Primo giro di coppie espletato: smettono definitivamente di giocare Pels e Raptors; avanzano ai PO Lakers e Hawks. Heat vs Bulls e MIN vs OKC per gli ottavi nomi.

1 – NON-SENSE. La gara tra LAL e MIN è stata una fiera del non-sense e una prova di qualcosa che sto pensando da un po’ riguardo la NBA. Il fallo di AD sulla tripla storta di Conley, costato tre tiri liberi e il pareggio di Minnie, è solo l’apice. Il punto è che la NBA sta cominciando ad avere, tra le proprie caratteristiche, essere una lega governata in gran parte dall’emotività. Non è più solo la innata tendenza all’egotismo e al “vediamo chi l’ha più grosso”, ora è proprio l’oscillazione emozionale imprevedibile (in cui, ovviamente, i più saldi e stabili vincono) ad avere governo sulle gare. Che i T’Wolves abbiano smesso, nel 4’ periodo, di praticare il sapiente gioco di tagli e incroci per sfruttare i passaggi del lungo in punta dopo il p’n’roll centrale, non ha motivo tecnico. La difesa di LAL aveva già tolto dal campo Edwards, vero (vedi 2, e in ogni caso MIN era lo stesso +15), ma non è salita di tono in modo particolare nel periodo conclusivo. E la preminenza politica di LBJ è stata molto relativa sui refs. Semplicemente, è bastato il quarto fallo di Towns, e il conseguente avanti-indietro dal pino, per mandare fuori di testa il giocatore, il coach, i compagni. I Lakers non hanno fatto miracoli e hanno segnato praticamente solo in transizione (4/22 dal campo nel quarto), ma hanno ripiegato in poco lo svantaggio e avevano vinto senza bisogno di OT, se non fosse arrivata l’idiozia di Monociglio. L’esagerazione delle emozioni è una caratteristica della modernità, anche nel piccolo mondo del basket pompa di continuo: pensate a quanti siti calcano la mano a suon di “eroi” e storie di cui si guarda solo il lato romantico e piagnone. La NBA non fa eccezione e sfrutta da qualche anno questa specie di tsunami emozionale: però ora vanno in campo quelli che, nello tsunami, ci sono cresciuti. E si vede da come NON sanno reagire.

2 – ANTHONY EDWARDS. A metà stagione disse: Mi aspettano nel pitturato, il mio gioco è diventato difficilissimo da mettere in campo. Parole di una guardia con mezzi atletici jordaneschi e perimetro incostante. I Lakers, invece, lo hanno isolato fuori. Intendo: con la palla in mano AE veniva raddoppiato e un terzo uomo era chiaramente destinato più a guardare lui che l’avversario di riferimento. Edwards, male guidato anche dal suo coach, ha sempre reagito nel modo sbagliato: schiacciando il campo, avvicinandosi alla linea ideale della lunetta prolungata. Questa gara di post-season ha mandato un segnale preciso riguardo il giocatore: pagnotte necessarie ancora tante.

3 – KENTUCKY MEZZE STAR. Altri segnali così-così, se parametrati ai mezzi e alle attese, continuano ad arrivare da Davis e Towns, accomunati dall’alma mater Kentucky e dal fatto di non essere proprio delle vereverissime Stelle.

4 – CLINT CAPELA. Non un talento stellare, ma di grande efficacia e costanza. Ogni tanto mette una firma pregiata, come nella W degli Hawks su Miami. Capela ha annichilito Bam Adebayo, nonostante i soli 3 tiri, i soli 4 pti, lo 0/4 ai liberi: 21 rebs e 2 stoppate, in solo 28 mins ha preso un terzo di tutti i rimbalzi dei suoi, per dare ai Falchi la supremazia decisiva (63 vs 39). A proposito: anche Bam viene da Kentucky. Se avremo modo, in una prossima uscita, dirò di coach Calipari.

5 – PROFONDITA’. Nella post-season le rotazioni si accorciano, ma gli Heat si sono ridotti a solo due veri contributi: Lowry e Martin, gli altri 3 scesi in campo fanno in tutto 16 mins. Ben diverso l’arsenale del pino di coach Snyder: 4 veri, col minor minutaggio a 14, e tutti in doppia cifra. Ad ATL benediranno per molto tempo l’arrivo, sotto silenzio, di Saddiq Bey.

6 – ZLVDMDR. Unione degli acronimi di Zach LaVine e DeMar DeRozan. Alfieri della W dei Bulls su Toronto, con una prestazione doppiamente old-school: 62 pti, 22/43 dal campo, poche triple (8 in tutto), 20/35 da 2, 16/20 ai liberi. Liberi: ZLV ne ha tirati 15 (vedi sotto).

7 – LIBERI. Che siano prestazioni vincenti o meno, desta impressione il modo di concessione delle lunette. Anche questo sta un po’ sfuggendo di mano ai refs, cioè alla NBA. I Bulls vincenti, per esempio, hanno avuto solo 3 giocatori con liberi assegnati; possibile? Non con questa costanza nelle partite, costanza che si consolida nei PO. Gli Heat, perdenti, hanno avuto Butler a 11, un terzo di tutta MIA; negli Hawks, vincenti, un terzo (9/27) solo per Trae; nei Raptors, perdenti, 11/20 del solo Siakam. E così via. Occhio, perché se questo andazzo discutibile continua diventano strafavoriti i Sixers.

8 – JOSH vs SHAI. Non ci sono disaccordi, almeno non sono noti a nessuno, tra i compagni Giddey e Gilgeous-Alexander. Ma la W di OKC sui Pels fa capire cosa significa incidere sulle gare. Ovviamente, in una partita decisa di 5, contano sia i 31 di Giddey che i 32 di SGA, ottenuti tra l’altro con lo stesso numero di tiri (22), canestri (11) e quasi le stesse lunette (SGA 8, l’altro 7) e minuti (41 e 42). Ma, grazie appunto a questo equilibrio, è più facile notare che nella gara Giddey (buon/ottimo giocatore) ha avuto un plus/minus di -3, Shai (un vero Signore del Gioco) di +15.

9 – TORONTO. Eliminati. Molti dei protagonisti sono in Canada da tanto, per i ritmi NBA. Siakam non ha fatto il salto definitivo nell’Empireo. Pare che l’ambiente abbia bisogno di una scossa, o di una specie di patto modello-Bulls/MJ per rendere la prossima stagione indimenticabile. Dipende molto, dalle decisioni di coach Nurse sul proprio futuro

10 – PELICANS. Eliminati. Arrivati decimati alla fine. Sempre senza Zion. Quando Zion ha giocato gare più o meno consecutive, Nola è andata 18-8 e per due notti ha guidato la Western Conference. Penso sia chiaro da chi dipende il futuro.