Dodicesima puntata della nostra rassegna, in questa edizione con un podio da 5 gradini per premiare e punire migliori e peggiori della NBA
TOP
5. Un ritorno che non sarebbe sorprendente considerata l’entità dell’infortunio, per quanto parecchio doloroso, ma lo è per l’artefice: Emanuel David Ginobili. Per uno che spegnerà 39 candeline il prossimo Luglio sì che è sorprendente tornare così agevolmente, infilando 22 punti appena gli viene ripassato un pallone. Il contachilometri corre, ma Manu ha regalato emozioni davvero a tutto il mondo e siamo contenti che ancora non si sia fermato, non così.
4. 8 vittorie in 10 partite difficilmente passano inosservate, specialmente se è una squadra della North Carolina (non di un college) a portarle a casa. Per il diletto di Sua Altezza Aerea era già stato assegnato l’ASG a Charlotte l’anno prossimo, ma sembra che Michael potra divertirsi anche prima. Gli Charlotte Hornets svolazzano verso i playoff, a caccia magari anche di qualche certezza in più. Siamo lontani da grande ambizioni, ma vederli in una serie dell’equilibratissimo Est potrebbe essere interessante… Siamo però lontanissimi dall’essere lo zimbello della lega come qualche anno fa.
3. Se non fosse stato per qualche passaggio a vuoto staremmo parlando della prima forza ad Est, che in un capolavoro di partita ha recentemente battuto chi è avanti. Durante la stagione del ritiro del “killer di Toronto” i Raptors studiano da squadra vincente. Non sappiamo se riusciranno a spodestare Cleveland dalla prima posizione, ma dai tempi di Vince e T-Mac in Canada non si era mai visto niente del genere. Forse questi Raptors non hanno i remix e le schiacciate mirabolanti, ma probabilmente sanno essere più concreti, siamo tutti in attesa della post-season. Tutti sull’attenti per il subcomandante Lowry ed il suo fido cecchino DeRozan.
2. Ritorneremo in seguito su argomenti affini, come è accaduto spesso, verrebbe da dire troppo spesso, durante questa stagione. Al secondo posto semplicemente per privilegiare un record di squadra piuttosto che uno individuale, ma quanto ad eventi straordinari, non sapremmo scegliere quale lo sia di più. Come chiunque lo affronti, cominciamo anche noi a fare una gran fatica a stargli dietro. Nelle ultime due settimane l’ultimo e con ogni probabilità prossimo MVP avrebbe dato qualche altra spinta al Gioco nella direzione che vuole lui: un’altra gara da 51 che ormai non fa quasi più notizia, un canestro allo scadere (da 10 metri) che nessuno riuscirà a dimenticare per chissà quanto tempo.
1. Passiamo ora al record di squadra, è abbastanza evidente quale sia la squadra, sulla baia non si perde da 45 partite consecutive. I Golden State Warriors battono il record dei Bulls in attesa di poter battere l’altro, quello ancora più incredibile. Abbiamo speso infinite parole per cercare di raccontare quanto siano belli da vedere e quanto siano rivoluzionari. Le sfide davvero importanti arriveranno alla fine della regular season, ma intanto come stimolo gli diamo quello di terminarla con un record migliore dei migliori di sempre. Per quello che mi riguarda oltre a quanto già detto e ridetto è impressionante la fiducia che hanno, la convinzione di non poter perdere e di non poter sbagliare, sarebbero anche caduti a Los Angeles qualche giorno fa tirando malissimo, ma subito dopo abbiamo dovuto vedere Bogut smanacciare un pallone sull’arco e tornare in difesa prima ancora che il tiro partisse. Se non è fiducia questa…
FLOP
1. Lo etichettiamo come il meno peggio dato che dovrebbe stare un po’ più su in questa rassegna, ma non è lui a trovarsi tra i Flop dell’ultimo periodo. Damian Lillard che nelle ultime 10 viaggia a 31 abbondanti di media e che ha trascinato i, mai come ora, suoi Blazers al sesto posto dell’Ovest, non è stato chiamato all’All Star Game, non era tra i 30 che andranno a Rio, probabilmente non potrà vincere l’MVP perchè altri giocano in squadre migliori. Tra i peggiori di queste ultime settimane ci sono tutti coloro che sono stati artefici di quanto detto finora, e coloro, me compreso, che davano lui ed i Blazers per sicuri sconfitti contro ogni avversario.
2. Avrebbero potuto approfittare di varie situazioni, avrebbero dovuto essere molto più in alto a questo punto della stagione, ma nessuna delle due cose è avvenuta. Se prima abbiamo parlato di errori di valutazione, arrivati ad una ventina di gare dalla fine della stagione probabilmente ne avevamo commesso un altro. Gli Washington Wizards sono sempre più lontani dai playoff, sicuramente hanno la possibilità di rientrare ma viste le loro prestazioni, e specialmente quelle di chi è più avanti, probabilmente non lo meriterebbero. Qualcosa senza dubbio deve essersi rotto, mentre qualcosa (ad esempio il reparto lunghi) non ha mai funzionato, ci dispiace e tanto per John Wall, troppo spesso simile ad una particella di sodio di un noto spot dell’acqua.
3. Terza posizione che rispecchia quella che occupano attualmente in classifica, non ci stiamo riferendo ad una squadra intera ma ad una porzione, seppur piuttosto nutrita. Nessuno vuole dire che l’unica differenza sia questa, ma quanto spesso vediamo sfaceli di punti e non solo dalle panchine di Golden State e soprattutto San Antonio? La panchina dei Thunder invece è sempre troppo poco produttiva e spesso addirittura dannosa. Singler, Morrow, McGary, Roberson, solo per citarne alcuni, hanno indubbiamente tradito ogni aspettativa, nessuno tuttavia si aspettava che fossero riserve di lusso. Più che di lusso invece il contratto di Enes Kanter, capace a tratti di dare quell’energia necessaria dal pino, ma appunto a tratti, inaccettabile se si pensa al suo periodo ai Jazz e al motivo di quel contrattone.
4. In parecchi ci stavamo credendo, ed anche se ancora non ne abbiamo la certezza non vedere Rajon Rondo e DMC in post-season sarà un peccato. Nelle ultime 7 gare i Sacramento Kings hanno raccolto solo una W contro Dallas, perdendo tutti gli incroci contro avversarie dell’Ovest. Questo racconta parecchio del dislivello tra i Kings, anche se bellissimi da vedere, e chi sembra gli sia giustamente davanti.
5. “It’s all about Kobe”; se come il mio collega aveva già rimproverato, fosse stato “all about playing basketball” dall’inizio, visti gli ultimi risultati forse avremmo visto i Lakers un po’ più su, probabilmente sempre lontano dai playoff, ma magari meno arrendevoli. Il peggio del peggio è per le scelte, e per l’ostinatezza di coach Byron Scott nel mantenere delle gerarchie inesistenti. Coach Scott ha lasciato troppo spesso i giovani Russel e Clarkson partire dalla panchina, convinto che i giovani debbano necessariamente aspettare. Il concetto sarebbe anche giusto, quando davanti ai giovani ci sono dei veterani che diano garanzie, e a parte il rispetto per Kobe, di garanzie ne abbiamo viste poche. Nonostante siano serviti gli infortuni simultanei di Bryant e Lou Williams per far vedere cosa possono dare gli ultimi arrivati, da tenere legati per partito preso, speriamo che questo possa cambiare in futuro ed insegnare qualcosa ad uno che a sua detta pensa di aver imparato già tutto.