🏀 2° QUARTO: IL GIOCO DI SQUADRA

ASSIST
Ti gratifica di più essere il capocannoniere o il recordman degli assist? Ovvero: ti gratifica di più creare per te stesso o scrivere per altri? Com’è cambiato, se è cambiato, nel tempo il tuo rapporto con l’assist, ovvero lo scrivere per altri artisti?

Allora… di solito nasci bomber e poi cominci a diventare assistman nel momento in cui fai un po’ più fatica a essere rapace sotto canestro. Per me invece è un po’ il contrario, nel senso che in realtà ho sempre scritto molto volentieri per gli altri, adesso molto meno, forse perché mi riesce più difficile entrare nelle persone di cui devo raccontare le storie, o meglio a cui devo mettere in bocca qualcosa che sembri loro. Perché se tu scrivi per qualcuno non puoi scrivere con la tua voce, e produrre poi richiede tantissima energia. A me piace molto lavorare in squadra e lo faccio sia singolarmente, quando da solista lavoro con tecnici del suono, fonici, altri musicisti, oppure nel gruppo. Quella è una bella dimensione perché ti arricchisci, perché ti permette di camminare su una mappa che tu puoi immaginare: hai un punto A e un punto B, devi spostarti da lì a là, ma il percorso in mezzo è un’incognita costante. Se io lavoro da solo vado da A a B seguendo la strada che io ho in mente; se c’è qualcuno vicino a me e mi dice “guarda che se andiamo di là può succedere quello”, allora puoi scoprire completamente altri viaggi. Questo mi affascina molto e mi regala tanto. Forse, ecco, invecchiando diventi più egoista, pensi di più a realizzare per te, ma non è neanche giusto quello, perché io non penso all’onanismo di fare una gran bella cosa. A me serve l’emozione di aver fatto una bella cosa. Più passano gli anni, più credo che la musica sia un grande strumento, e mi piace metterlo a disposizione. Quindi mettiamola così, vorrei essere un ottimo artigiano che fa degli ottimi strumenti da mettere in mano alle persone che possono usarli nella loro vita.

CHIMICA
La chimica tra i Subsonica è sopravvissuta a tutto. Come si coltiva nel tempo una relazione creativa così lunga? È più importante essere molto simili o molto diversi?

Se fossimo molto simili sarebbe molto più comodo e più facile, devo dire la verità. È come imparare un passo a due, come imparare a ballare il tango da zero, motivo per cui tu sei sempre nella fatica di non pestarti i piedi. È un matrimonio moltiplicato 5 i Subsonica, quindi molto impegnativo e molto faticoso. E se non vogliamo fare l’esempio del matrimonio, probabilmente l’esempio del passo due è appropriato: devi imparare a sentire l’altro. Ci sono i momenti in cui guidi tu, i momenti in cui vieni guidato, devi capire quando il la gamba deve andare indietro perché il suo piede è avanti, poi il tuo, poi ti muovi verso destra, poi verso sinistra e diventa un piccolo concerto di movimenti da gestire periodicamente. In 5 questo si amplifica, ed è tutto molto complesso, però dall’altra parte hai anche un po’ la rete di protezione del gruppo, per cui quando uno va veramente fuori rotta ci sono gli altri quattro. Anche il fatto di essere un gruppo dispari, sembra una stupidaggine, ma non lo è, perché se c’è un problema si vota ed essendo dispari qualcuno vince. I Subsonica poi sono un quintetto di prime donne; ci sono i gruppi che hanno il frontman e il resto e viene dietro, noi invece siamo effettivamente un gruppo. Questo porta grande forza, grande aiuto nei momenti di difficoltà, ma anche grandi problemi. Nel tempo impari a lasciare andare perché impari a conoscerti tantissimo ed è un grande privilegio poter lavorare con gli altri. A volte però è anche un limite, per esempio nella scrittura tu sai che se il cantante arriva fino a quel sol lì, non scriverai mai una melodia che arriva fino al la o al si perché non ce l’ha. Oppure sai che magari al bassista o al chitarrista non piacciono quei due accordi messi in quella posizione lì e quindi eviti di scrivere pezzi che abbiano quella sequenza di accordi. E da una parte è molto rassicurante, dall’altra è molto faticoso perché noi siamo arrivati a… credo 11 album, non li ho più contati. Fai una media di 12 pezzi ad album. Ogni album tu scrivi più di una ventina di pezzi, e quindi vuol dire che hai scritto più di 250/300 canzoni, o abbozzi di canzoni. E comincia a diventare difficile rigenerarsi, ma è anche molto più entusiasmante quando trovi una roba sorprendente. E torniamo al discorso che facevamo prima. Quando dopo tanti anni scrivi ancora un pezzo molto bello, e per molto bello intendo che ti emoziona, che ti piace, che piace a tutti quelli che stanno ascoltando in quel momento, e siamo in 5, diventa molto gratificante.

In questo, il fatto che ognuno di voi faccia dei progetti per conto suo aiuta?

Aiuta senz’altro, perché alimenta. È una valvola di sfogo, fa sfogare la rabbia, i pensieri, le frustrazioni, la noia o semplicemente la necessità di rigenerarsi dopo magari un lungo tour, dopo aver fatto un disco insieme. Contemporaneamente, porta dentro linfa nuova al progetto, perché ognuno di noi fa cose molto diverse da quello che sono i Subsonica e l’uno dall’altro. L’apporto dei singoli è interessante perché è davvero ad amplissimo raggio. Adesso, per esempio, Samuel sta facendo clubbing, io faccio il pianoforte solista, Max fa i suoni della natura, e sono tutte cose complementari che alla fine poi ricascano dentro al gruppo. E come se tu avessi delle navicelle e poi c’è questa astronave madre che ha il raggio traente e ti richiama a sé e riporti indietro l’esplorazione dei mondi che hai vissuto. Una piccola Enterprise.

COACH
Insegni al Conservatorio: come ti senti nel ruolo di guida? E qual è la tua idea di leadership?

Ho insegnato, ora non più. Non mi piace. Lo so fare, posso farlo, ma non mi sento un buon insegnante. Insegnare poi non è avere leadership, sono due cose differenti. Io non mi sento di sapere nulla che posso insegnare, ma sono molto a favore della condivisione. Il mio concetto è che io non ti insegno niente perché non so che cosa ti possa insegnare quello che faccio, ma se tu sei curioso, vuoi chiedermi, vuoi vedere come faccio, allora condivido molto volentieri. Più che insegnamento è condivisione, io non ho gelosie rispetto a quello che ho imparato, ma non saprei dirti come l’ho imparato, non so dirti perché lo faccio, non so dirti come scrivo, perché scrivo, mi viene e basta. Non so insegnarti a scrivere una canzone, ma se tu vuoi stare con me e vedere come la scrivo, allora sei il benvenuto. Questo è il mio modo. Leadership è un’altra cosa. In un lavoro di squadra, anche di una piccola squadra, come può essere quella che realizza un disco, ci sono tante cose da fare, tanti compiti. A me piace molto delegare, lo trovo molto affascinante e voglio delegare a persone che però ne sappiano più di me o abbiano un’energia diversa dalla mia, perché se no il lavoro diventa più lento. Se io – la dico bruttissima, ok? – ho dei sottoposti nella catena di creazione di un disco, a cui dico: “fai questo”, e lui lo fa più lento di me e lo fa peggio di me, dovrò farlo io due volte. Io vorrei invece qualcuno che mi insegnasse cose che non so. Per questo, cerco sempre di circondarmi di persone che ne sanno più di me, perché così imparo io. Ecco, io credo che un leader debba veramente saperne meno di quelli che guida, ma debba essere in grado di tenere la barra dritta e avere una bella squadra. E bisogna lavorare per saperlo riconoscere, bisogna saper riconoscere le persone il più possibile, perché non possiamo arrivare a fondo nell’anima di tutti quanti.

Nell’insegnamento, io so di non saper spiegare come fare delle cose, però se qualcuno vuole stare vicino a me e vedere come faccio, io sono molto felice.

Beh, ma anche quella è una forma di leadership, no? È una leadership agita direttamente, non credi?

Sì, e infatti io su questo sono un entusiasta, mi piace chiacchierare coi ragazzi, vado volentieri a scuola, parlo, mi piace condividere, non ho ritrosie rispetto a quello che faccio, ma non saprei organizzare una lezione sul perché faccio quello ora, anche perché mi sembrerebbe come strizzare una cosa tanto ampia come l’ispirazione, e noi viviamo anche un pochino di urgenza nella creazione.

To be continued… 

PRIMO QUARTO