La foto di testa dell’articolo è simbolica: due palloni non si può…
Stanotte HOU si è un po’ ripresa con una W vs Memphis. Vittoria non facilissima e giunta in maniera particolare: lasciando (obbligando a?) riposare Russell Westbrook. Immediatamente Harden è tornato se stesso (7/16 da 3) e la difesa pure (100 pti concessi rispetto ai 123.5 delle prime 6 gare). Meglio tornare, però, sul KO dei Rockets vs Miami dell’altra sera. Dopo 1 minuto di quella che era la sesta gara della stagione di 82, avevano già messo in scena due proteste stile ultimo minuto di Gara7 delle Finals: una di Westbrook e una di Harden + D’Antoni. Dopo 5:05 di gioco gli Heat avevano 20 di vantaggio (20-4) e dopo 11:30 erano a +30 (44-14). Forse sarò costretto a dare ragione al mio amico di penna Colin Cowherd che afferma la coppia Harden – Westbrook andrà in frantumi prima di Natale. Infatti, anche se alcuni numeri sono favorevoli, quel che pare uno sforzo di ciascuna delle due Stelle per limitarsi, coesistere, adattarsi è in realtà un puro limite naturale. Segue il principio che dice si gioca con un solo pallone e che la potenza ha bisogno di un fattore determinante per essere efficace: il controllo. Russell è in blitz perenne, sia in attacco che in difesa. Non fa altro che pigiare sull’acceleratore, e soprattutto difensivamente causa danni enormi. Cerca sempre l’anticipo, come se recuperare palla fosse il solo modo di difendere, e di fatto costringe i suoi a difendere in 4 la metà delle volte. Contro Miami il suo plus/minus è stato di MENO 46, le perse 7 e gli assists 6. D’Antoni già ad inizio Novembre tende molto di più ad usare separatamente la coppia, come non fosse poi troppo automatico il reciproco adattamento, e ha pure trasportato in quintetto Eric Gordon, impoverendo una panchina già non brillante. Da parte sua Harden non ha mai tirato così male da 3: il suo nuovo movimento (mille palleggi sotto la stessa gamba e 3 steps, quindi passi, di lato per mollare la tripla) è prevedibile e del tutto difendibile, perché la gamba sotto cui palleggia è di solito quella opposta al triplo side-step. La fiducia, nello sport, è almeno un terzo della prestazione, sia quella personale che quella nei compagni ed allenatori. E’ palese che nessuno dei due si interessa, sul campo, dei compagni, e meno ancora del coach. I modi gentili, almeno in pubblico, di D’Antoni possono difficilmente scalfire certi ego, ed a questa eccessiva gentilezza di spirito si associano alcune decisioni tattiche rivedibili. Già detto di Gordon, destano dubbi alcuni quintetti super-small con, per esempio, Harden-RW-Rivers-Tucker-House: sono 3 non difensori e un centro (House) di 197 cm. Line-up che ha regalato anche a Meyers Leonard (arrivato a Miami da Portland, 213 cm più da tripla che da pitturato) una notte in cui ha potuto spadroneggiare in area in quanto più alto di una testa rispetto a tutti gli altri: 8/9 da 2 per l’ex Blazer. Forse il coach ricorda quella che, quando giocava a Milano, veniva chiamata la Banda Bassotti, ma contemporaneamente dimentica che quei quintetti milanesi avevano pur sempre come centro Gianelli o Bariviera o Vittorio Gallinari in campo. Non sono poche le nuvole che una sconfitta come quella patita da HOU in Florida fa radunare sul futuro della stagione, e non è poco il lavoro (psiche e parquet) che attende D’Antoni. A meno che non abbia deciso di tagliare la testa al toro, ovvero di dichiarare fallito l’esperimento della “coppia impossibile”. Il dato è che in assenza dell’elemento nuovo (Westbrook) i Rockets sono tornati almeno simili a quelli dello scorso anno.