Chi nasce tondo non può morir quadrato (proverbio siciliano). L’Italia dei 69 punti a partita, che erano 68 dopo la sconfitta nel girone contro la Germania, è uscita così come aveva vinto: a quella quota.
Si può sempre giocare un po’ meglio e prendere qualche rimbalzo in più, ma nulla ci sentiamo di rimproverare a questa edizione di Azzurra, giocatori o staff tecnico. Il proverbio, nella sua perentorietà, dice qualcosa di vero e desolante: che anche vivendo e lottando per migliorare, pochissime volte gli umani (e le squadre di basket) riescono a distanziarsi da se stessi tanto da cambiare completamente. E dentro a “se stessi” c’è tutto: la personalità ma anche il contorno..habitat, humus sociale, ambiente in senso stretto e lato. Contro la Serbia, già dopo i 18 incassati nel primo quarto eravamo 1 punto fuori quota nei punti subìti per poter sperare di vincere, e quando Azzurra ne ha presi 26 nel secondo periodo sopra la parola Vittoria campeggiava già quella Miracolo.
Una cosa splendida della nostra Nazionale 2017 è stata la costanza, anche nel rendere davvero palese l’impegno di tutti, la serietà con cui l’Europeo è stato affrontato. Costanza intaccata, a volte, dai limiti tecnici e fisici personali o di squadra, altre volte da un’autostima che inevitabilmente, provenendo la maggior parte del gruppo da un quinquennio di sconfitte, non poteva essere alta. Resa ancora più friabile, nei momenti bui, dal sapere che, per vincere, si poteva sbagliare quasi nulla. Chi ha giocato può comprendere benissimo cosa significhi disputare una manifestazione internazionale importantissima sapendo di dover tenere gli avversari a 66, ovvero meno di 17 pti per quarto; o di dover tirare attorno se non oltre al 40% da 3 con la coscienza che i rimbalzi vanno nel 65% dei casi agli altri. Azzurra si è sempre mossa sul limite di un confine sottilissimo e molto stressante, oltre che oggettivamente difficile da percorrere; ma è arrivata ai quarti, e ha perso nettamente ma non disonorandosi, e nella gara vs i Serbi io darei più importanza ai 17 concessi alla coppia Lucic-Milosavljievic (di cui 11 nel primo tempo, e 11 era il combinato medio dei due su gara intera fino a ieri) che al KO a rimbalzo sublimato nel 19-44 finale. Abili i giocatori nel percorrere quel sentiero sottile, abile coach Messina nel saperlo illuminare e distinguere e spiegare. Nulla da dire, insomma, se non un piccolo, personale sassolino nella scarpa. Dati i minuti alla fine concessi a Cinciarini (a stento 8 in tutto il Torneo) avrei portato Luca Vitali, che nei momenti di disperazione, almeno, può garantire un mis-match favorevole per altezza e comprensione del gioco su quasi tutte le pg del continente, e in 8 mins non può fare più danni del Cincia, eventualmente. Ma altro non si può criticare, sulle scelte e sulla gestione di Messina.
Molto da criticare sull’ambiente. Lascio da parte l’argomento Federazione, Petrucci, regole FIBA, livello arbitrale, perchè conoscete benissimo ormai il mio pensiero. Mi concentro sul contorno, ovvero: media, social, fazioni varie. Fin dalla prima W italiana c’è stato chi, vuoi per garantirsi una onanistica patente di fedeltà e competenza, vuoi per dare una spolverata argentina alla propria immagine, vuoi per compiacere un potente, ha iniziato a berciare di carri su cui non avrebbe lasciato salire chi aveva criticato Azzurra o espresso pareri/opinioni/timori piuttosto pessimisti sull’esito dell’Europeo. Questo è stato tipico di molti. Lo hanno fatto ancora, ancora, poi silenzio (ko vs la Germania), poi ancora, ancora con ululati altissimi (W sulla Finlandia) e poi modalità “grazie lo stesso”. Da parte di persone coinvolte professionalmente o anche solo paraprofessionalmente nel basket, trovo che sia stato un comportamento meritevole dell’aggettivo francese: Pénible, ovvero ..capace di suscitare dolore per quanta pena infonde. Coprirsi d’alloro e sbertucciare invece di analizzare tecnicamente….bah. Che poi dire della bufera colpevolisti vs assoluzionisti nel caso della mano rotta per un pugno dato male ad un avversario da parte di Danilo Gallinari: inaccettabile comportamento, ma detto una volta era sufficiente, si tratta di basket e non di test nucleari; trovo siano state molto più sospette ed eticamente rivedibili le tante non petitae excusationes, fin troppo veementi, che i deliri apocalittici degli accusatori. Che Azzurra sarebbe andata più avanti con Gallinari non ci sono prove, che senza di lui abbia fatto un Europeo più che degno è l’unico fatto. Altro dato ambientale per nulla positivo: la solita solfa sul basket dei due stranieri o dei mille stranieri più 986 comunitari che soffocano gli Italiani. E’ tutta la mia vita cestistica (nato al basket: 1979) che sento questo discorso. Lo sentivo (due stranieri sono troppi, meglio uno in campionato e due in Coppa, oppure due ma solo uno può giocare in quintetto, oppure due ma solo se uno ha giocato già in altra Lega europea….) anche quando l’Italia vinceva l’oro agli Europei del 1983. I nostalgici, anche nelle figure di persone che hanno vinto e dato tantissimo nel e al basket, sono un altro dei motivi di regressione della pallacanestro italiana, che deve capire che non solo il gioco è cambiato, ma anche il mondo, e la fruizione del mondo da parte delle persone. Ho riletto durante gli Europei le 5 parti del reportage condotto nel 2015 per Baskettiamo sui vivai italiani, tappe: le due sponde di Bologna, Venezia, Reggio Emilia e Treviglio, quest’ultima non tanto per il vivaio in sè quanto per la capacità di mettere sulle tavole giocatori appena usciti da un vivaio. E’ questo il nodo del futuro. Le Nazionali Italiane giovanili, negli ultimi 5 anni, hanno ottenuto risultati parecchio migliori di quella maggiore. Ergo, qualcosa si perde nel passaggio al primo livello. Quel che ho notato, nel rileggere il reportage, è una frase comune a tutti: costruire giocatori per la prima squadra. Detta, però, come se in prima squadra arrivasse un giocatore dal quale non si attendevano poi enormi miglioramenti rispetto al livello iniziale, come se il miglioramento fosse atteso solo in virtù dell’accumulo di esperienza. Continuare ad allenare nel senso di far migliorare i giocatori anche quando siano approdati in prima squadra: è questo uno dei passi da cui parte (se partirà) il nostro futuro. E’ certo un’operazione faticosa, non alla portata di tutti, o non più (per es. Sergio Scariolo ormai pare allenatore solo da rosters mostruosi e imbattibili..o quasi), e portatrice di tante pedate quante gratificazioni; è spesso anche una operazione non iterabile in eterno, come dimostrato, per esempio, dal cambio di rotta operato da Matteo Boniciolli alla Fortitudo; resta il fatto che, magari odiandolo, ora Montano, Candi (occhio a lui per la pg della Nazionale futura..), Campogrande, Italiano, Raucci, sono giocatori infinitamente migiori di quanto fossero prima di incontrare il loro coach.
Ora il cambio di manico che ci attende è notevole. Meo Sacchetti è quasi opposto a Ettore Messina sia per carattere che per gioco. Rimanendo costante il divario fisico tra noi e tanti dei più forti, potrebbe servire giocare in maniera più rapida, aumentando il numero dei possessi come ormai quasi tutta la NBA sta facendo (cito il lavoro di Brad Stevens, Steve Kerr, Luke Walton). A determinate velocità, dovessimo incontrarli ancora, forse Marianovic e Kuzmic sarebbero meno devastanti. Fermo restando che alla Serbia mancavano…tutti? Beh, quasi. Infatti, oltre al gap puramente fisico-antropologico, difficilmente colmabile, dovremmo pensare che il serbatoio di certe nazioni è vastissimo, pur essendo più piccole, meno abitate, meno ricche. Lo so: a questo punto dovrebbe entrare il predicozzo “più povertà più fame più voglia di emergere blablabla”…roba vecchia, stantìa, da dimenticare. Quelle nazioni sono spesso meglio organizzate in tanti piccoli snodi del vivere quotidiano. Per esempio: controlli anti-terrore a parte, spostarsi in Israele è facilissimo, il biglietto del treno si compra come in Italia si compra il biglietto del tram, e l’impiegata ti guarda strano quando le chiedi se devi stabilire un giorno preciso per poterlo usare; sono treni belli, puliti e discretamente puntuali anche su tratte brevi. Idem Croazia e Slovenia, di cui ho esperienza diretta. In Italia per avere un biglietto del treno devi presentare una denuncia dei redditi, una esenzione ISEE, avere un indirizzo di posta elettronica ed esser preparato ad andare in pullman perchè te lo cancellano. Se non abiti di fianco al palazzo dello sport, e se i tuoi genitori hanno orari da rispettare o una qual tendenza ad evitare di farti prendere le pulci se ti scappa all’improvviso e devi entrare nella toilette di un treno locale, allora tua mamma non ti porta “a basket” ma forse “a nuoto”, “a calcio” eccetera; ho parlato con allenatori di giovanili che hanno perso ragazzi di 16 anni e oltre due metri perchè il Comune aveva cambiato l’ubicazione della fermata di una corriera. Il rugby, bellissimo sport in cui però l’Italia non vince MAI, ha la principale manifestazione internazionale e moltissimi test-matches trasmessi IN CHIARO. E ha commenti tecnici e competenti, sì, ma spesso (Vittorio Munari) alternati a momenti di puro delirio umoristico, deliziosamente divertenti. In Italia…ok, meglio chiuderla qui.