Uno dei temi di quest’anno, anche per le nuovo norme anti-riposini dettate dalla NBA, sarà la profondità dei roster.

Ecco perché, per le due Conference, ho elaborato un PowerRanking senza vera pretesa di pronostico, ma in grado di valutare le squadre partendo dal loro grado di completezza, dalla loro profondità e concentrandomi sulle formazioni che andranno ai PO direttamente, quindi quelle 1-6.

BOSTON CELTICS. I Celtics sono pochi. Al momento cruciale della stagione le rotazioni si restringono e sono rare quelle superiori agli otto uomini: ma conta anche come si arriva al finale di stagione. Le 82 gare, se affrontate con gli 8 uomini e mezzo (dove il mezzo è Kornet) che attualmente sono la parte davvero affidabile del roster, rischiano di avere un impatto negativo sul rendimento in post-season. Volendo pensare positivo, potrei ipotizzare tre sviluppi favorevoli.  A) Banton traduce in pratica il potenziale da all-around che lo ha fatto scegliere con qualche sorpresa 2 anni fa dai Raptors, e finora frenato da % di tiro insufficienti. B) Mikhayliuk si scrolla di dosso ruggine, indolenza e qualche chilo e diventa nel 23/24 più o meno quel che Gallinari avrebbe dovuto essere lo scorso anno: l’Ucraino di Kansas è 202 cm, troppo lento per giocare guardia ma ha potenziale da “finto 4”. C) Sono molto buone le sensazioni su Jordan Walsh: se mantenute, renderebbero il kid da Arkansas U. un importante giocatore difensivo, in grado di difendere 1-5 e dunque di spostarsi in pf, aiutando in certa misura a colmare il gap di profondità davvero enorme nei ruoli di PF e centro. “Sperare” nella salute è sempre sbagliato: si deve essere organizzati a parare i colpi della sorte, in particolare quando gli elementi portanti sono un giocatore che proprio nei giorni delle Finals compirà 38 anni, e un altro dalla lunga storia infermieristica. Kornet può essere un buon quarto lungo, non il terzo: Brad Stevens deve trovare un lungo di qualità in più. Vero che, dal ritorno ai Celtics, Horford ha giocato quasi 30 mins di media in RS, ma ha anche mancato 13 e poi 19 partite e la squadra ha perso 14 di quelle 32 gare, un record non da contender. Lo “spettro” della poca profondità tra i lunghi è l’elemento che pende sulle possibilità dei Celtics di arrivare almeno alle Finals: il resto è da Anello. Brutalmente: Horford 7 gare vs Giannis dopo 7 gare, per es, vs Embiid? Non credo.

 

MILWAUKEE BUCKS. Si sono aggiudicati il pezzo pregiatissimo del mercato con un colpo doppio: inserire Damian Lillard ha significato indebolire i Miami Heat. Però nel reparto guardie per MIL vale quanto detto per i Celtics tra i lunghi: sono pochini quelli di alto livello comprovato. Malik Beasley, per quanto genericamente esperto, è al primo vero grande bivio della carriera. Ora però, rimescolando i ruoli e traendo auspici, troveremo differenze con la situazione di BOS. Differenza1: a MIL sono abituati ad essere corti in pg. Negli anni recenti, compreso quello del titolo, hanno dato fiducia a recuperi / inserimenti come George Hill o Eric Bledsoe, Jeff Teague o DJ Augustin. Differenza2, hanno Jae Crowder. Giocatore a mio avviso sottovalutatissimo, capace di modificare la fisionomia di 3 reparti, da sg a pf. Data la penuria di guardie, sarebbe possibile portare indietro di uno spot Kris Middleton grazie alla presenza di Jae che in attacco può stare da 3 e in difesa tenere le sg avversarie, cosa che a Middleton non riesce benissimo. Differenza3: la filosofia di MIL, che, roster alla mano, pare enfatizzata e non diminuita dal passaggio da coach Bud a coach Griffin. I Bucks hanno vinto un Anello pestando il pallone dentro, ossessivamente, e impedendo agli avversari gli ingressi nel pitturato. In questo agevolati, alle ECF e alle Finals, da avversari interni non esattamente leonini (Ayton dei Suns) o di talento non cristallino (Capela di ATL) nel contesto di reparti non profondi. Ecco perché, leggermente, lascio MIL davanti a BOS nel pronostico: sotto, i Celtics hanno il talento non la profondità.

 

CLEVELAND CAVS. Lo scorso anno fecero una ottima RS e PO deludenti. Ma nella mia idea di roster completo i Cavs sono molto avanti. Il quintetto è bordeline sontuoso, principale difetto aver bisogno di un po’ troppi tiri: Mitchell & Garland 48% & 46% dal campo nel 22/23, ad esempio, e insieme sparano quasi 40 volte/gara. Il punto un po’ troppo alto in cui la curva della qualità incrocia quella della quantità è uno dei motivi per cui, nonostante un’estate di richieste, alla fine nessuno ha davvero voluto svenarsi per strappare DM dall’Ohio. La coppia di lunghi Mobley-Allen è degna di un Anello, e gli uomini di raccordo sono complementari e versatili. LeVert è giocatore più offensivo e tecnico, Okoro più difensore e atletico: chiunque dei due sarà in quintetto, avrà le spalle copertissime; la terza e quarta sf sono l’affidabile tiratore Wade ed Emoni Bates: fottuto dall’esser stato definito “il nuovo LeBron” a 15 anni (ora ne ha 19…), è romanticamente approdato in NBA nella formazione e nella casa di James. Anche il cambio di Mobley è opposto e quindi complementare: al fenicottero con poche triple succede il plantigrado dal bel tiro; dietro al centro Allen vedremo più Tristan Thompson che Damian Jones. I cambi delle guardie sono Strus, uscito da Miami per 60MM in 4 anni (a MIA lo hanno valorizzato, ma lui è un altro dei figli di Danny Ainge sparsi per le arene mondiali). Il cambio della pg? Ricky Rubio quando arriva in NBA è molto migliore della sua versione con la Roja. Tornando alle % di Mitchell & Garland: coach Bickerstaff ha dichiarato di aver compreso i passi necessari per migliorare l’efficacia delle sue guardie. Se lo farà davvero, Cavs pericolosi quasi a livello di ECF.

MIAMI HEAT. Aver mancato Lillard è uno dei rari colpi a vuoto della carriera di Pat Riley. Erano davvero sicuri che la volontà di Dame avrebbe prevalso. Invece Lillard si è rivelato molto migliore persona rispetto al divetto NBA classico. Un Oakland native vero, che non ha imbarazzato sé stesso né l’amata Portland. Ora si ritrovano corti sul perimetro: con Lillard le partenze di Gabe Vincent e Max Strus erano molto meno importanti. L’abbondanza perimetrale è una delle chiavi del gioco Heat: permette l’uso di Butler da sf e una alternanza di “non pf” in posizione 4. Quintetti con Robinson o Martin da 4, per non parlare del rookie da UCLA Jaquez, sarebbero stati pirotecnici con Dame, meno con Lowry o Josh Richardson (tornato nel luogo da dove prese un volo che si supponeva molto più alto). Diventa davvero tanto importante il rendimento di Love, più di quel che lo staff probabilmente desidera. Finirà che Bam giocherà molto più da pf rispetto al passato, coperto anche dall’arrivo di Thomas Bryant, centro di buon livello martoriato dagli infortuni; avranno minuti non attesi sia Jovic che, spostandosi avanti di uno spot, il citato messicano da UCLA. I finalisti dello scorso anno sono sensibilmente più deboli e non dovranno scherzare molto con la RS, quindi, a differenza del 22/23, credo che daranno prove migliori e più continue, centrando almeno i PO diretti. Senza contare che Pat, per farsi perdonare, opererà sul mercato: perché ormai, a Herro, hanno detto che in fondo possono rinunciare a lui. Lo hanno detto al giocatore e a tutta la NBA.

 

NEW YORK KNICKS. NewYork è completa. Si possono nutrire dubbi sulla reale competitività (che io ritengo da top5 a Est), ma non sulla profondità, tanto che sono stati costretti a mettere in waive un giocatore esperto come Isaiah Roby. Pochissimi volti nuovi: anche questo a NY è importante, perché la città, i fans, i mefistofelici media, hanno fame di identificazione molto più che altri ambienti. Ci sono anche delle identità laterali: quella villanoviana per esempio. Nulla a che fare con Bologna: da Villanova U, stesso anno (anche se Divincenzo era redshirt) stesso Titolo NCAA 2016, sono Brunson – Hart – Arcidciacono – Divincenzo (gli ultimi appena arrivati a NY). Abbondanza di esterni ma non penuria di lunghi: nessuno dei centri è stellare, ma un reparto fatto di Robinson / Hartenstein / Sims garantisce minuti, recuperi, rimbalzi, stoppate. Si può dubitare dove, tra sg e sf, Divincenzo sarà più utile e che tipo di efficacia avranno i cambi di Brunson (Arcidiacono e Washington Jr), ma sono risposte da lasciare al campo: la lavagna dice che NYK è ok. L’acquisto più importante è in casa: il nuovo RJ Barrett emerso dai Mondiali. Tutti hanno visto un giocatore più concreto, più concentrato, abile anche in difesa. Ho sempre considerato RJB un hall-of-famer vero, non di quelli cui l’introduzione viene regalata: penso questo sarà l’anno in cui comincerà a meritarlo sul serio. Da definire la situazione di Fournier: lui dice di essere ostracizzato e parzialmente mobbizzato dalla dirigenza, la franchigia non lo vuole, però, problema non piccolo, nessun altro lo vuole.

 

PHILADELPHIA 76ers. Troppe stelle presunte, troppo pagate: PHI ha bisogno di pulire l’ambiente. Lasciando da parte la vicenda-Harden, immaginando il roster con lui dentro e un mondo sottovuoto, nessuno potrebbe scalzare la franchigia da un posto 3 o 4 a Est. Quindi comportiamoci secondo questo canone e vediamo. La Barba può giocare pg, quindi tra lui e Beverley – Maxey – Melton l’azione non ha problemi a spostarsi in attacco. Meno garantita l’assistenza a Embiid: passatori deliziosi non se ne vedono (scaricare è diverso che passare), questo pericolo diventa letale nel momento in cui il centro (capita quasi ogni gara) si rompe le scatole di non vedere palloni e migra verso le triple. Adattare questo difetto è il compito principale del nuovo coach Nick Nurse. 4 guardie del genere rendono pochi i minuti delle altre 5 del roster allargato, tra cui emerge Jaden Springer. Meno abbondanza e molta meno qualità tra le ali. Il discorso sul superBeta Tobias Harris è noto, dietro di lui e anche dietro al picchiatore (ricordate: trasformarsi in bulli è il destino tragico di tutti i grandi difensori, invecchiando) PJ Tucker non esiste molto. L’eterno rimandato Kelly Oubre, l’eterno “troppo poco troppo tardi” Korkmaz, uno che è bullo già da giovane come Danuel House. Questo è il vero punto debole della squadra. Embiid ha trovato un back-up ideale in Paul Reed, idolo dei fans, ma gli hanno aggiunto anche Mo Bamba e Filip Petrusev. Loro due possono migrare in pf molto facilmente, rendendo meno nefasto il gap delle ali. Con un vero coach, non l’ormai superatissimo Doc, questi Sixers possono dare soddisfazioni. Ma, vedi sopra, stiamo obbedendo alle regole del mondo sottovuoto.

 

Troppe stelle presunte, troppo pagate: PHI ha bisogno di pulire l’ambiente. Lasciando da parte la vicenda-Harden, immaginando il roster con lui dentro e un mondo sottovuoto, nessuno potrebbe scalzare la franchigia da un posto 3 o 4 a Est. Quindi comportiamoci secondo questo canone e vediamo. La Barba può giocare pg, quindi tra lui e Beverley – Maxey – Melton l’azione non ha problemi a spostarsi in attacco. Meno garantita l’assistenza a Embiid: passatori deliziosi non se ne vedono (scaricare è diverso che passare), questo pericolo diventa letale nel momento in cui il centro (capita quasi ogni gara) si rompe le scatole di non vedere palloni e migra verso le triple. Adattare questo difetto è il compito principale del nuovo coach Nick Nurse. 4 guardie del genere rendono pochi i minuti delle altre 5 del roster allargato, tra cui emerge Jaden Springer. Meno abbondanza e molta meno qualità tra le ali. Il discorso sul superBeta Tobias Harris è noto, dietro di lui e anche dietro al picchiatore (ricordate: trasformarsi in bulli è il destino tragico di tutti i grandi difensori, invecchiando) PJ Tucker non esiste molto. L’eterno rimandato Kelly Oubre, l’eterno “troppo poco troppo tardi” Korkmaz, uno che è bullo già da giovane come Danuel House. Questo è il vero punto debole della squadra. Embiid ha trovato un back-up ideale in Paul Reed, idolo dei fans, ma gli hanno aggiunto anche Mo Bamba e Filip Petrusev. Loro due possono migrare in pf molto facilmente, rendendo meno nefasto il gap delle ali. Con un vero coach, non l’ormai superatissimo Doc, questi Sixers possono dare soddisfazioni. Ma, vedi sopra, stiamo obbedendo alle regole del mondo sottovuoto.