Eccoci giunti alla terza puntata della triade del meglio e peggio della NBA nella settimana, che per noi, ricordatelo, va da Martedì a Martedì.
TOP
1- Al primo posto e di parecchie lunghezze sul resto del podio qualcosa che riguarda i Philadelphia 76ers. No? Aspettate. Finalmente Sam Hinkie, il GM che ha sfasciato la bella squadra del 2012 (Evan Turner, JRue Holiday, Thad Young, Spencer Hawes, Jodie Meeks, Iggy, Nikola Vucevic, Lavoy Allen…..credo sia abbastanza per intenderci) in nome di una “ricostruzione” segnata solo da tanking estremo e penosissimo, e da abitudine alla sconfitta, è stato “commissariato”. Non lo hanno licenziato, e le frasi di circostanza della proprietà parlano ancora di piena fiducia, stima immutata eccecc, ma al suo fianco da ora in poi avrà uno dei guru del basket USA dietro le scrivanie: Jerry Colangelo. Colangelo Sr, per capirci, uno che ha un’attività di una cinquantina d’anni sulle spalle. Qualsiasi cosa faccia, nulla sarà peggio di quel che accade ora.
2- La portata dell’arrivo di Colangelo mette in secondo piano quello che nelle nostre intenzioni, fino a meno di 36 ore fa, era il nostro N.1. Kristaps Porzingis. Il Lettone sta diventando la vera sensazione, non solo di NY ma della NBA intera, oso dire. E’ in pole per il ROY, e i motivi sono in tre piccole cifre che ora vi elenco. Per merito di Tom Aberstroh, anche, ecco che vi posso raccontare che KP viaggia a 14.6 pti, 9 rimb, 2 stoppate e quasi 3 triple a gara. Quanti giocatori (giocatori, non rookies) hanno avuto questa combinazione di cifre nella NBA? Zero. Il Lettone sta facendo qualcosa che nella Associazione non è mai stato fatto, e, ripeto, non parlo di rookies. Metri 2.19 destinati a vestire proprie dita di tanti Anelli.
3- Mi piace ricredermi, di quando in quando, e questa è una di quelle volte. Sul terzo gradino del podio metto Avery Bradley. La settimana appena passata è stata particolarmente brillante, ma è dall’inizio della stagione che AB sta finalmente giocando come dovrebbe fare una guardia tiratrice titolare nella NBA. Tira bene sia da 2 (48%) che da 3 (45%, nono assoluto per percentuale nelle triple) ma, soprattutto oltre l’arco, sta tirando una media di 5.5 tentativi a gara, una quantità finalmente appropriata a uno che si voglia definire un tiratore, ed infatti nella classifica per % è sì nono, ma è terzo dei primi dieci per tiri tentati. Insieme a questi evidenti progressi in attacco, ha saputo mantenere la propria peculiarità di gran difensore sulla palla, unendo però anche un quoziente notevole nelle palle recuperate (quasi 2 a gara) e nel saldo tra perse e recuperate, che per ora è +2.
FLOP
3- Joe Johnson. La guardia dei disastrati Nets fa parte di un manipolo di giocatori di cui parleremo ancora, e che si fa notare per il fatto di, gergalmente parlando, “ avergliela data su”, in attesa di tempi, squadra, contratto (forse) migliori. In un’attitudine del genere sta tutta la natura del campione NBA, che, privilegiando il “lavoro” rispetto a “l’impegno”, tira i remi in barca, preserva il fisico e aspetta che le cose migliorino in qualche modo. Ci sono modi e modi, però, per farlo, e JJ ha ampiamente superato il limite. Parliamo del tiro, la sua specialità. Percentuale da 2: 38%, in carriera 47; percentuale da 3: 27%, in carriera 36; effective field goal percentage: 39%, in carriera 49. Meno 10 o quasi su tutta la linea. A gara realizza 11 pti, che sono quasi 5 meno della sua media a Brooklyn, e 10 meno della sua media nelle stagioni d’oro di Atlanta (2011-12, non una vita addietro).
2- Non siamo mai sati molto innamorati di questo giocatore, che ci ha sempre lasciato perplessi non per numeri ma per efficacia reale, dal momento che, prima del suo passaggio ai Cavs, pur portato in trono da tutti, non era mai riuscito a portare ai PO Minnesota nemmeno in una sola misera stagione. Kevin Love sta dimostrando, secondo noi, di non saper essere decisivo in proprio, e lo ha dimostrato una volta di più in questa settimana nera (3 L in fila) per Cleveland, per di più una Cleveland LeBron-less nell’ultima gara. Quello che colpisce di Love è che nei momenti chiave, quando la partita è in bilico e LeBron non dovrebbe essere lasciato solo, lui è il primo a defilarsi. Nei 3 KO dei Cavs ha segnato 28 (9.3 di media), tirato 10/35 (fra cui uno 0/12 da 3) preso 26 rimbalzi (quasi 2 meno della media stagionale). Insomma, quando le situazioni sono tese, non è detto che Kevin risponda presente.
1- Diventa un problema se l’atteggiamento di Anthony Davis è quello visto vs i Celtics nella notte tra Lun e Mar. Ha fatto falli (il secondo e il quarto in particolare) pur di farsi togliere dal campo, ha palesemente disprezzato l’operato dei compagni e battibeccato con coach Gentry. E queste sono le sue colpe. Responsabilità che si spostano dalla parte del coach (ma chi può sapere se non dipendano anche dal predetto atteggiamento del giocatore) quando si nota che mentre i Celtics stavano scappando, Davis era in panchina più o meno punitiva, che anche se lui era in campo in post basso andava Ryan Anderson, che appena tornato nelle vicinanze del pitturato Davis metteva in fila tre canestri da urlo, e che troppo spesso, pur nel moderno basket scollegato dai ruoli, AD parte fronte a canestro. Infortuni, spogliatoio non serenissimo, scelte a volte oscure del coach: sono i tipici ingredienti di una potenziale stagione disastrosa. Vedremo, ricordando anche che di certo AD è uno dei futuri dominatori della NBA, e che dotarlo di un contesto adeguato alle potenzialità di un aspirante al titolo è il minimo (e nello stesso tempo l’assolutamente indispensabile) che NoLa deve fare, se non vuole perderlo.