La nuova puntata di Top&Flop torna con un classico podio a tre, dal quale saranno ancora fuori Curry ed i suoi Warriors, così come i 76ers, dato che da una parte si continua a vincere e dall’altra a perdere. È dura non includerli, ma pensate a quanto sarà bello poter parlare di una squadra che ha vinto le sue “x” prime partite e le sue “x” consecutive avendo un numero finito. Attualmente siamo a quota 19, chissà se dovremo aspettare altre 63 gare per mettere Steph sullo stesso podio degli esseri umani, intanto ci gustiamo l’attesa.
FLOP
Partiamo dai peggiori.
3- Il peggio del peggio della settimana NBA ce lo fanno vedere gli Washington Wizards, per aver perso tutte e quattro le partite disputate. Al di là delle sconfitte che possono avere tanti significati, sembra che dalle parti della capitale qualcosa si sia rotto, quella squadra, con una delle migliori coppie di esterni della lega, che sembrava poter essere all’inizio di un progetto da titolo con qualche giusto innesto, sembra non ci sia più. Sulla carta ovviamente quanto detto prima è ancora possibile, dato che il roster è rimasto praticamente lo stesso salvo la partenza di Paul Pierce. Non sappiamo se sia dovuto all’addio di “the Truth” o a qualche problema in spogliatoio, ma di certo la squadra di coach Wittman non è più la stessa. Il gioco appare troppo spesso scontato ed eccessivamente dipendente dalle magie di John Wall che non stanno arrivando con la frequenza abituale. Uniamo tutto questo ad una sempre maggiore permeabilità difensiva e otteniamo gli Wizards di questo inizio di stagione.
2- Seconda e prima posizione di questa classifica riguardano la stessa squadra: i Milwaukee Bucks. È vero sono tutti giovani, è vero ci sarà tempo per crescere, ma una squadra che può vantare tra i suoi alcuni dei migliori prospetti per la NBA del futuro non dovrebbe fare questa fatica. Se pensiamo che rispetto allo scorso anno ci sono un Jabari Parker ed un Greg Monroe in più, è ovvio che manchi decisamente qualcosa alla chimica di questa squadra, che rischia di rimanere solo potenzialmente una squadra fortissima.
1- Jason Kidd. Il meno peggio della settimana in quanto togliere la palla dalle mani di un arbitro non può essere un gesto per cui congratularsi, ma se se ne capiscono le motivazioni diventa un po’ meno grave.
Coach Kidd dopo aver chiesto insistentemente un time-out ed aver visto un arbitraggio non esattamente perfetto, protesta e schiaffeggia via il pallone dalle mani del direttore di gara, venendo espulso e successivamente squalificato. Prendere un tecnico o farsi espellere verso il finale della partita, è una pratica diffusa anche in Europa tra gli allenatori, al fine di dare un segnale agli arbitri o alla squadra stessa. Da condannare quindi, con le dovute cautele, resta il gesto e quindi il modo con cui il coach dei Bucks manda il suo segnale.
TOP
3- Sul gradino più basso del podio, anche un po’ ingiustamente, troviamo l’erede di una dinastia che ha dato tanto, quasi troppo alla NBA degli ultimi anni. A San Antonio il piano era già ben definito, come da Robinson a Duncan, dopo il ritiro del caraibico le chiavi della squadra passeranno a Kawhi Leonard. Tutto perfetto, se non fosse che il ventiduenne, già MVP delle Finals, sembra aver già agguantato le suddette chiavi.
Nelle prime uscite stagionali Kawhi viaggia a 22,2 di media, che per uno già etichettato come specialista difensivo e capace di limitare anche LeBron, è come fossero 40. In settimana non ha fatto niente di straordinario, se non ripetere un’altra straordinaria settimana, come tutte quelle passate da inizio stagione ad oggi.
2- Secondo posto per uno che, tornando con la mente indietro di un anno, ci invita seriamente a credere nei miracoli. Paul George dall’inizio della stagione ha spazzato via ogni dubbio sulle sue condizioni e sulle possibilità di tornare quello che era. Non c’era settimana migliore di quella del Thanksgiving per celebrare il miracolo, nella notte del 29 novembre George ne segna 39 ai Lakers, incassa la tripla del suo idolo che riporta i Lakers vicini, il Mamba ride, George non si scompone, prende il fallo e va a segnare i liberi decisivi da grande campione. A dimostrazione del fatto che Paul George è tornato parlano anche i numeri, le medie di questo inizio di stagione sono 27,2 punti, 8,1 rimbalzi e 4,4 assist, medie da MVP se qualche alieno non fosse atterrato sulla costa occidentale.
La prima posizione di questa settimana non viene assegnata a qualcosa di accaduto sul parquet, ma ad un’esternazione di uno che di cose ne ha fatte succedere eccome, su ogni parquet che abbia calpestato e su tutte le tribune intorno. Sì, convinciamoci che prima o poi doveva succedere, il primo posto della settimana va alla lettera di Kobe Bryant.
Il terzo miglior realizzatore di sempre, MVP del 2008 e due volte delle finals NBA, non ha una squadra adatta ad inseguire il sesto anello, quindi stavolta usa la penna per regalarci un’altra emozione.
Kobe ha annunciato che questa sarà la sua ultima stagione. Ovviamente uno che non ha mai fatto una cosa banale in vent’anni di carriera, non poteva far banalmente l’ultima. L’annuncio arriva con una lettera d’amore al basket, al gioco, il suo gioco, alla sua canotta gialla e viola, quella che aveva sempre sognato.
Nella lettera Bryant si ricorda del piccolo Kobe coi calzini arrotolati del padre, che tirava buzzerbeater di carta in un cestino. Quel sogno e quell’amore per questo gioco lo abbiamo visto in ogni suo minuto in campo e lo vedremo purtroppo, per poche decine di partite ancora. È bellissimo come Kobe stia salutando i tifosi in tutte le arene in cui gioca ultimamente, ma si impegni per salutare il gioco prima di tutti.
I grandi di questo sport hanno sempre dato un peso enorme alla passione, la stessa che spinge me a scrivere e voi a leggere, tenendola sempre viva.
Il Black Mamba scrive che lui ed il gioco si sono dati tutto ciò che avevano, facendo innamorare dell’uno e dell’altro chiunque li vedesse. Alla fine di questa storia non c’è nessuno che possa lamentarsi se non per il fatto che non possa continuare. A Kobe 5 anelli e la realizzazione dei suoi sogni, al gioco 20 anni di prodezze di uno dei migliori di sempre, al pubblico 20 anni di emozioni, a me il rimpianto di non aver mai potuto sedere allo Staples per vederlo. In risposta alla tua lettera, grazie Kobe.