Non so da cosa derivi, ma essere 4 volte campioni ha un significato particolare ed ulteriore, nella narrazione sportiva. Come se 3 fosse una passeggiata e 5 non affascinante.
Forse è che il poker è 4, forse il ricordo doloroso che ancora attanaglia il cuore pensando a un tetracampeao mai divenuto tale, o le 4 tappe alpine vinte da Marco Pantani nel magico 1998 del Giro+Tour, forse il fatto che il quinto Wimbledon di Borg fu in realtà regno di McEnroe, forse ancora che siamo cresciuti con il mito della Coppa Rimet, che ponendo il traguardo a 3 fissava a 4 l’esplorazione del futuro e dunque una grandezza più intoccabile.
Quello che sia: buon per te, LeBron, assurto infine ad una grandezza meno contestabile, stanotte, vincendo Gara 6 delle NBA Finals vs i Miami Heat. 4 Anelli, 4 titoli di MVP delle Finals, e in un certo senso (CLE 1 e 2) 4 squadre frequentate nella caccia alla gloria. Non è una dinastia in senso classico, ma è una dinastia personale anche se quasi mai vissuta in solitudine. Anzi: proprio questo del 2020 è il Titolo di cui andare più fiero, secondo l’opinione dell’umile commentatore. Perché ottenuta in condizioni protette dal Covid ma non ideali, dopotutto, per lo sport: la Bubble ha mandato fuorigiri Bucks e Clippers, le favorite naturali, e ha fatto emergere le qualità degli uomini. Come il fisico da robocop, e il bisogno (non la voglia: proprio il bisogno) di vincere e prolungare quella che LeBron definisce la propria Legacy. Ancora, perché ottenuta con una squadra scarsina: un compagno degno in Anthony Davis, e un altro compagno efficiente in Rajon Rondo; tutti gli altri Lakers messi insieme formano a stento due giocatori, rivelando un peso che nemmeno nel 2016 James ha dovuto trasportare oltre il traguardo. Allora i medici di un convegno di medicina sportiva in Indonesia, un mese circa dopo il Titolo dei Cavs, definirono lo sforzo di James come “unfathomable”: mai visto prima in un umano, scientificamente inimmaginabile. Chissà come lo definirebbero ora, 4 anni più vecchio e meno aiutato dal roster di contorno: aiutato però, tanto, da un uomo che è un po’ il suo opposto; pancetta, stempiatura, voce non esattamente virile: Frank Vogel ha saputo insegnare tante piccole lezioni, difesa in primis, al “resto” della squadra, portando questi Lakers davvero estemporanei al primo posto in RS, ad essere costantemente tra le prime 3 difese della NBA 2020, e infne all’Anello. Le stagioni insolite hanno sempre avuto risultati non pronosticati: LeBron si giova anche di questo nel 2020, dopo averlo subìto nel 2012, mentre nel 1999 arrivò il Titolo di San Antonio, inaspettato ma fondante di una dinastia che proprio nel 2020 è tramontata. Ora i Lakers non sono in prima posizione per assurgere a dinastia: Anthony Davis, pur eccellente, ha confermato anche nella vittoria di essere non affidabile come franchise player. Intanto, però, sconfiggendo avversari e biologia umana, LeBron si accomoda su un trono più grande persino di quello NBA: quello dei 4 volte Campioni.