Manca meno di un mese all’inizio della stagione NBA 2019/20.
Sei dei primi 15 giocatori NBA han cambiato casacca, anche se il migliore di essi, Kevin Durant, ha molto da aspettare prima di poter deliziare i tifosi dei Brooklyn Nets. Resta una stagione da seguire con estrema attenzione, perchè, dopo lo storico primo Anello canadese, potrebbe regalare un’altra prima volta: la W dei Clippers. Ma abbiamo tempo per esplorare le squadre forti: con oggi inizia il mio Power Ranking per gli appassionati NBA in esclusiva su Baskettiamo.com, e sarà in ordine crescente. Cominciamo dunque con gli ultimi delle due Conference.
PHOENIX SUNS. Vengono dalla nona stagione senza Playoffs, e sono decisamente indirizzati a farne dieci, stabilendo così un primato: solo altre 6 siccità del genere nella storia NBA. Il nuovo coach è Monty Williams, che torna ufficialmente e in prima persona a dirigere una panchina dopo la scomparsa, ormai 4 anni fa, della moglie in un incidente stradale. Hanno perso Josh Jackson e TJ Warren: peggiore la seconda della prima partenza, secondo me; hanno però aggiunto Ricky Rubio, che potrebbe aiutare non poco la franchigia dell’Arizona. Pensate infatti: il miglior giocatore è Devin Booker, che ha il potenziale per essere una delle prime 5 guardie della nazione, ma si sta impigrendo nell’atmosfera perennemente perdente dei Suns. Inoltre, guardando le sue stats, rivela un difetto che la presenza dello Spagnolo potrebbe guarire: Booker è, tra le guardie che partono in quintetto, quella che ha il maggior differenziale negativo tra le % da fuori sui tiri piazzati (56.5) rispetto ai tiri in sospensione (45.6), una differenza di -10,9%. Rubio potrebbe garantire al compagno più piazzati e meno sospensioni, fermo restando che il più grande nemico che i Soli devono combattere è l’apatia derivante da tutte le sconfitte patite negli ultimi anni. Non torna a loro favore il fatto di essere una squadra poco propensa alla lotta estrema: buon talento medio, età giovane, ma poca esperienza, molta leziosità e poche ginocchia sbucciate; solo Oubre Jr. è difensore di primo livello. E’ più probabile migliorino la produzione offensiva (partendo dai quasi 106 di media) di quella difensiva (114 beccati a gara), ma finiranno ultimi di Conference quasi sicuramente, anche se con meno gare di distanza dalla penultima (14 dai Mavs lo scorso anno).
Cleveland Cavs. Quasi certi dell’ultimo posto nella loro Conference, e nuovo coach (John Bielein): sono le uniche somiglianze tra Cavs e i pariruolo del West Phoenix Suns. Quanto i Suns sono giovani, tanto i Cavs sono farciti di veterani dai contratti pesanti (Love, Thompson); tanto i Suns sono perdenti da anni quanto in Ohio devono dimenticare i recentissimi successi del ritorno lebroniano. Il reparto guardie potrebbe anche avere dei picchi con Osman, Sexton, Garland e Clarkson, ma aver scelto in Garland un’altra pg proprio l’anno dopo aver chiamato Sexton rivela che la fiducia in quest’ultimo non è totale. Per esempio perché è un play che termina con un assist solo il 13% dei possessi che conduce. Coach Bielein arriva da 12 anni prestigiosi anche se non vincentissimi a Michigan U., in cui tuttavia è riuscito a sfornare molto materiale da NBA e questa è una delle caratteristiche che gli sono valse il posto di head ai Cavs. In un roster privo di tiratori (probabilmente il triplista migliore è proprio Kevin Love), sarà fondamentale la mano del nuovo allenatore nello svegliare il gioco dei Cavs, lo scorso anno uno dei meno efficaci: 29mo attacco della NBA a meno di 105 ppg, perdendo quasi 5 ppg rispetto al 2017/18. Altra domanda che incombe: quanti dei veterani concluderanno la stagione a CLE? Se Love è quasi blindato dal contrattone che pochi avran voglia di pagargli, Tristan Thompson è invece in scadenza, così come Henson, Dellavedova, Clarkson e, se qualcuno volesse provare, quel che resta di Brandon Knight. Esatto: che resta di Brandon Knight?