Partito dalle giovanili di Arezzo (la città dove è nato nel 1970), non molto tempo dopo la Mens Sana crede in lui e gli prospetta un futuro (roseo) da professionista. Non era ancora la Siena del Monte Paschi e di Minucci, per cui Paolino accetta la proposta di Verona. Nella città scaligera resta quattro anni e conduce la Glaxo in A e alla storica vittoria della Coppa Italia (unico team di A2 ad aver mai realizzato l’impresa).

Il trasferimento a Bologna, sponda Virtus segna la sua definitiva consacrazione. Con le V nere di Danilovic vince tre scudetti e una supercoppa italiana, ergendosi ad eroe di uno storico derby che, considerata l’assenza del talento serbo, decide di vincere da solo guadagnandosi l’appellativo di “Morettovic”.

La sfiga, però, lo mette nel mirino e in gara 2 della finale playoff a Treviso, a nove minuti dalla fine, si rompe il tendine d’Achille. Un infortunio potenzialmente terminale per un cestista, ma Paolino è un lottatore e torna ad essere un giocatore importante, punto di forza anche della Nazionale che conquista l’argento negli Europei di Barcellona ’97.

Con Coldebella, è uno dei primissimi italiani a sfruttare l’era-Bosman e vola in Grecia, al Peristeri, per un’esperienza importante sotto molti punti di vista.

La sorte, però, ha in serbo per lui una prova ben più dura: nell’ottobre del 1999 lo blocca, definitivamente, la leucemia. Un colpo da k.o. per chiunque, ma non per Moretti: lotta e vince come sul campo, convinto di poter vincere anche la malattia.

Impossibilitato a proseguire la missione di “bruciaretine”, decide di sviluppare la carriera da allenatore non come l’Inzaghi di turno, ma partendo dalle minors di Catanzaro. Accetta di guidare una squadra dei bassifondi della B2, cui nemmeno il veterano Mario De Sisti aveva saputo dare una sterzata. L’anno dopo raggiunge i playoff di B1 con Ancona, prima di approdare, nel 2005/2006, alla Livorno in fase terminale. Coglie comunque un dodicesimo posto che gli vale la salvezza. Ripete il miracolo, nelle stesse difficili condizioni economiche, anche a Reggio Calabria, prima di scendere nella promettente B1 di Brindisi. In Puglia non ha fortuna; la chimica non è quella giusta e Paolino rientra in Toscana. A Pistoia, avvicendato Maurizio Lasi, è diventato l’eroe del PalaCarrara.

Lo abbiamo intervistato alla vigilia del remake della gara contro Caserta che lo scorso anno diede alla Giorgio Tesi la sicurezza dello storico accesso ai playoff.

Pistoia - Moretti Paolo 501

Clima euforico a Pistoia dopo la vittoria di Cremona?

«Beh in verità fa molto freddo, ah ah! Assolutamente si, siamo in fiducia, dobbiamo continuare su questa strada».

Come sta l’ex casertano Tony Easley?

«È indietro nella condizione fisica, non tiene 4-5 minuti di seguito in campo, però lo aspettiamo, dato che per noi è molto importante».

Tanto avete Valerio Amoroso che è il vostro fighter

«Valerio è un giocatore che si gasa nelle difficoltà, è stata un’aggiunta importante al nostro roster. Con lui e Easley stiamo provando a ritrovare gli equilibri dello scorso anno. In estate siamo andati a cercare i giocatori che potevano sopperire a questa mancanza di chimica, che ora sta crescendo sempre più. Siamo però, ancora, una squadra con tanti limiti».

La tua squadra fa ancora fatica a giocare a ritmi alti?

«Non abbiamo un roster lunghissimo, quindi dobbiamo gestire al meglio le energie nell’arco dei 40 minuti. Anche a Cremona siamo riusciti a creare buoni tiri, sia da vicino che da 3, anche se abbiamo peccato di precisione».

Quali sono le differenze tra questo basket e quello che si giocava ai tuoi tempi?

«I metodi di lavoro sono radicalmente cambiati, ci si allena molto meglio, i cestisti sono molto, ma molto più atletici; il basket è più rapido e i giocatori più tecnici, spesso, vanno in difficoltà. Il gioco è diventato più difficile, per cui non sono d’accordo con chi sostiene che si giocava meglio negli anni Ottanta e Novanta».

Ogni anno, dopo il girone d’andata, si cominciano a tirare le somme, secondo te chi sono le rivelazioni e i flop?

«Mi piace molto come gioca Bologna e la sconfitta a Caserta, evidentemente, è merito della formazione campana, il che mi preoccupa per domenica. Trento e Cremona, dopo un grande girone di andata, stanno un po’ rallentando. I flop? Paolo Moretti, considerato che aveva dato Caserta come squadra rivelazione e invece per ora ha toppato! Cantù si sta riprendendo e non avrà difficoltà ad entrare nei playoff. I giocatori che mi stanno impressionando maggiormente sono Pascolo e Mitchell di Trento. Pascolo soprattutto è l’emblema di un certo tipo di giocatore tutto grinta e volontà».

E il “tuo” Gibson?

«Kyle non può essere una prima punta, ma è un buon giocatore di complemento. Un altro giocatore che mi sta impressionando molto è il Mays di Brindisi: piaceva anche a noi, ma era irraggiungibile in estate».

Il momento di Ed Daniel?

«È un “ragazzo del sud”, in senso positivo ovviamente, che va capito, compreso, spinto, una di quelle persone che, se motivate al punto giusto, danno cuore e anima per la squadra. Credo che il problema che stia attraversando sia soprattutto psicologico. Un mese fa abbiamo provato a riprenderlo, ma non è stato possibile, ora penso che farà bene a Cremona».

I giovani più interessanti del campionato? Spanghero?

«Spanghero si, anche se non è proprio giovanissimo, piuttosto la squadra regina, per me, è Reggio Emilia, un team che mi intriga perché ha una strategia che credo debba essere seguita».

Pistoia - Moretti Paolo 502E quel playmakerino di Pistoia che ha fatto il career high un paio di settimane fa (il figlio Davide nds)?

«Nooooo, non scherziamo! Lui è piccolino, è un uccellino piccino in un mondo di falchi. Dovrà mangiare ancora tanti vermetti prima di poter provare a spiccare il volo!».

Per Pistoia ci sarà la possibilità di programmare e investire su un certo gruppo dal prossimo anno?

«Dipende tutto dalla stabilità economica, ma al di là di tutto, ciò che conta è il metodo. Se i giocatori fanno bene, ormai, l’anno dopo vanno altrove; se fanno male…non sono buoni per noi. Vedremo se potranno arrivare in futuro giovani interessanti o…nuove risorse da investire!».

Moretti e Esposito, due grandi attaccanti, ora allenatori rampanti dell’ultima generazione?

«A parte qualche capello bianco in più, abbiamo ancora qualche neurone che ci frulla per la testa! Quello che entrambi abbiamo capito è che, alla fine, il lavoro paga». 

Un consiglio per i giovani allenatori: conviene partire dalle minori come hai fatto tu a Catanzaro?

«Io ho cercato di non bruciare le tappe. Avevo un nome spendibile e ho provato una salita costante. Credo che oggi si possa prendere esempio da Buscaglia di Trento, un allenatore con una grande cultura del lavoro che ha preso un gruppo, lo ha cresciuto e ora potrà dire la sua anche in serie A».

Ai giocatori conviene partire dalle minors?

«Non si può generalizzare, ma analizzare giocatore per giocatore, anche se non tutti sono Alessandro Gentile. Bisogna capire se il giocatore conosce il gioco e se ha le skills giuste, in questo caso forse è meglio essere lanciati subito nella mischia».

Dove vuole arrivare quest’anno Pistoia?

«Il campionato è bello ed equilibrato. Tolte le prime cinque, può succedere di tutto e tutte possono ambire ai playoff. Il nostro obiettivo primario è fare 20 punti per raggiungere la salvezza, poi per il resto si vedrà…».

Si vedrà”, certo si vedrà perché se, finora, la sua carriera è stata un crescendo rossiniano senza voli pindarici, oggi Paolino è cresciuto ed è ormai pronto per palcoscenici ancor più importanti, per sfide che all’orizzonte possano far intravedere qualcosa in più di una salvezza.