Manca pochissimo alle NBA Finals, dopo avere parlato dei Mavs è il turno di Boston.

JAYLEN. MVP delle Eastern Finals (Trofeo Larry Bird), con sua sorpresa. I trofei vanno spesso a giocatori sull’onda, come accaduto a volte per lo MVP delle Finals stesse. Steph aveva giocato molto meglio di Iguodala nella serie del 2015, eppure Andre aveva firmato alcune delle giocate più incisive e faceva figo dare il premio a un giocatore defense-first; meccaniche differenti ma discorso identico per Cedric Maxwell nel 1981. Stavolta gli analisti americani hanno messo da parte la gerarchia statistica, la gerarchia mediatica sempre implicita nelle valutazioni NBA e sono andati al nocciolo della faccenda riconoscendo, come detto altre volte qui, che il vero Jay è –Len. Tatum comanda i Celtics per punti-rimbalzi-assist, MA l’architrave della formazione è altrove. Brown è il giocatore cruciale di Boston, e un certo suo modo di essere sta diventando, invece di un fardello, un moltiplicatore di rispetto. Cocciuto, spocchiosetto, troppo innamorato della propria (innegabile) intelligenza: tutto vero, ma anche lavoratore instancabile, concreto, positivo, silenzioso. Il rispetto crescente è uno dei motivi dello MVP ricevuto, e si è notato in altri episodi. Per esempio il modo in cui Zach Zarba (capo-terna) e il replay center, in un instant-replay durato più della media in #4 vs Indiana, hanno laboriosamente circumnavigato la regola del Flagrant Foul (in questo caso FF1) per non essere costretti a espellere Brown, già titolare di un tecnico. Jaylen aveva commesso su McConnell un FF1 da paradigma: involontario, ma colpo duro + alla testa + mentre l’avversario era in volo cioè in posizione esposta. Alla fine la spiegazione è stata “Brown cercava la palla”: un equilibrismo funambolico dato il tipo di situazione tecnica. In quel momento i Celtics oscillavano -5/-7, potabile pensare si sarebbe andati alla quinta, ma il dato centrale è: una cosa del genere, un dribbling così accurato intorno alle parole del regolamento, si fa solo per i LeBron del caso; è qui la notizia ottima per i fans dei Celtics: ottima, almeno, per quello che è stato l’esito rapido della serie vs Indiana.

FACILE (?). Altra cosa che impazza in questo momento: la presunta facilità del calendario di Boston per arrivare alle Finals. La parte vera è la seguente: stante l’infortunio di Porzingis, i Celtics avrebbero faticato MOLTO di più se invece di CLE fossero arrivati i Magic e se invece di IND fossero arrivati i Knicks con almeno un paio di infortunati in meno; ricordo che OG Anunoby è la assoluta bestia nera di Brown. Il resto, cioè che i Celtics hanno giocato con Miami senza Butler, Cleveland senza Mitchell e Pacers senza Haliburton, è fuffa che non tiene conto che, Heat a parte, i biancoverdi hanno giocato sempre senza Porzingis.

MAZZULLA 1. “There is no stopping Luka and Kyrie”: le parole, da molti male tradotte, del coach di Boston. Parte di un discorso più lungo e pienamente centrato che esamina come Dallas tenda a giocare. I Mavs, guidati dal Duo, spezzano la gara in una serie di singoli possessi in cui il Duo non è nemmeno un duo, ma si divide il comando con una cadenza predominante ma non rigida: Luka primo tempo, Kyrie secondo tempo, ultimi 4 mins a Doncic. Se gli avversari seguono lo spezzatino e perdono di vista il proprio gioco (uno degli errori dei T’Wolves), finiscono sconfitti. Le parole vere di Mazzulla sono un’altra ottima notizia per i fans di BOS: “Non è questione di fermarli, ma di difendere su di loro ad alto livello, e di giocare una partita completa perché ogni possesso, e ogni parte del gioco, sono connessi tra loro”. Nelle intenzioni e nella comprensione del gioco, si direbbe che i Celtics sappiano di non dovere cadere preda dello spezzatino.

MAZZULLA 2. Compreso il sottoscritto, molti vorrebbero vedere una offense più varia e più mobile da parte dei Celtics, ma il loro coach ha come verbo assoluto non tanto le triple quanto l’apertura del campo, stirare lo spazio disponibile al massimo. Come visibile dalla foto, lo spazio che, con 5 tiratori affidabili in campo, si crea all’interno della riga dei 3 pti quando ogni uomo sta oltre di essa, è immenso. A quel punto è sufficiente un solo blocco (nell’immagine Horford / Tatum) per creare squilibrio nella difesa. Quello spazio, immediatamente e in riferimento alla difesa dei Mavs, crea una domanda: dove si mettono Gafford e Lively? I due centri hanno surclassato quelli di Minnesota in molti aspetti, il più eclatante quello delle stoppate e intimidazione al ferro: ma contro i 5 fuori dei Celtics il ferro può diventare molto lontano.

ADVANCED. Stili diversi, numeri simili. Le stats avanzate vedono una sola area di grande differenza tra le due formazioni: il net rating, BOS ha +10, DAL +4; la differenza nasce da un ritmo molto simile (92 vs 93 per DAL) e da un numero di possessi totali per gara sempre a favore di DAL per decimi (93.7 / 93.1). Significa che le esecuzioni di Boston finora sono state più accurate e infatti i Celtics sono avanti sia per % dal campo reale, che nella extended % (57 vs 55) che nella % total shooting (60 vs 58). BOS ha anche un rapporto ass/perse superiore a 2 e una porzione leggermente maggiore di canestri derivanti da assist. Avendo due lunghi molto dinamici (ed essendo i Celtics stati privati di Porzingis e ultimamente anche di Kornet), Mavs avanti per percentuale di reboff sul totale. Le advanced stats sono molto utili nel disegnare il carattere delle squadre, ma ovviamente descrivono il passato. Dalla immagine che ne esce risulta evidente che, al di là di ciò che è successo finora, Boston abbia due risorse finora del tutto o quasi del tutto inespresse: Porzingis e Jayson Tatum. Folle dire una cosa simile del capo per punti-rimbalzi-assists della franchigia? No, se si pensa che nei PO finora ha tirato col 44% totale dal campo, il 29% da 3 (a fronte di media/PO in carriera del 35%). Tatum deve fare il passo per entrare davvero nel cerchio magico NBA; Porzingis deve semplicemente tornare.