Avete letto la prima parte della Shack-Story? Siete desiderosi di proseguire a seguire le orme del Signore degli Anelli? Ed allora mettetevi comodi oppure restate in piedi e… buona lettura
15,8 – la media rimbalzi del suo primo passaggio in Italia, tuttora record ogni tempo della Lega Italiana. Caserta: lo Scudetto, la Finale vinta contro Milano. La coppia di lunghi USA, Shackleford + Tellis Frank, la rinuncia ad Oscar. Nulla sarebbe successo se non fosse arrivato Shack. Si può discutere se Caserta avrebbe potuto vincere con Oscar al posto di Frank, ma non ci sono dubbi che il perno di tutto era il ragazzo di Kinston. Frank era una pf con abilità sia vicino che lontano dal canestro, un professore dai mezzi fisici non straordinari che si accordava benissimo con un alieno dal fisico impareggiabile. La combinazione dei due metteva una tale pressione nei pitturati italiani, che il perimetro della Phonola Caserta poteva godere di libertà notevoli. Libertà che nella finale finirono tutte nella faretra di Sandro Dell’Agnello. Arrivò a Caserta anche grazie alla fondamentale opera di uno dei migliori (il migliore, secondo chi scrive) GM italiani: Giancarlo Sarti, che portò in Italia un NBA-player vero, uno in rampa di lancio, giovane ma non appena uscito dal college e fisicamente integro. Queste caratteristiche definivano il suo arrivo come evento unico nel basket italiano: non sono applicabili infatti né alla venuta di Carroll né a quella di McAdoo, non a Vincent Askew nè a Brian Shaw.
2000 – L’anno del ritiro. Dopo lo Scudetto del 1991, Shack giocò altri 8 anni. Tornò due anni in NBA, poi fece un’altra tappa casertana, un altro anno di NBA quindi una parentesi europea più lunga, tra Turchia e Grecia, a proposito della quale inseriamo altri numeri.
19,5+12,4 – Ovvio: punti e rimbalzi. Quelli che tenne nella fase dei gironi della Eurolega 1995-96 giocando con l’Ulker, Turchia. I punti lo ponevano al decimo posto tra i realizzatori, nei rimbalzi, come sempre era il Signore. In Turchia litigò, non finendo la stagione. Passò in Grecia, dove vinse una Korac con l’Aris in cui giocava anche Mario Boni. Poi dal 1998 il finale scampolo di NBA, con Charlotte. Ma quando ti ritrovi a 36 anni a dover vivacchiare nelle minors con i poco gloriosi, a dir poco, Idaho Stampede (la parola significa: fuga disordinata e precipitosa, in particolare detto di animali, e da lì è diventato una specie di sinonimo di bisonte)… ecco, è segno che bisogna smettere. E smettiamo anche noi. Abbiamo ritardato un po’ a pubblicare questo articolo sperando ci fossero notizie certe sulle indagini riguardo la sua morte: per ora sembrano escluse cause violente, però noi tagliamo qui il nostro finale. Ricordando che prima dello Shaq-Attack diventato famosissimo ci furono le Shack-Attack: le sue proverbiali, tonitruanti schiacciatone.