto forzato e bassissimo con Barton in sf, e non un caso che stanotte le guardie di Denver abbiano sulle spalle molto della sconfitta: 22/64 dal campo contro 24/49 dei colleghi di Nola, tra cui spicca JRue Holiday con 29-3-5 e 3 rec. Pellicano migliore Julius Randle (28-10-4), boccaccia ma giocatore di alto lignaggio, epurato dai Lakers come Jordan Clarkson nella pazzesca diaspora di talento generatasi nella L.A. gialloviola dopo l’arrivo in ufficio di Magic. Da segnalare per Nola anche il Payton rondeggiante (8-7-10) e i progressi di Diallo (12+10). Oltre ai problemi citati, i Nuggets stanno anche inserendo nelle rotazioni (ma si tratta di reinserimento nella vita di un uomo che ha passato l’incredibile in negativo dopo aver toccato il Paradiso) Isaiah Thomas, l’indimenticato IT4 ora con lo 0 sulla jersey. Dallas, Doncic solo normale, ha perso vs i nuovi Memphis Grizzlies: il roster di MEM è divertentissimo, con combinazioni improbabili, giocatori resuscitati da nemmeno ci si ricorda più dove, sesti e settimi uomini che si ritrovano in quintetto. Per esempio: entra nei 5 Bruno Caboclo, il “Kevin Durant brasiliano”, perso nei recessi della G-League e del trade-filling e capace stanotte di 9-11-6, oppure Chandler Parsons è riuscito a giocare le ultime 5 gare, ben 91 minuti, senza infortunarsi: mai accaduto in carriera. A proposito di Durant. La gara di cartello vedeva Golden State a Phila, per un esame severo ma non del tutto accreditabile poichè a GS mancava Klay (e Looney) e ai Sixers mancava Embiid (e Marjianovic). Primo tempo Sixers, solito terzo quarto degli Warriors che in pochi minuti recuperano il -11 di the half, e W in volata con tante scelte sbagliate dalla panchina di Philadelphia:fare fallo sotto di 3 con ancora 36 secs sul cronometro, poi sbagliare con ancora tanto tempo un libero apposta (vanamente perchè Simmons non ha toccato il ferro lasciando la palla agli avversari). Golden State è riuscita in quel che chi ha vinto tanto sa fare: avere la meglio giocando malino; oltre al solito dai soliti, eccellente Damion Lee (marito della sorella di Steph): 12 dal pino con 4/5 da 3 e 2 rec. La miglior squadra dell’Est e, numericamente, della NBA, era in visita a Utah: vincere nel forte di Salt Lake City non è mai semplice, e i Bucks hanno affrontato la sfida senza playmakers. Assenze note: Hill e Brogdon; assenza di mezzora prima della palla a due: il titolare Bledsoe. Il quintetto di MIL è così stato il più alto della Storia probabilmente: 10 metri e 45 cm in totale, tenendomi scarso. La gara è vissuta di parzialoni: un 46-19 centrale di Utah contornato da due 20-5 per i Bucks, che riuscivano ad andare a +17 con 8 da giocare. Arrivava a quel punto un riposo per lo Pterodattilo: errore, Utah rientrava, si portava avanti, difenderva il vantaggio anche al ritorno in campo di Antetokounmpo, che non faceva poi tutto giusto, sbagliando 4 degli ultimi 7 liberi. 11/19 dalla carità per il Greco a rovinare parzialmente il partitone: 43-14-8 con 2 rec e 1 stoppata. Partitone replicato e migliorato da Donovan Mitchell, brillante nelle due ultime W di prestigio dei Jazz su Warriors e Cerbiatti: per il Kid 46 con 15/32 dal campo, ma nulla sarebbe andato dalla parte di Utah se non fosse stato per un immenso Derrick Favors (23+18, 4 dei 5 reboff pasteggiando su Lopez, o Middleton dopo il cambio, vanificando la difesa del finale dei Bucks che mirava a raddoppiare assai presto, fin da centrocampo, Mitchell: ne parleremo). Grande W per i Jazz ma MIL non piange, dato che ha dovuto giocare senza centrocampo. Rimane l’importante W degli Spurs su OKC: i Thunder hanno toccato il loro apice degli ultimi 3 anni prima dello ASG, poi sono piombati in 4 sconfitte in fila, preoccupanti soprattutto perchè non sono la squadra con le teste più salde della NBA anche se le ultime due L sono arrivate senza Paul George, infortunato alla spalla. San Antonio ha esordito con il la Doppia Torre (Aldridge+Poeltl), ha avuto la migliore dell’anno da Gay (22+8 con 2/3 da 3) e nell’era delle triple è squadra in cui ben 3 membri del quintetto non hanno nemmeno provato un tiro da 3 pti (oltre alle Torri nemmeno DMDR).