Ultimo sorteggio della stagione, Fabio Facchini va a Roma giovedì di buon’ora e raggiunge gli uffici della Federazione per designare gli arbitri dello spareggio di venerdì 27 al Forum di Milano. Si parla di 4 nomi, poi di 5 scelti fra i 18 arbitri utilizzati nelle prime sei gare, dall’urna prima di mezzogiorno esce la terna Lanzarini, Paternicò, Lamonica e Begnis stand by. Ci sarebbe anche Sabetta.

Questa è stata la sequenza degli arbitraggi: gara1. Milano Cerebuch, Sabetta, Terreni (74-61, Milano), gara2 Milano Lamonica, Mattioli, Mazzoni (79-65), gara3 Siena Paternicò, Vicino, Baldini (85-68), gara4 Siena Lanzarini, Chiari, Biggi (75-68), gara5 Milano Begnis, Sahin, Seghetti (62-68), gara6 Siena (72-74).

Vediamo i precedenti nei playoff dei tre designati. Il bolognese Lanzarini, primo arbitro, ha diretto due volte Milano e sono state due sconfitte: in casa gara2 di semifinale con Sassari 83-90 e gara4 a Siena 75-68, e due vittorie con la Mens Sana, gara5 a Siena 84-79 contro Grissin Bon, gara4 a Roma 71-65 vittoria Acea e gara4 di questa finale a Siena 75-68. Ricapitolando con lui Milano ha sempre vinto, Siena sempre perso.

Col 47enne agrigentino Paternicò Siena ha vinto tre volte su tre: ha diretto una volta Milano, sconfitta gara3 di finale a Siena 85-68, la più pesante, una a Siena gara5 dei quarti con Grissin Bon 84-79 e una a Roma gara3 di semifinale, quella del 3-0 per i campioni d’Italia in carica 69-78.

Lamonica ha “scritto” due vittorie all’Armani, gara5 a Milano con Pistoia 88-78 nei quarti e gara2 di finale a Milano 79-65, la più convincente di questa serie scudetto fra le due, e una in casa a Siena, gara1 di semifinale con Roma 73-73.

Lamonica non ha mai diretto con Paternicò e Lanzarini, Lanzarini e Paternicò solo una volta nelle serie di Armani e Mens Sana, quindi è la “prima” che dirigono assieme nella terna.

Come scritto nei giorni scorsi nello “studio” sugli arbitraggi per la finale, nessuna classifica ufficiale ha determinato questa scelta per il sorteggio se non quella nella testa del responsabile degli arbitri di Serie A Facchini che ha seguito per tutta la stagione una politica di rinnovamento (“mi fido dei miei arbitri, voglio ricompattare il gruppo e un graduale rinnovamento coniugando senatori e giovani, senza epurazioni”) sfociato in una scelta di sorta di compromesso per questo spareggio “epocale” che chiude la storia di Siena vincendo o perdendo, un momento anche di commozione e pena non solo per il popolo di contrada ma per il basket, vedendo molta gente del pubblico in lacrime (e quel che rimane della dirigenza svignarsela).

Quando tutti si aspettavano una terna col “nuovo sicuro” composta dai neo-internazionali e altri giovani emersi anche nei playoff, come loro ideale rappresentante è stato scelto Lanzarini (al suo posto ci potevano stare anche Martolini e Bettini bravissimi in gara6) o magari anche un esordiente fra i 14 della stagione, il “rottamatore” Facchini ha scelto l’usato sicuro per lo spareggio.

Intangibile, impeccabile Lamonica che sarà ancora il fischietto n.1 italiano negli imminenti mondiali di Madrid e del quale si parla di un futuro in Fiba fra due stagioni, il nome cade ancora una volta sull’ineffabile Carmelo Paternicò.

Si tratta dell’arbitro più gettonato nei verbali di Baskettopoli il cui nome ricorre più volte nei dialoghi dei vertici dei fischietti che lo mettono fra “arbitri pro e straprò” per una certa società, per un certo “sistema”. E c’è, fatto grave, un colloquio col suo capo (Garibotti, poi radiato dalla Federazione) al quale chiede di “eliminare” una giovane collega siciliana (l’ingegner Cristina Luca, fra l’altro anche dirigente del Comitato Italiano Arbitri Regionale, “una cosa da voltastomaco”, dichiarò il presidente federale Meneghin al tempo commentando le intercettazioni ordinate dal PM dottoressa Maria Luisa Miranda che parlava di “malagestione” nel basket spiccando ben 41 avvisi di garanzia.

L’arbitro siciliano confermò di aver usato quelle espressioni al Procuratore del basket in quale archiviò in quanto risalenti a più di tre anni prima e quindi prescritti. Un fatto sconcertante, perché la Procura del basket disse di non aver mai ricevuto i verbali o le bobine, ma l’intercettazione col contenuto della telefonata fra Garibotti e Paternicò fu pubblicata da un giornale: perché non venne presa in considerazione per tempo? Il reato (“mancanza di lealtà e correttezza nei confronti di un tesserato”) che prevede una sospensione di tre anni o anche la radiazione era dunque stato consumato, non può essere prescritto anche se scoperto successivamente, almeno come atto di riparazione morale. Sappiamo che la “vittima” di questo episodio ha avuto soddisfazione nel ricorso, dalla Disciplinare non ha saputo più nulla, si è rivolta alla magistratura e ora è in Afganistan, veste la divisa, ha altri pensieri per il capo e l’autore della frase per niente scherzosa conoscendo come andavano le cose dentro il Comitato regionale, quando un arbitro di A poteva addirittura fare politica federale, norma sciagurata poi abolita.

La designazione di Paternicò fa tornare alla mente anche un altro episodio discusso nella famosa gara di gara 4 che assegnò lo scudetto alla Fortitudo con il canestro impossibile da tre allo scadere di Douglas dalla metà campo. Gli arbitri erano Lamonica, Paternicò e Ursi. Al filmato, su youtube, avranno sicuramente dato un’occhiata anche in Fip perché si vede Lamonica che alza le due mani e la telecronista racconta di canestro annullato, e mentre Milano fa festa, pur non essendo il primo arbitro Paternicò, si precita all’istant replay, e scorrendo le immagini al rallentatore sembra che il collega voglia fermarlo come a dire “ma dove vai, che fai?”. Paternicò si precipita immediatamente impadronendosi del monitor e del l’operazione di istant-replay, dopo un po’ si avvicina da dietro Lamonica per salvare le apparenze, Paternicò conclude il suo show lasciando teatralmente il campo indicando il 3 con le due mani alzate. Sembra che per un paio d’anni Lamonica non abbia più salutato Paternicò per quella scorrettezza, poi è subentrata la ragion di stato.

Paternicò a quel tempo aveva anche incarichi dirigenziali dentro il comitato regionale siciliano ed era vicepresidente del sindacato dei fischietti al quale Lamonica non si è mai iscritto (come Sahin, altro fischietto che con il popolare pater come è conosciuto non va molto d’accordo).

Il basket, come tanti altri episodi strani, ha digerito anche questa storia, ma si sa che per i corsi e ricorsi storici, certe cose “ineffabili” si ripresentano. E forse sarebbe meglio evitarli.

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