In coincidenza con la definitiva eliminazione dell’Olimpia dalle Elite8 di EL, ecco due decaloghi in forma di trittici, uno dedicato all’Armani, uno alla Segafredo. Inizia Milano.

Il punto sarà quello di individuare errori e mancanze, sapendo che la V-BO era rookie, mentre i biancorossi erano chiamati a ben altra stagione. Invece, dopo le F4 della squadra con Punter e LeDay, ogni anno sono regrediti. Non può essere un caso, ma fa parte di un trend.

1 – LBA. Il campionato italiano è più importante al capitolo “non retrocedere” che a quello “chi lo vince”. Le squadre più forti, al netto di disastri societari, vivono da assolute privilegiate un’esistenza modello-NBA, in cui la retrocessione di fatto non esiste. Sarebbe dunque agevole, dovrebbe esserlo, programmare con cura in funzione EL o EC, scrutinare con attenzione i giocatori, sviluppare con efficacia gli indigeni (o gli stranieri di sola esperienza FIBA) considerati utili per le competizioni ECA, le quali sono di un livello decisamente superiore. Questo non accade, la situazione è clamorosa a Milano. Procediamo.

2 – SIR ALEX. Una certezza è che il ruolo di manager/allenatore andava bene nel calcio di 15 anni fa, infatti l’ultimo grande vincente è stato Ferguson: nel basket pro raramente ha dato frutti positivi dopo il 1970. Un modello del genere instaura automaticamente un “regime ambientale” che coi pro mal si aggancia, quello collegiale, il padre-padrone. Le stantie e un po’ offensive rampogne messiniane alla squadra, piene di “indecente, indegno, senz’anima eccecc” sono esempio lampante di questa situazione ibrida e irrisolta. Alle magagne tattiche (uso dei giocatori) e agli sbagli di gestione (scelta dei giocatori), si aggiungerà presto un altro pezzo. Messina ha fatto peggio da GM che da coach, ma darà vita all’ennesimo paradosso: non solo quello di un allenatore che risponde a sé stesso, ma anche un GM poco efficace che sceglie il sostituto allenatore di sé stesso, e chiaramente non dovrebbe. La prova? Il nome più caldo è anche il più sbagliato: Xavi Pascual, un altro ruminatore del parquet.

3 – INDIGENI. I paragoni si fanno col meglio, quindi l’Olympiacos. Il Pireo offre anche una situazione anagrafica e di roster favorevole allo scopo. Ho escluso Sloukas, e ho considerato i minutaggi di Papanikolaou, Lountzis, Larentzakis vs quelli di Melli, Ricci, Tonut. L’impiego di Melli e del Papa si elidono (anche per le 2 gare in meno del Greco); lo stesso vale per Lountzis e Ricci. Il nodo-tristezza arriva considerando Giannoulis Larentzakis e Stefano Tonut: spero abbiate presente almeno in vaga idea la differenza di potenziale tra l’onesto greco e il talentuoso italiano. Alla fine il minutaggio non è molto diverso: 15/gara Tonut, 16 Larentzakis. PERO’. GL (29enne) gioca quei minuti SEMPRE, ha 32 gare giocate; ST è arrivato a 15’ solo grazie all’incremento avuto dall’arrivo di Napier, e non ha giocato sempre (27 gare, la media pre-Shabazz era 12mins). Tutto questo in presenza del KO di Shields, di cui Tonut era sostituto quasi naturale. Lo sviluppo di un giocatore dipende anche da chi lo guida, e Messina non sa (più?) farlo, anzi ha fatto ampiamente regredire NML. Nelle ultime 13 F4, OLY è stato presente 7 volte con 2 Titoli e una Finale; le ha raggiunte lo scorso anno dopo l’addio di Spanoulis, ha vinto la RS quest’anno dopo l’addio di Printezis. Io dico che sanno programmare, né possono essere accusati di avere solo stranieri a roster.