La NBA si avvia verso le sue settimane più quiete, tra le fine della SL e l’inizio di settembre.
La Summer League più prestigiosa, quella di Las Vegas, ha visto la vittoria dei San Antonio Spurs, la cui organizzazione ha stabilito anche un record i cui esiti, al momento, non sono precisabili, ma, riteniamo, non saranno poco rilevanti. Gli Spurs son stati la prima squadra di tutti i 5 (mettiamoci anche il soccer, dai…) principali sport professionistici USA ad avere in panchina un coach donna: Becky Hammon. Il fatto che abbiano vinto e che abbiano avuto anche l’award per il MVP del torneo, Kyle Anderson, rinforza il prestigio del club e aggiunge valore al lavoro di coach Becky, che ha vinto E ha messo in vetrina i talenti a sua disposizione. Proprio il secondo anno uscito da UCLA (ma mativo di NY, il che negli USA fa parecchia differenza quando viene presa in esame la “professoralità implicita” di un giocatore in base alla sua mera provenienza), però, rischia di essere messo in ombra, sul pino di San Antonio, dalla magistrale campagna di rafforzamento condotta dalla franchigia. Cominciando dagli uomini sottocanestro, infatti, 5 posti sono sicuramente presi da Timoteo, LMA, West, Banes e Diaw. Le guardie sono Monsieur Parker, Green, Mills, Manu, a cui aggiungere Kawhi Leonard. Siamo arrivati a 10 giocatori. Considerando che a San Antonio è arrivato anche il 2.23 serbo Marianovic, che sbarca nei pro all’età di anni 25, e dunque non per fare, almeno in teoria, il lampione cui appendere gli asciugamani in fondo alla panchina, per Kyle resta lo spot numero 12. Fin qui i lati negativi della situazione. Quelli positivi stanno nell’indole del ragazzo, che pare placido e intelligente esattamente come è in campo, con quel suo stile “moviolone” ma di notevole sapienza, soprattutto in uno che solo a settembre compirà 22 anni. Altra nota positiva è che l’organizzazione degli Spurs sa costruire i talenti senza soffocarli anche quando non regala loro molti minuti, e, in definitiva, se un giocatore viene apprezzato da Pop, Buford, Messina, Hammond and Co., è disposto a spendere un paio di stagioni di panchina pur di abbracciare il campo al momento giusto. Uno scenario-ambiente-giocatore opposto a quanto scritto su Spurs ed Anderson? Venite con me, si va a LA. Clippers. La Jordaneide ha fatto sbellicare dalle risate un po’ tutti, a parte Adam Silver e coloro che vorrebbero il mondo fosse un posto dignitoso ed ordinato. L’arrivo di Paul Pierce ha dato una luce positiva all’ambiente. I due eventi hanno fatto passare un po’ sotto silenzio l’arrivo nel locker dei Velieri di Lance Stephenson: elettrico, egotico, QI da rivedere, non propenso al compromesso. Un giocatore reduce dal seguente passaggio di carriera: lasciato andare da Indiana pur di liberare lo spogliatoio da un elemento di profondo disturbo, arrivato a Charlotte con un contratto tutto sommato modesto (27×3), autore di una stagione non solo disastrosa ma antipatica, supponente, tanto venire etichettato da MJ (che di Charlotte è il proprietario) come “errore” a Dicembre ancora in corso. In uno spogliatoio non semplice come quello occupato da CP3 e DAJ la presenza di Lance può essere l’elemento detonante definitivo. Il talento è notevole, ma è senza controllo, e all’interno dei Velieri i rapporti non sono sereni già dal termine della stagione 2013-14, quella dell’assurdo harakiri di Paul nella serie contro OKC. Ci sarà da divertirsi, anche perchè, intervistato sui motivi che, secondo lui, avevano condotto al fallimento della sua presenza agli Hornets, Lance ha risposto: beh, man, you know, in quella squadra io e Kemba (Walker, il play) eravamo come due identici me stesso, man, you know, insomma, sì, lui gioca come me, man, lui, you know, lui possiede quella palla, la possiede”…E CP3 no? Continuando a parlare di soggetti non propriamente in controllo, eccoci a Ty Lawson. Dopo il suo arresto per guida sotto l’effetto di agenti intossicanti il tempo della pg a Denver era terminato. Inizialmente i Lakers parevano in vantaggio per aggiudicarsi il giocatore, ma alla fine Ty ha preso la strada per Houston. In cambio i Rockets hanno lasciato a Denver una prima scelta protetta 2017, una seconda scelta 2017, e i diritti su Prigioni, Papanikolao, Dorsey e Nick Johnson. Abbastanza roba, per un uomo in un momento difficile della propria vita, ma, sul parquet, Lawson è stato quest’anno uno dei primi assist-men della NBA e, almeno fino a che Denver ha avuto un minimo di voglia di giocare, era stato il migliore dei suoi, l’ultimo ad arrendersi. Il contratto non prevede nulla di particolarmente conveniente per Lawson, che scadrà nel 2016-17 ed ha accettato (nella sua attuale situazione non poteva opporsi) di rendere non garantito il suo ultimo anno di salario: in questo modo, nei fatti, Houston accetta una scommessa di un anno sull’uomo prima ancora che sul giocatore, e, se le cose non dovessero funzionare, potrebbe rilasciare Ty alla fine della prossima annata. Come spiccioli di news, un saluto a Phil Pressey, che, rilasciato da Boston, è approdato ai Blazers; un saluto anche a Omer Asik: il centro dei Pelicans ha reso noto di aver intenzione di non giocare gli Europei con la Turchia per avere il tempo di risolvere i propri problemi alla schiena…una buona notizia per l’Italia.