Nel classico TNT-Thursday due partite, una a South Beach e l’altra ad Oakland.
La grande notte dei Chicago Bulls si dispiega alla American Airlines Arena, dove, battendo gli Heat, vendicano la imprevedibile sconfitta nella gara in Florida della notte precedente ad Orlando e ritrovano Rose in doppia cifra (12, dopo i 9 della sconfitta contro i Magic). Coach Thibodeau ritrova anche una bella difesa: pur contro una squadra non geniale in attacco (gli Heat sono terzultimi per punti segnati, solo Knicks e Sixers segnano meno..) la morsa dei Bulls ha costretto gli avversari a stare 16 punti sotto la media abituale, e in particolare a soli 26 totali nel secondo tempo. Pau Gasol non deflette dal suo eccezionale rendimento (16+15), Derrick Rose ha confermato il suo 33% al tiro (5/15 dopo il 3/9 di ieri), ma prima di ri-farsi male non tirava molto meglio. I Bulls in teoria devono difendere il terzo posto ad Est dai Raptors, ma, ammesso che facciano calcoli, il terzo posto significa incontrare, dopo il primo turno, i Cavs; il quarto posto guida verso gli Hawks: le gerarchie della regular season sono note, ma quelle assolute quali sono? Preferireste dover battagliare con Cavs o Hawks per arrivare alla Finale di Conference? Io ho la mia risposta, ma negli USA sono molto meno maliziosi di noi Italiani. Forse. Sul finale di stagione e inizio Playoffs dei Bulls pende anche la gravità dell’infortunio al polpaccio di Jimmy Butler: per ora il suo rientro è dato day-to-day, ma anche Butler si è già fatto male quest’anno e potrebbe esser fatto riposare almeno fino al 19 di aprile. Miami conduceva di 19 all’intervallo, grazie soprattuto ad un secondo quarto strepitoso di Beasley, uno che con un cervello diverso avrebbe potuto lasciare un segno duraturo nella NBA: tutti i suoi 13 punti sono arrivati nel secondo periodo, da un 5/6 al tiro comprensivo di 3/4 da 3. Nel secondo tempo blackout totale degli Heat: solo 8 pti nel terzo quarto e, dopo 8 minuti dal rientro in campo, tutti i 19 di vantaggio erano spariti (57-57). La possibilità per gli Heat di accedere ai Playoffs non è però eccessivamente compromessa da questa sconfitta, perchè, tra le cinque contendenti agli ultimi due posti della Eastern Conference, hanno il calendario migliore: solo 3 partite contro le 4 delle altre, ma due sono Orlando e Philadelphia.
Alla Oracle Arena invece lo scandire quasi periodico dei punteggi dei primi tre quarti (30-27, 27-27, 27-30) faceva intuire che la W sarebbe andata alla prima squadra capace di imporre un giro di vite difensivo. Lo hanno compiuto gli Warriors, che nel quarto periodo hanno tenuto i Blazers a 21. Il -11 finale di Portland è però eccessivo ed ingeneroso: anche nel quarto finale i ragazzi dell’Oregon erano stati avanti di 1-2 punti; hanno mollato solo da 5 minuti alla fine in poi, complici le fiammate degli Splash Brothers (71 pti in due, 45+10 ass. per Steph), le difese di Green (11+14) e Iguodala, ma anche 4 palle perse quasi consecutive (McCollum, 2 Crabbe, Lillard: 4 delle 9 perse totali di Portland sono giunte negli ultimi 5 minuti). L’alto minutaggio di McCollum e Crabbe (45 minuti totali per loro, con CJ a 17 pti) deriva da un altro infortunio nello spot di sg per i Blazers: non si conosce ancora la gravità del problema, di certo muscolare, all’avambraccio di Afflalo, ma dopo quello assai grave di Matthews arriva un altro inghippo nello stesso ruolo per Portland. Aldridge 27 (ma solo 6 rimbalzi), D-Lill 20-6-8, ma 9/22 al tiro (il che dice come sia troppa la quantità di attacco che sta sulle sue spalle date le assenze in guardia) e purtroppo solito Batum di questa stagione: fornisce assists e rimbalzi in misura enorme per il ruolo, ma non la mette mai: 7-10-8 con 3/9 al tiro (il che significa che rinuncia a parecchi tiri perchè va perdendo fiducia).