Paesaggi ameni, cibo ottimo, gente gioviale. L’Emilia Romagna è così. E, concedendosi per un frammento di secondo al sillogismo aristotelico, se l’Emilia è così e Piacenza è in Emilia, anche Piacenza si trova in siffatta condizione. Ma la perfezione , nel mondo degli umani, non esiste. E allora, un elemento di stortura da rimproverarsi,  al momento, il territorio ce l’ha: il rendimento assolutamente al di sotto delle attese del suo sodalizio cestistico. L’Ucc Assigeco Piacenza, infatti, in sei partite, è andata a vuoto in altrettante occasioni. Possibile? Ecco la lista di una Caporetto da cui la squadra conta di uscire quanto prima: turno inaugurale, visita a Rieti e sconfitta per otto punti, seconda partita, al Pala Banca arriva Rimini ed è un altro boccone amaro, ancora di più perché si tratta di un solo possesso di ritardo, terzo impegno nella tana dell’Urania, ut supra ma con tredici punti di divario, nel quarto va relativamente meglio con una sconfitta con meno sei da Orzinuovi ma l’andazzo negativo permane,  nel quinto in terra d’Emilia arriva Avellino e sbanca il banco per nove punti e l’ultima lacrima in ordine di tempo è arrivata sul parquet di Vigevano, ancora per un possesso. E, come spesso accade in ogni sport, a essere preso come agnello sacrificale è stato Stefano Salieri, esonerato per lasciare posto a Humberto Alejandro Manzo. Obiettivi? Sostanzialmente due. Il primo è liberare la classifica da una staticità che rischia di diventare imbarazzante per una squadra abituata ad andare anche lontano. Il secondo, cercare di rispolverare i fasti della scorsa stagione che portarono il sodalizio emiliano a raggiungere i quarti di finale dei playoff sia pur poi persi da una Trapani lanciata a grandi falcate verso la massima serie. A ben guardare il roster, la materia prima per ben figurare non manca davvero. Tornato in Italia dopo un’esperienza a Trento nel 2021-22 in cui, in 28 presenze, aveva totalizzato 245 punti, Desonta Bradford è andato in doppia cifra in sei match su sei con uno score massimo di 27 punti e un totale di 109, con un media di circa diciotto punti a partita. Nate Grimes è arrivato direttamente dal mondo della pallacanestro kosovara dove vestiva la casacca del KB Yili e ha anch’egli dimostrato da subito di saperci fare con una palla a spicchi tra le mani andando cinque volte su sei in doppia cifra con una punta di ventinove a referto nel secondo incontro.  Il roster è stato anche impreziosito dall’arrivo di profondi conoscitori dell’universo della A2 come Michele Serpilli, Niccolò Filoni, Ursulo D’Almeida, quest’ultimo giunto in Italia a soli quattordici anni e in grado, con i suoi primi stipendi, di aiutare la sua famiglia e persino di fondare un orfanotrofio. Insomma, il problema non pare certamente risiedere nella qualità del roster. Lo si può piuttosto individuare nella incapacità del sodalizio di credere sinora sufficientemente nei propri mezzi. E anche in un pizzico di ingenuità a mollare la presa troppo presto, vedasi per esempio gli stop con Rimini e Avellino dove la squadra , sino all’intervallo lungo, conduceva o quello con l’Urania Milano dove nel primo quarto dettava legge per 27-20.  Il segreto potrebbe quindi risiedere banalmente in questo, nel ricordarsi di essere Piacenza, di essere quella squadra che, nel suo albo d’oro, ha due Coppe Italia LNP da esibire. Resta ora da vedere se nel prossimo turno,  in cui al Pala Banca arriverà l’ambiziosa Apu Wild West Udine, gli emiliani sapranno finalmente battere un colpo.