Money maker around the world, sono i soldi che fanno girare il mondo. Insomma si vuole ricondurre tutto a una differenza di budget, vecchio refrain “minacciano” che ho contestato vibratamente, per parodiare Crozza-Napolitano: i giocatori ci sarebbero, basta allenarli meglio, farli giocare, e se poi vinci 10 scudettini hai come qualcuno non ha fatto proponendo addirittura di boicottare le nazionali giovanili il dovere di mettere in prima squadra almeno 8-10 giocatori di valore, e smetterla di ritenere che sia meglio il passaportato con la fola che gioca meglio e costa di meno (che è così, se evadi il fisco).
Il cartesiano assunto, antistorico, di un relativismo agghiacciante non può essere il manifesto cultural-sportivo a dar retta, è la sintesi – o in soldoni come si dice con una locuzione acconcia – dei due allenatori protagonisti della finale. Non a caso gli ultimi figli illustri della “plutocrazia“ senese che comunque non ha garantito loro lo stesso trattamento. Ha saputo andar via prima dello sconquasso Luca Banchi, fortuna l’ha premiato con un secondo titolo, per prima cosa nel commento a caldo per la Rai prima del ringraziamento ai giocatori e il pubblico – record, ha attribuito al club per gli investimenti il merito del 26esimo scudetto. Perfetta immagine di uomo-azienda, come l’aveva definito tempo fa il presidente Proli. Il tecnico grossetano ha un secondo anno di contratto ma nella Spaghetti-League anche se hai conquistato uno scudetto non sei mai in una botte di ferro.
Ritengo che questo dello staff tecnico sia uno degli argomenti critici sul quale Proli e Armani faranno profonde valutazioni, con quello dei singoli, il gruppo, partenze e arrivi, lo stesso management, compresi consiglieri e consigliori modernità nella comunicazione, rapporti con la stampa e il tutto in una prospettiva di miglioramento internazionale. Per quanto riguarda il coach, ricordo che ai tempi della grande Ignis, ad esempio, Nico Messina vinse o scudetto ma per conquistare titoli internazionali fu ingaggiato il grande Aza Nikolic. Marco Crespi, ex Armani, è senza squadra, perché non creare lo stesso tandem di Siena di “primi fra i pari”, forse la miglior soluzione per tutti. Ma potrebbe anche accettare di rimanere con Ettore Messina, come appunto avvenne a Varese con buona pace di tutti.
Ad oggi bisogna intanto dare per scontato che questa formazione nel ranking europeo l’Armani –Olimpia, azienda del gruppo che si giova della Legge Mammì per cui come sponsorizzazione è un ramo utile per scaricare interamente utili aziendali, applicazione corretta di una norma tossica per lo sport e anche sociale. Perché si fa impresa a costo zero.
In questo ranking mettiamo i campioni in carica del Maccabi che non sono i primi nel ranking come budget o agevolazioni fiscali. E primi anche pur con la grave perdita di Blatt. E poi le due maggiori formazioni spagnole e le due turche: Efes (che ha ingaggiato Dario Saric n.1 europeo e Lasme) e Fenerbahce con i loro coaches cannibali di successo. Le greche sembrano in fase calante, la crisi impedisce certi colpi di un tempo ma mai darle per finite. Diciamo che Milano è alla pari con l’emergente FC Bayern Monaco con Stetislav Pesic, stessa razza serba di Ivkovic e Obradovic.
Venendo al mercato il centro, il sogno potrebbe essere quello di Otello Hunter che però avrebbe già un accordo con Venezia, e Proli che ha voluto il liquidatore di Siena, come consulente di Lega magari ci avrà parlato. In questo ruolo vuole qualcosa di più di Samuels, non molto tecnico, e macchinoso nelle aree affollate, e Laval molto atletico e meno tecnico, salvo che Melli sia in tutte le gare come quello della finale, il che non è scontato. Per quanto riguarda il trio Langford, Jerrells, Hackett e mettiamoci anche Moss. Due dei quattro (o almeno uno) sono di troppo, si sente dire che ci vorrebbe un vero play. Anche in questo caso, Erik Green visto nello spareggio con un anno d’esperienza in più, la “pista senese” sarebbe una soluzione intelligente ricordando che si tratta di un rookie e un anno fa al draft era n.28, in quella posizione dove spesso si trovano le migliori occasioni. L’anno scorso era candidato come prima scelta, poi la guardia-play senior di Virginia fu chiamato al n.46 dagli Utaz Jazz entrando in quello strano meccanismo del draft che a volte è un tritacarne, e continua a macinare, come abbiamo visto per Gentile che oggi è dato in uscita a Houston per Milwaukee. Il suo ex allenatore, James Johnson, è il primo estimatore del combo-guard di Winchester per l’etica del lavoro e la sua capacità di prendere le decisioni sul campo, come si è visto in gara7. E difatti, per gli esperti il voto più alto riguarda l’8 nella leadership.
Un discorso a parte quello riguardante Alessandro Gentile, il contratto scade fra un anno ma con la chiamata nel draft da parte di Houston può liberarsi per la NBA o riscattando il cartellino e diventare free agent, anche per valutare le offerte europee di cui parliamo in altre parti del sito.
Chi è rimasto col cerino in mano, almeno così si sente, è Marco Crespi, il vero coach dell’anno, il vero “liquidatore” nel senso buono del termine perché ha dato pari dignità col suo bagaglio motivazionale e culturale e di passione alla squadra da lui gestita in 2-3 ruoli, ci mancava solo che pagasse di tasca sua i giocatori E’ stato ripagato dentro la società? Raccontano infatti di uno sfogo molto esplicito durante una delle interviste in sala stampa della serie di finale, nel leggere dalla stampa che il presidente della polisportiva e il liquidatore prendevano decisioni riguardanti il futuro senza chiedergli quali fossero i suoi progetti, e magari proporgli un programma alternativo.
Per la televisione in streaming inventata dall’ex presidente, Msb Tv, Crespi ha rilasciato queste dichiarazioni, nello spogliatoio dopo la sconfitta di gara7 “Sarà difficile per me. Non so se allenerò un’altra squadra perché, come coach e uomo, questa stagione è stata un sogno. Stanotte hanno vinto gli altri, ci hanno portato via il nostro titolo, ma solo perché sono più ricchi. Ma, credetemi, tutti pensano che siamo noi i vincitori di questa stagione. E voglio che lo pensiate perché ve lo meritate. L’unico nei guai sono io, ora ho bisogno di trovare un nuovo sogno, perché voi avete realizzato quello che avevo da quando ero un dodicenne”. Per Crespi l’ennesimo trofeo nella sua carriera sfuggito alla fine, ma la caratura di un coach non viene rappresentata dai titolo ma dall’impatto sociale e mediatico, ha ingoiato molti rospi, questo è l’ultimo ma ci sono stati allenatori considerati dei maestri, nel basket, che hanno scritto la storia. Non è l’unico, nemmeno in Siena.