Non solo per celebrare l’inizio della nostra rassegna sugli Europeans della NBA, ma proprio perchè questa settimana se lo sono meritati.
La classifica del Meglio (soprattutto) e del Peggio della settimana NBA sarà a forti tinte europee. Dovrei dire tinte slave. Che si concentrano in quella specie di rombo bislacco e martotriato di poco meno di 165000 kmq da cui continuamente nascono alcuni dei più grandi cestisti del mondo e della storia: Croazia, Bosnia-Erzegovina, Serbia.
TOP
3- Bojan Bogdanovic, Croazia, Brooklyn Nets. La smobilitazione dei Nets ha aperto le porte del quintetto al Croato, e lui a volte ne approfitta, a volte no. Stanotte però, proprio all’ultimo momento per apparire nella nostra classifica, ha sfornato un bel 44 punti 8 rimbalzi 2 assists. E’ stato la prima opzione offensiva dei Nets, con 27 tiri vs i 17 di Gemello Brook, e ne ha infilati quasi il 65%. La franchigia è in via di ricostruzione, e non è guidata esattamente da dei Leonardo del management, quindi non sappiamo se il buon BB sarà ancora a Brooklyn o nella NBA l’anno prossimo, ma intanto… A margine della prestazione di Bogdanovic, va detto che è stata ottenuta contro i Sixers, quindi non una difesa delle più agguerrite. Ecco perchè il gradino basso del podio.
2- Nikola Jokic, Serbia, Denver Nuggets. Il Draft, a volte, è un piatto che va gustato freddo. Jokic è stato scelta N. 41 dei Nuggets nel 2014, ma ha esordito nella NBA solo quest’anno. Partenza lenta, come da rookie di altro continente, poi alla prima gara con minutaggio consistente…BAM! 32′ contro gli Spurs e 23+12. Il Front Office di Denver ha riempito la propria front-line di Europei: ci sono anche Jusuf Nurkic e il Francese Lauvergne, entrambi buoni giocatori con un elevato upside (Nurkic soprattutto); non si può dire quindi che le scrivanie del Colorado non abbiano ben lavorato, ma con Jokic si sono superate. Un centro di ruolo che alla stessa età (21) faccia le stesse cose (10+6) nell’anno da rookie, beh, non si trova dietro ogni angolo. Il podio d’argento è per la progressione del giocatore, ormai una realtà nella Associazione, tanto da essersi recentemente meritato un titolo da ESPN che suonava più o meno come: NJ, il miglior rookie di cui non avete mai sentito parlare. Noi, qui a baskettiamo, immodestamente, ve lo avevamo segnalato già da un paio di mesi.
1- Mirza teletovic, Bosnia-Erzegovina, Phoenix Suns. In cima al podio ci finisce lui, Mirza Three-Letovic. Il soprannome è bellissimo, ma è anche un po’ indice della maledizione che segue il giocatore nella sua carriera NBA. Solo da 3. Specialista da 3. Bombarolo. Invece teletovic è giocatore completo. Non sarà mai un gran difensore: quella è una parte a cui, nel suo mondo, va dedicato il minimo sindacale, a meno che non trovi qualcuno che lo provochi in campo o che lo sfidi in maniera particolare (quando era i Nets, in un match di regular season, difese benissimo vs LBJ). Per il resto, è uno che sa giocare a basket in ogni sua componente. Detto ciò, l’azione per la quale finisce primo è la bomba con cui ha sconfitto i T’Wolves Lunedì notte. Game-Winner festeggiato con solida rabbia più che con gioia, perchè così fanno quelli veri, nel suo mondo. E anche nel nostro.
FLOP
3- E un brutto voto “ambientale” quello che occupa il gradino del flop meno grave. Teatro: Staples Center, Los Angeles. Opera in scena: Lakers vs Knicks. Protagonisti: Josè Calderon, che sgancia a fil di sirena la tripla della W, e i suoi compagni, che regalano allo Spagnolo il game-winner meno festeggiato della storia. Il motivo? La palla doveva andare a Carmelo, che non ci pensa proprio a fare nemmeno un saltino di finta gioia. Meno male che il parterre era vivacizzato da Spike Lee, in trasferta losangelina. O forse no, forse era già lì.
2- Per chi ha l’età giusta, Sacramento era il teatro delle gesta della Famiglia Bradford, famiglia di una serie televisiva in cui evoluivano padre-madre adottiva-8 fratelli (5 femmine e 3 maschi), con conseguente accavallarsi di caos e disastri, ma, alla fine, tutto si concludeva sempre abbastanza bene e tutti erano gentili carini educati e bellocci. Il livello di assembramento è più o meno lo stesso, ma i Sacramento Kings non annoverano solo caratteri gentili ed indoli educate e composte; ancor meno garantiscono un lieto fine. La sospensione comminata dal GM Divac a Cousins per aver platealmente inveito contro coach Karl DURANTE una partita è stata accompagnata da dichiarazioni con le quali Vladone manifestamente spingeva il vento verso il giocatore più che a favore del coach. E’, quello dei Kings, peraltro, uno dei rari casi in cui, istintivamente, preferiamo collocarci dalla parte del giocatore casinista più che dalla parte dell’allenatore. Il quale, sì, ha mirabilmente sconfitto il cancro, e tuttora lo combatte quotidianamente, ma è tutt’altro che un tipetto gentile e accomodante. Insomma, la squadra della città che ha come sindaco l’ex grande point guard dei Suns, Kevin Johnson aka K-J, è il solito disastro manageriale, a fronte di un talento potenziale sul campo degno almeno di una comoda posizione-playoffs. Vladone almeno ha messo dei paletti certi sia al coach che al giocatore più esposto. Vedremo.
1- Settimana pesante per i Dallas Mavs, con 3 L e una sola W, ottenuta stanotte. Potremmo anche trasportare il discorso negativo sull’intero percorso marzolino: un 2-5 che ha portato i Mavs ai limiti della zona PO. Ora sono ottavi, superati anche da Houston. L’età non gioca a loro favore, l’atletismo neanche, e la mira oltre l’arco pare essere un ricordo: delle 7 gare di Marzo solo una è stata brillante da oltre l’arco (peraltro culminata lo stesso in sconfitta), un 39% vs Denver, una delle squadre peggiori nella difesa perimetrale. Intendiamoci: non è strano l’ottavo posto attuale, era forse troppo brillante, anche grazie alle magie di scacchiera di coach Carlisle, il rendimento precedente. In ogni caso, la previsione è quella di raggiungimento dei PO (perchè nemmeno Utah, l’unica che può portare insidia, è messa benissimo), ma poi sweep vs Golden State e parola al front Office.