Prima di commentare le partite NBA della notte, voglio ricordare la scomparsa del grande allenatore dei Tar-Heels di University of North Carolina, Dean Smith. I meriti cestistici sono negli Albi e nelle parole che sono rimbalzate sul web e ovunque non appena appresa la notizia. Io mi limiterò a ricordare che, oltre ad aver allenato il più grande di sempre, Coach Smith ha alleanto anche un altro giocatore che ha cambiato il gioco, creando il prototipo della stretch forward tanto in voga oggi: Sam Perkins. Il suo libro in Italia pubblicato come “Il basket di Dean Smith” è da leggere come lo può essere “Viaggio al termine della Notte”. E pensiamo tutti che non è morto “solo” un allenatore di basket, ma un uomo che, nel sud segregato degli USA, portava i suoi amici di colore a mangiare nei posti riservati ai bianchi, e che reclutò per primo un giocatore di colore nella Atlantic Coast conference della NCAA.
CHESAPEAKE ENERGY ARENA, OKC: LA CLIPPERS 108 – OKC THUNDER 131
La sfida è durata un quarto, il primo. Poi i Clippers son rimasti prigionieri della propria prevedibilità offensiva, notevolmente peggiorata dall’assenza per infortunio di Blake Griffin (gomito), e di una nottata in cui non sono riusciti a infilarne due giuste consecutive quando, nel secondo quarto, hanno avuto parecchie occasioni di portarsi a -8 e anche a -6. Riemersi dallo spogliatoio sono stati travolti, e hanno giocato presto la carta del “dargliela su”, facendo toccare al loro svantaggio anche quota 30. Nei minuti in cui la partita è stata viva, due giocatori hanno dominato: il primo come al solito, il secondo con enorme sorpresa. KD (29-5-6) ha iniziato sprintando e dando fiducia a tutta la squadra, mentre quasi dal nulla, alla sua terza partita NBA, è spuntato il rookie da Michigan Mitch McGary, ala/centro di mano educata e buon tagliafuori, che alla prima apparizione in campo ha scritto 5/5, a nel prosieguo 3/4, per un totale di 19 con aggiunta di 10 rimbalzi. Avendo fatto parecchio purgatorio finora tra infortuni e D-League, è inutile negare che il prodotto dei Wolverines abbia avuto questa chance in ragione, anche, della sospensione di Kendrick Perkins per la testata mollata a Tyreke Evans. Ottima prova anche per Reggie Jackson (15-3-6) e Westbrook (19-11-5), mentre per i Clippers troviamo poco da salvare, solo CP3 (18-6-13) e la buona volontà di Hawes, 17 pti ma solo un rimbalzo.
QUICKEN LOANS ARENA, CLEVELAND: LA LAKERS 105 – CLEVELAND CAVS 120
Il Cavs-Lakers svoltosi poco più di un mese fa allo Staples Center era durato un’infinità, trasmeso da TNT e pieno di timeouts lunghi tre minuti e di siparietti tra Kobe e LeBron (22-10-8). L’assenza di Kobe ha riportato il match ad una durata umana, poco superiore alle due ore. La notizia è che i Cavs stanno assomigliando ad una squadra di David Blatt: vero, i Lakers non sono un gran banco di prova, ma io confermo la mia opinione che, se riescono a rimontare fino a terzi o quarti di Conference, per la volata verso le Finals loro diventano i favoriti ad Est. Altre due cose molto importanti da segnalare. La prima è che Mozgov (8+10 e 4 stoppate) sta velocizzando il suo gioco: in particolare, quando gioca a due con Irving (28-4-10) non è il flaccido plantigrado dei primi tempi in Ohio, ma un lungo molto efficace sul pick ‘n’roll. La seconda è che JR Smith ha fatto due extra pass nella stessa partita e ha limitato il suo numero di tiri a 4, condendo la prova con tanta difesa: se conoscete un po’ l’indole della guardia ex-Knicks saprete che se ha la palla dietro i 3 punti lui tira, stop. Invece, forse, ha capito, come molti altri suoi compagni, che questa stagione potrebbe diventare davvero grande per tutti loro. Prova ottima anche di Love (32+10). I Lakers, che dire: ci provano sempre e fanno mostra di grande orgoglio e buona organizzazione, ma sono oggettivamente troppo inferiori per talento a troppe squadre, quest’anno. Jordan Clarkson (20-6-4) e Ed Davis (16+9) i migliori, come spesso nelle ultime settimane.
FEDEX FORUM, MEMPHIS: ATLANTA HAWKS 88 – MEMPHIS GRIZZLIES 94
Questa potrebbe tranquillamente essere la Finale NBA quest’anno, e come tale è stata giocata. I Grizzlies di Joerger hanno saputo sprintare nel quarto finale soprattutto grazie a Mike Conley (21-3-6, con 3 recuperi), forse il talento più sottovalutato della NBA, che prima ha accarezzato solo la retina con due triple che han portato i suoi da -1 a +5, poi ha messo con una bella zingarata in area il lay-up che ha chiuso la disfida. Nessuno ha demeritato, ma Memphis è stata superiore. Oltre ad aver vinto il duello Conley vs Teague 22-1-6), ha messo in evidenza un Randolph ancora in doppia-doppia nonostante la non buona vena realizzativa (11+15) ed un Gasol (16+10) capace di fare sportellate e lavoro sporco vincendo il duello con Horford (6+12). Ad Atlanta sono mancati appunto Horford e Millsap (4+6, 2/10), quasi annullato dalla difesa portata da Randolph ma anche da Jeff Green. Ho parlato molto di duelli individuali, ed in effetti questo ribadisce come sia stata una gara in pieno stile playoff; proprio questo potrebbe essere il difetto principale della perfetta macchina-Hawks: non essendo nessuno dei giocatori stelle di primissima grandezza, nella postseason potrebbero soffrire il confronto con personalità molto più debordanti delle loro..un esempio? Fate un giro in Ohio.
TIME WARNER CABLE ARENA, CHARLOTTE: INDIANA PACERS 103 – CHARLOTE HORNETS 102
Non credo sia dietrologia affermare che con Kemba Walker gli Hornets non avrebbero mai perso questa gara. Prima dell’inizio, il Tar-Heel Michael Jordan ha reso onore alla figura di Dean Smith, allenatore di North Carolina appena deceduto. Il punto a punto è durato fino alla fine. Charlotte si porta a +1 con una tripla di Marvin Williams a 14 sec dalla sirena. George Hill con una penetrazione sul fondo-finta di uscire dall’altro lato-ritorno sui propri passi beffa il lungo Zeller per il 103 dei Pacers, e in 5 secondi gli Hornets non riescono ad organizzare altro che un tiro da 12 metri, nemmeno troppo lontano dal bersaglio ma lo stesso inutile. Gran gara di BigAl (30+13), mentre per Indiana, oltre all’autore del canestro decisivo, brillano CJ Watson (22pti) e Luis Scola (15+14).
THE PALACE, AUBURN HILLS: MINNESOTA T’WOLVES 112 – DETROIT PISTONS 101
Come per Charlotte pesa l’assenza di Walker, a Detroit soffrono quella di Jennings, anche se bisogna dire che stanotte son sempre stati sotto, sepolti da troppe palle perse e da un mare di schiacciate dei giovani talenti dei T’Wolves. Sei in doppia cifra per Minnesota: noi scegliamo Pekovic che per una volta si è dedicato più a segnare che a prendere rimbalzi (29+3), portando un po’ a scuola di tecnica offensiva slava Bimbone Drummond, e Kevin Martin (24+9), che da quando è tronato sta davvero dando tutto. Per Detroit pochi squilli e nonostante tutto il migliore è stato proprio Bimbone (17+14).
AMWAY ARENA, ORLANDO: CHICAGO BULLS 98 – ORLANDO MAGIC 97
Piccolo trattato, questa gara: potremmo chiamarlo “Dell’importanza di avere in squadra Gasol e non Vucevic”. Non solo il Catalano ha scritto 25+15, non solo ha segnato il tap-in della vittoria, ma ha offerto a tutti la esatta dimensione della differenza che passa tra mettere insieme statistiche in modo vano e metterle insieme in modo produttivo. Il rimprovero che spesso abbiamo rivolto a Vucevic (14+7), di avere numeri brillanti ma poca resa effettiva sulle tavole, è stato evidenziato una volta ancora, per di più in un match in cui il centro di Orlando è stato ampiamente limitato anche dal punto di vista numerico…oltre ad aver sbagliato la palla della vittoria per i suoi. In assenza di Hinrich nei Bulls viene promosso in quintetto Tony Snell, uno che ha sempre risposto presente quando chiamato ad un numero decente di minuti. Per Orlando brillano Oladipo (18-4-6) e Payton (10-9-3, 5/6), il quale si produce in una gara da veterano, sempre in controllo. Per Chicago brutta notte di tiro ancora una volta per D-Rose (10-1-11, 4/14), fortunato a trovare Gasol per correggere vittoriosamente un suo ultimo tiro sbilenco. Costante nell’eccellenza Jimmy Butler (27-2-5, con 6 rubate).
TOYOTA CENTER, HOUSTON: PORTLAND TRAILBLAZERS 109 – HOUSTON ROCKETS 98
Stop interno per Houston contro la bestia nera Portland, sull’onda dei playoffs del 2014. Quelle che, almeno per ora, possiamo chiamare “amichevoli ruggini” tra le due squadre sono risaltate fin dal riscaldamento, durante il quale si è assistito alla divertente faida tra la mascotte dei Rockets e Robin Lopez, il capelluto centro dei Blazers; la disfida si è conclusa con la mascotte che, trovata chissà dove una bambolina del capelluto (come Lopez) Telespalla Bob dei Simpsons, saltava a piedi uniti sopra la bambolina. La partita è stata uno show troppo solitario di Harden (45-9-8), che non ha potuto contrastare fino in fondo la bella prova di squadra dei Blazers. Portland ne ha mandati 6 in doppia cifra e oltre ai soliti LMA (24+5) e D-Lill (23-5-5), ha messo panieri importanti anche Batum, che era reduce da uno 0-9 nell’ultima uscita. Houston pare in debito d’ossigeno in molti uomini, particolarmente affaticato Ariza, ed in generale i Rockets hanno bisogno del ritorno di Howard.
AIR CANADA CENTER, TORONTO: SA SPURS 82 – TORONTO RAPTORS 87
Marco Belinelli (12-2-3), che ha militato nei Raptors, ha provato con la partita dell’ex a dare a coach Pop la W numero 1000 in carriera, ma non ci è riuscito. Gara molto tirata, con lunghi periodi di siccità intervallati da qualche rush denso di canestri. San antonio ha perso anche per un pallone buttato da Duncan su una rimessa impossibile da raggiungere per Ginobili, a poco dalla fine. Per la prima volta da quando è tornato, DeRozan è stato il migliore dei suoi, tirando male dal campo ma lucrando moti tiri liberi. Da non sottovalutare, dato il punteggio basso della sfida, i 16 rimbalzi con 8 pti di Valanciunas ed i 20 pti con 8/10 di James Johnson. Oltre al Beli, 12+12 di Duncan per gli Spurs.
SLEEPTRAIN ARENA, SACRAMENTO: PHOENIX SUNS 83 – SACRAMENTO KINGS 85
Questa W di Sacramento può tranquillamente venire rubricata alla voce “dispetti”. Brutto scherzo in effetti quello che i Kings (2-8 nelle ultime 10) giocano ai Suns, a loro volta poco in forma (4-6)e privi di Bledsoe per “personal reasons”. Come tante altre volte in stagione Phoenix ha giocato in rimonta, sulle ali di Isaiah Thomas (26-3-5), uno che conosce bene i ferri della SleepTrain Arena essendo stato un King fino al 2014. Thomas in effetti aveva pareggiato ad 81, e gemello Markieff aveva portato avanti i Suns ad 83, ma due movimanti offensivi mostruosi di DMC (28-12-2) hanno prima pareggiato e poi dato la W a Sacramento (e sul game-winner Cousins aveva subito anche un enorme fallo ignorato dai grigi).