Lo spunto per questa riflessione me l’ha offerto il mitico Poz con le dichiarazioni rilasciate dopo il derby: <<Prima della partita gli arbitri, lo dico anche se non so possa pubblicamente farlo ma avendolo fatto loro penso sia riportabile, ci hanno detto che non possono parlare in campo coi giocatori. E secondo me è una puttanata di proporzioni ciclopiche. Perché partendo dal presupposto che gli arbitri possano essere degli amici e per me lo sono, non vedo perché non si possa dialogare in campo. Anche perché per esperienza personale loro traggono un enorme vantaggio dall’avere un dialogo con me>>.
Pur senza cedere all’inglesismo dell’estroso coach di Varese la decisione (di Facchini?) ci sembra davvero assurda.
Vivendo basket da oltre quarant’anni, mi sento sempre più Tom Hanks/James Lowell in Apollo 13, con la differenza che, purtroppo, non siamo a <<Houston abbiamo avuto un problema>>, ma a <<diamine ma quando finiscono i problemi con gli arbitri?>>. Come sappiamo l’Apollo 13 fu “solo” costretto al rientro, mentre il nostro basket rischia invece di schiantarsi!
Ogni domenica aumentano le proteste e le inc… di tecnici, giocatori e tifosi nei confronti dei “grigi”. L’anno scorso ci fu la “topica” dei tecnici a gogò per il delay of game (“mitico”, in tal senso, il doppio tecnico fischiato a Melli nelle prime due giornate), ora si invoca l’assoluta “intangibilità” dei referee, considerato che solo il capitano può rivolgersi alla terna, ma dico: siamo fuori?
Gli arbitri (e soprattutto chi li rappresenta) devono rendersi conto che sono una componente, abbastanza importante, del gioco (come il canestro, i palloni e il cronometro), ma gli attori principali sono i dieci che si affrontano in campo. Gli arbitri meno li noti, più sono bravi e hanno svolto bene il loro compito. Del resto i tifosi non pagano il biglietto per vedere quanto sono bravi a fischiare come vaporiere, ma per le evoluzioni dei giocatori e le alchimie tattiche dei coach.
Non è giusto scendere nelle illazioni dietrologiche che taluno imbastisce su alcuni di loro e sulle loro disavventure (per alcuni anche giudiziarie), ma di certo è necessaria una sterzata.
Seguo la pallacanestro da tanto e ricordo che le decisioni arbitrali non sono state MAI unanimemente condivise, ora però siamo giunti al capolinea. Tra Martolini (Maurizio) e Duranti (Bruno) e le loro progenie (nemmeno malvagia, in vero) c’è un abisso, così come per un Recalcati o un Pancotto, ad esempio, ben diverso è vedersi minacciare la grande T da Bartoli (nome a caso, ovviamente), piuttosto che da Zanon!
Negli ultimi anni la nouvelle vague arbitrale ha lavorato, forse, più sull’estetica dei gesti ben fatti e autoritari, provati e riprovati allo specchio, che sulla sostanza; assistiamo così, ad esempio, a chiamate dell’arbitro di coda coperto da almeno otto giganti, mentre quello a un metro dall’azione non interviene. Ancora: se hai fischiato un fallo dubbio, copri le orecchie e non correre a mostrare il muso al malcapitato!
Ultimamente poi si è “infierito” sugli aspetti comportamentali dei coach, per cui uno non può chiedere all’arbitro spiegazioni, in modo cortese, senza essere minacciato di sanzione e nelle decisioni è sempre più presente la componente emotiva e autoritaria: ah se ci fossero, ancora, i Bianchini, Peterson e Tanjevic quante espulsioni vedremmo!
Il basket italiano soffre un momento di evidente appannamento agonistico, sarebbe quindi opportuna, almeno nel settore arbitrale (dove il budget non è una discriminante), una sana riflessione per rinverdire la “scuola” italiana che ci ha fatto onore in passato ed evitare che il Poz…. finisca in mutande!