Un titolo ideale per la Finale di Coppa Italia di oggi potrebbe proprio essere Durissimi vs Superatleti. Vediamo cosa le Semis han raccontato.
1 – Data la stagione mediocre in campionato forse ci siamo dimenticati che la Reyer Venezia è la squadra Campione d’Italia, dopo aver vinto una Finale forgiata nel caldo torrido e negli arbitraggi ineguali (a danno dei lagunari). Forse ci siamo dimenticati che è una squadra che non si batte da sola, e che conosce il significato delle parole: sacrificio in difesa. Difesa pura: se guardate le stats di entrambe le gare di Final 8 2020 vedrete che non recuperano tanti palloni (vs Milano 2 con 14 perse…), il che significa che non fanno difesa-spettacolo, ma vero muro. Il MVP a DeNicolao fa piacere ed è meritato, ma guardiamo a cosa significa il concetto di sacrificio nella partita di due USA. Austin Daye, che sarebbe quello poco incline a faticare ed egoista, 13 pti con 7 tiri e un’efficacia strepitosa anche come perno per ribaltare l’azione dopo il pick and roll: memorabile un assist-gancio cielo da post basso sx ad attraversare il campo per tripla di Bramos nell’angolo opposto. Julian Stone, che avrebbe un contratto NBA domani se volesse, fa esattamente le stesse cose che farebbe di là dall’Atlantico: difende su tutti da 1 a 5, prende rimbalzi e molla assists (7 e 2) e alla fine ha il plus/minus migliore dei suoi (+10). I 3 citati sinora hanno giocato insieme 65 mins, quasi perfettamente distribuiti: ecco parte del gran lavoro di coach DeRaffaele, che ruota sempre con estrema attenzione e frequenza i suoi uomini per averli sempre il più freschi possibile, dato il sacrificio che il suo gioco richiede. L’unico ad avere più minuti (ieri 33) è quasi sempre Mitchell Watt: un po’ per le inestirpabili magagne di Vidmar, ma soprattutto perché è un lungo difficilmente marcabile dai colleghi, sempre troppo grosso o troppo agile o troppo efficace dalla lunetta, a seconda di come gli avversari decidano di difenderlo. La Umana Reyer ha speso enormi energie nelle due gare vinte sinora, ma ha messo sulla lancia lo scalpo delle due squadre migliori del campionato ricordando chi sono i Campioni in carica.
2 – Una delle buone notizie che la F rappresenta per il movimento cestistico italiano è quella di una neopromossa che potrebbe fare i PO e ha vinto un turno di Final 8 facendo giocare tanto gli Italiani. La cattiva notizia, il retro di quella medaglia, è che con il miglior italiano (Aradori) e il peggior straniero (Stipcevic), secondo dati in sé non contestabili forniti dalla Lega, non si arriva troppo in là. Ti salvi in carrozza, fai una buona stagione lottando per accedere alla post-season, ricavi una bella figura e una brutta alle Final 8. Non ci sono abbastanza talenti nostrani, numericamente, per creare di più in una stagione, se il nucleo produttivo è essenzialmente italiano come accade alla Fortitudo.
3 – Opposta la situazione di Brindisi, che onestamente è spesso un piacere guardare. Squadra non giovanissima ma iperatletica, folle e smisurata sia nel bene che nel black-out. Quando la guida di Vitucci riesce ad incanalare al meglio la superiorità fisica dei suoi, la HappyCasa non è fermabile. A una squadra che aveva già Tyler Stone, John Brown (posso ammetterlo: mio giocatore preferito del campionato), Banks e Martin, si è aggiunto un atleta purissimo come Sutton. I margini di Brindisi sono tutti nel grande SE: SE questo talento atletico riesce a tenere la testa concentrata e gli Italiani contribuiscono un pochino, BR vale almeno le Semifinali per lo scudetto. Ieri Campogrande-Zanelli-Gaspardo han dato 19-11-3, buono ma si poteva far meglio data la scarsa resistenza di BoF.
4 – Che dire di Milano? Ci sono problemi gestionali evidenti: i cambi di roster e gli infortuni non stanno consentendo di far trovare all’Olimpia una vera continuità di gioco e soprattutto di coesione e contemporaneità nello sforzo. Ci sono anche equivoci sulle reali capacità di certuni. Avere per TUTTA una stagione Scola non è la stessa cosa che vederlo fare meraviglie per 20 gg con la maglia dell’Argentina. Avere TUTTA la stagione il Chacho ti fa capire che non è un play capace di migliorare da solo il gioco di squadra, che non è quello che tanti high-lights e memorabilia isolate farebbero pensare. In più, una cosa ho imparato essendo bolognese e avendo visto la sua carriera dall’inizio: Messina non è un mago ma un lavoratore ossessivo e di rara efficacia…alla fine. Quindi: non aspettatevi bacchette magiche ma tanto duro lavoro e una costruzione finale eccellente. Lasciatelo lavorare, perché mettere le mani nell’impasto di sperperi e contraddizioni dell’Olimpia richiede tempo e pazienza.