Una voce che, nel mondo dei commentatori NBA, a volte può essere paragonata ad una sorta di Report, è The Athletic.
Conduce periodicamente inchieste presso i GM o gli agenti o gli scout facendo, con garanzia dell’anonimato, domande “scomode”. Quest’anno è stato il turno degli agenti. A 20 di essi è stata posta una domanda “grimaldello”, perché era più o meno retorica ma serviva per stappare altri vasi e strappare altre rivelazioni. “A prescindere dai risultati, chi è il miglior giocatore della NBA?”. La maggioranza ha risposto LeBron James. Molti di quelli che lo han votato hanno però aggiunto di non essere grandi fan del Prescelto. Aggiunta arrivata spontaneamente, nella maggioranza dei casi motivata dal concetto (non estraneo nemmeno a questa pagina) che posso riassumere con “la grandezza si riceve, non si chiede”. Un agente, solo uno, ha dato una motivazione diversa, e nella sua risposta è racchiuso un lato non chiarissimo nei comportamenti del campione dei Lakers.
Sappiamo che LBJ agisce in maniera pesante sul proprio GM di turno: per fare in modo che vengano cercati compagni di squadra a lui graditi e per fare in modo che ci siano pochi (meglio 0) under 26 nei roster delle squadre in cui gioca. E’ chiaro a tutti che LBJ funge da padrino di lusso per gli amici: JR Smith è tornato in campo guarda caso coi Lakers, e Dion Waiters anche: al contrario Rondo ha dovuto attendere di ri-firmare a luglio 2019 (non gli era stata fatta nessuna proposta, inizialmente) con i Lakers, perché non è esattamente il preferito di LeBron, ma alla fine là dove si cela il talento anche James abbozza. Quindi, fin qui, LeBron agisce “come se” fosse il GM, cosa che nella NBA è permessa, anche perché non fa altro che esprimere quelli che possiam chiamare caldi suggerimenti. Diverso discorso nelle parole dell’agente anonimo intervistato da The Athletic. Secondo l’agente, LeBron ha saltato il fosso: nella NBA è illegale per un giocatore rappresentare altri giocatori (ovvero discutere/decidere/imporre il salario di un compagno di squadra, per es.), ed invece sarebbe proprio quello che LBJ compie. Sotto la facciata che tutto sia svolto da Rich Paul (l’agente di LeBron), in realtà è James che recluta, tratta, imposta, impone. Questa sarebbe una violazione grave, e doppia, perché anche Rich Paul commetterebbe un’infrazione tale da potergli costare la licenza. Riporto da The Athletic le letterali parole dell’anonimo agente: “..e nessuno dice niente. Dovrebbe dire qualcosa anche l’Unione (il sindacato dei giocatori NBA, ndr) ma nessuno dice niente. Perché LeBron è potentissimo. Perché Rich Paul è potente, anche se ci sarebbe materia per espellerlo dall’Albo per cinque volte”. Rich Paul (39 anni) è fondatore dell’agenzia Klutch, un self made man che ha disturbato molti a partire dal 2012. Conosceva James dall’anno prima che LBJ entrasse nella NBA: Paul aveva un commercio di maglie da gioco vintage, e sapeva trovare quelle originali per i clienti migliori: vedendo lungo, procurò alcune maglie (Moon, Namath, Magic) a LeBron, e i due divennero rapidamente amici, tanto che il futuro agente fu da subito parte del Cerchio Magico Lebronesco. Grazie a ciò divenne il rappresentante di James all’interno dell’agenzia CAA. Nel 2012 lasciò CAA, fondò Klutch, LeBron lo seguì e in solo 8 anni ora rappresenta, tra i principali: John Wall, Anthony Davis, Ben Simmons, Nurkic, Lonzo, Trae Young. E’ possibile che l’anonimo agente abbia parlato solo per invidia o gelosia professionale? Sì. Esiste qualche indizio del fatto che LBJ operi un po’ troppo oltre le regole, operando quantomeno quello che nella NBA viene chiamato tampering (disturbare le trattative o i rapporti in essere di altri giocatori in modi e tempi non ammessi)? Anche qui la risposta è sì. In tutto questo mi ha incuriosito, per la tempistica, un fatto accaduto dopo l’uscita dell’inchiesta di The Athletic: nel giro di due giorni ha ripreso vita e forza mai avute prima la voce di Chris Paul ai Lakers. L’agenzia che rappresenta CP3 è CAA, ovvero quella “tradita” da James per dare impulso a Klutch (che aveva ben 5 su 15 atleti nel roster dei Lakers quest’anno) del suo amico Rich Paul. Detta in questi termini potrebbe sembrare la mossa decisiva per una tregua, una sorta di trattato di pace. E dove si fa la pace, c’è stata guerra.
The Athletic ha appena raggiunto il milione di abbonati, per la NBA si avvale di giornalisti del calibro di Shams Charania e David Aldridge. Le fonti anonime in USA sono regolate da un complesso apparato di regole che sarebbe lungo spiegare ora. Voglio dire che l’ipotesi di menzogne o esagerazioni è sempre in agguato, ma una testata come The Athletic non pubblica se non ha potuto riscontrare attendibilità nelle dichiarazioni della fonte.