Grande notte NBA con 2 gare bellissime e dense di temi. Spazio anche per una stella nascente e per Ettore “Gratis” Messina.

BANKERS LIFE FIELDHOUSE, INDIANAPOLIS. BOSTON CELTICS 109 – INDIANA PACERS 102
Monta Ellis era fuori, e lo sarà per altre due settimane, per un problema muscolare all’inguine, ma soprattutto era di nuovo fuori Rodney Stuckey (polpaccio, 15’ assenza della stagione): e ricordate che quando Stuckey è infortunato o gioca male, i Pacers hanno un record decisamente perdente. Per le alchimie che si creano in un locker, RS è una sorta di guida spirituale dei Pacers, e il suo rendimento incide tanto sui risultati della squadra. Altra cosa che incide negativamente, ma non ci sono prove oltre ai numeri, è la maglia celebrativa di Hickory: indossandola Indiana non va oltre al 50% di record da quando è stata istituita la Hickory Night. Stanotte era anche per celebrare Damon Bayley, 1990 Indiana Mr. Basketball (che in Indiana significa “Signore dell’Universo”), stella alla High School e degli Hoosiers al college, poi scelto dai Pacers nel 1994, ma mai giocata una vera gara NBA. Ne parleremo in una delle prossime rubriche. Enumerati i presagi negativi, puntualmente avveratisi, andiamo ad esaminare cosa, all’inizio, aveva funzionato per portare i Pacers +9 a fine primo quarto, dopo che i Celtics erano partiti bene (9-2). Coach McMillian aveva indovinato la mossa per rendere PG13 momentaneamente incontrastato. Imponeva ai suoi che la prima azione di ogni possesso offensivo fosse sempre un blocco tra Paul George e il giocatore marcato da Avery Bradley: complice anche la meritata fama di difensore di AB, i Celtics accettavano sempre il cambio, e Indiana si trovava con George (2.06 a stare bassi) marcato da Bradley (1.88 a esser generosi), invece che da Crowder prima o da Smart poi. PG13 tirava in testa al pur valido AB, oppure lo portava in post-basso, e la mossa funzionava talmente bene da causare un terzo fallo precoce e un fallo tecnico al giocatore biancoverde. Però Brad Stevens non è un ciucco, e al contrario Nate McMillian non è un coach particolarmente reattivo. Infatti, dopo il primo (assai precoce e ingiustificato: infatti il giocatore usciva accigliato) riposo comandato da McMillian a George, Stevens correva ai ripari, e la gara era finita lì. Nonostante il punteggio stretto a separare le squadre. Che è successo? E’ successo che al momento del riposino George lasciava i suoi sopra di 9 e veniva rimesso in campo quando erano finiti sotto di 8, complice un parziale di 17-0 per aprire il secondo quarto che annichiliva i Pacers tenendoli, tra l’altro a solo 7 tiri tentati in 5.30 di gioco. A 6:30 da the half, infatti, George, ritornato in campo e furioso, scriveva i primi 2 per i Pacers. Ma ormai la gara era andata. E’ successo che al momento della panchina George aveva 13 pti e 7/7 ai liberi in 11’ minuti, e alla fine della gara avrà 19 e 9/10 ai liberi su 41’ totali: la gestione dei tempi di gioco della sua Stella da parte di coach McMillian è davvero incomprensibile e rischia seriamente di allontanare il giocatore da Indianapolis. Stanotte la differenza è stata scavata dalla panchina di Boston (Smart-Rozier-Brown-Olynyk) innervata dal titolare Jae Crowder(15 con 3/5 da 3): se il pino dei Celtics comincia a rendere davvero, salgono le quotazioni dei Celtics come contenders di Cleveland. Già, perché poi, per mantenere il vantaggio, sono entrati con pieno rendimento IT4 (28-1-9, 20 pti nel secondo tempo) e un rasserenato Bradley (15+6 con 3 rec, anche per lui quasi tutto nel secondo tempo). Non indifferente il rendimento di Thad Young (15-12-4), Teague (31-5-8, ma quasi tutto nel primo tempo) e CJ Miles (19+2, valido candidato per “6th man of the year”) per Indiana, purtroppo inutili.

STAPLES CENTER, LOS ANGELES. SAN ANTONIO SPURS 101 – LA CLIPPERS 106
Noi non vorremmo insistere, ma siamo costretti: i segnali pro ClipperTown si moltiplicano con fattore riproduttivo pari a quello del criceto dorato. Stanotte hanno vinto contro gli Spurs, obbligandoli alla loro seconda sconfitta in trasferta. Lo hanno fatto nonostante un sacco di cose. Innanzitutto nonostante la sorte, dopo averli privati di Blake, li abbia colpiti duramente, ancora. Poco dopo la metà del terzo quarto, mentre erano in vantaggio di una decina di punti e stavano reggendo bene il tentativo di rimonta di SA (al riposo era +12 Clippers), si è infortunato Chris Paul, per non più tornare in campo (tendini del ginocchio). In realtà il giocatore era già in dubbio per lo stesso problema prima della gara, poi, trattandosi di incontro di cartello, era stato accontentato e fatto giocare, ma, appena il dolore si è riproposto, è stato fatto uscire. Per ora è dato rientrante “day-to-day”: probabile che per un paio di gare i Clippers saran privi sia di Paul che di Griffin. Tornando alla gara: hanno vinto anche nonostante quel vecchio volpone di Pop, dalla panchina Spurs, abbia voluto testare se i progressi di DeAndre Jordan ai tiri liberi siano veri o no. Il centro dei Clippers ha risposto con 3/4 allo hack ordinato dal capo di Ettore Messina, coach senza stipendio (che tristezza di mossa..) della Nazionale Italiana di basket. Senza il loro leader in campo, i Clippers hanno giocato magistralmente, soprattutto con le seconde linee: infatti, da coach che sa annusare le serate dei suoi giocatori, Doc Rivers ha lasciato in campo i cambi che stavano rendendo alla grande e ha chiesto un sacrificio prestigioso a DAJ e JJ Redick, che nel quarto periodo non hanno quasi visto campo. Papa Doc è stato ricompensato in particolare da Felton (leadership e canestri al posto di CP3: 13-4-3), da Wes Johnson (8-9-2 e difesa perfetta su Kawhi: il suo 3/11 nelle triple non dice che quando contava è andato 3/4) e Mo Speights (14-7-5: a questo giocatore bisognerà riconoscere meriti prima o poi, continuate a seguirci lo faremo). Per finire i “nonostante”: i Clippers hanno vinto anche se non sono riusciti a sfuggire fino in fondo alla propria natura di Paperini. Infatti, dopo aver giocato magistralmente e dopo essere arrivati a +11 con meno di un minuto da giocare, hanno subìto 6 pti di seguito, 4 dei quali per via di una rimessa da fondo mandata due volte in fila in mano agli Spurs. Anzi specifichiamo: lo stesso giocatore dei Clippers mandava nello stesso modo la rimessa in mano allo stesso giocatore degli Spurs che segnava nello stesso modo….lo giuro: erano le 7 di mattina dopo la notte passata a guardare la NBA e non ero lucidissimo, ma ho dovuto riguardarla per convincermi non fosse un replay. E gli Spurs? Contro i Clippers faticano sempre, e dai PO 2015 ClipperTown è una delle loro nemesi, però hanno espresso ancora qualche segnale negativo. Hanno avuto solo 4 in doppia cifra, 2 dei quali a soli 10 (Aldridge e Green). A parte l’immenso Kawhi Leonard (27-9-5), infatti, è stato curioso il panchinamento di LMA durato quasi tutto il quarto periodo (forse per tenerlo fresco dato il programmato riposino di Gasol nel prossimo match), ed è evidente che Parker (2-2-3 con 1/8 in 28’) ormai paghi qualcosa non tanto agli anni quanto ai km percorsi (lui ha anche tanta Nazionale Francese sulle spalle). Però, come vi avevamo segnalato fin da questa estate, gli Spurs potrebbero aver beccato il prossimo epocale steal of the Draft, ripetendo con DeJountè Murray quanto fatto con Kawhi Leonard. Il ragazzino scelto al numero 29 con provenienza Washington U. sta iniziando a far vedere quel che potrebbe diventare non appena avrà 23/24 anni invece di 20 e qualche kg in più dei 77 oggi distribuiti sui suoi 196 cm di pg del futuro. Richiamato nel roster dopo avergli fatto assaggiare un po’ di D-League nei “gemelli” Austin SPurs, il ragazzo stanotte ha 4-2-1 con 1 recupero, potenzialmente importantissimo, negli ultimi 8 minuti di gara, lo spezzone che Pop ha voluto lasciargli.

Le altre della notte: Warriors sui Nets con il Trio a 64-16-16; i Lakers perdono a Miami che ha 23-13-3 con 4 rec dal nostro amato Prof. Winslow (più giovane cattedratico in circolazione); i Knicks non mollano l’osso e mantengono il loro quinto posto ad Est battendo Orlando grazie a un ottimo apporto dei lunghi del pino: 14+16 O’Quinn, 15+5 per Hernangomez from Spain.