Jalen Green è un 2002, una sg grande e grossa (197 x 85), molto simile alla probabile Prima Scelta Assoluta 2020, Anthony Edwards.
Infatti è da tutti pronosticato come la prima chiamata 2021. Ha giocato e vinto in tutte le selezioni Under di T-USA, e ha deciso di fare la storia.
Sarà il primo prospetto di élite a lasciar perdere la NCAA e a siglare un contratto con il Programma di Sviluppo Giocatori lanciato dalla NBA: non firma per una squadra, ma per la G-League come struttura, e usufruirà di “NBA caliber coaching staff and development program”, secondo le parole del Presidente della G-League, l’ex Grizzly Shareef Abdur-Rahim. L’anno prossimo parteciperà al Draft, intanto è il primo prospetto di primissimo livello a entrare nel neonato programma e guadagnerà da subito, partendo da una base di 500 mila $$ cui aggiungere bonus relativi anche ai progressi scolastici. La NBA non sorvola sulla scolarizzazione, anche se al momento la parte scolastica è meno avanzata e strutturata di quella relativa al basket. Si sta concretizzando l’ipotesi da queste righe anticipata circa due anni fa, dopo il report della commissione di indagine capeggiata dall’ex segretario di stato Condoleeza Rice sulle malefatte della NCAA. Un rapporto amarissimo sulle irregolarità ed ipocrisie della NCAA: frodi sul reclutamento, soldi dati sottobanco alle famiglie dei giocatori, voti offerti benignamente pur di garantire il mantenimento delle borse di studio. Rice definì in TV nazionale “incomprehensible” la maggior parte delle regole sulla cui (non) osservanza aveva indagato e denunciato: “se qualcosa è incomprensibile e ipocritamente utilizzato, allora significa che è sbagliato”, per concludere che “secondo il nostro rapporto, e considerate le continue violazioni delle regole citate, è giusto ed è giunto il momento che gli studenti-giocatori (si parla di ogni sport, ndr) abbiano una parte dei profitti derivanti dalle loro prestazioni e dal loro lavoro”. Alla luce di ciò, “la regola del One-and-Done non è solo illogica, ma ingiusta”. Era Maggio 2018, poichè si trattava di una commissione di livello federale, in quasi tutti gli Stati dell’Unione si sta attendendo l’esito degli appelli a livello, appunto, statale, ma intanto il mondo è andato avanti. La NBA è andata avanti, creando il programma che sfrutta lo spot della G-League: il solo fatto che tale programma esistesse era una bara per la NCAA e la sua ipocrisia; la scelta rivoluzionaria di Jalen Green è solo il primo di tanti chiodi illustri. La regola One and Done era stata creata per impedire che gli atleti passassero dalla high-school alla NBA. In un recente post avevo mostrato come in realtà il grado di successo dei 44 che avevano fatto fughino fosse mediamente notevole nonostante qualche flop clamoroso. La NBA offre lo stesso anno di apprendistato, ma con sistemi migliori, retribuito, garantendo un’istruzione che non sarà mai peggiore dei voti “a casello aperto”. E non resta mai a crogiolarsi sui successi. Visto che 2 franchigie non hanno un team G-League affiliato (Blazers e Nuggets), sta portando avanti l’ipotesi di arrivare a 30 squadre di G-League accogliendo la candidatura ormai decennale di Città del Messico e aprendo alla possibilità di una formazione nel Sud della California (luogo di cui è originario Jalen Green, tra l’altro) in cui riunire i migliori prospetti del Programma. Maggio 2018 e Aprile 2020: due date che potrebbero essere inscritte sulla lapide dello sport NCAA per quel che riguarda le discipline con forti leghe professionistiche. In realtà l’esito logico del tramonto di un sistema ipocrita e criminogeno, tramonto che era iniziato, se pensiamo razionalmente, in un momento preciso: l’arrivo a Michigan dei Fab 5. Il fatto che 3 di quei 5 ragazzini fossero già a 18 anni greater than NCAA ma furono gestiti a puro vantaggio del mondo collegiale fu l’inizio della fine, cui la regola sciocca dello One-and-Done diede un’accelerata notevole.