BOS vince #7 facilmente, e la NBA si ritrova in un punto a suo modo glorioso.

1 – HARDEN. In #7 i Sixers si sono sfaldati e anche Harden è stato uno dei primi ad arrendersi. Più che sui i giocatori, però, l’esito negativo, l’ennesimo, pesa sulla gestione dalla panchina, e prima o poi Doc dovrà andarsene se a PHI vogliono vincere. Ultima a parte, hanno buttato via una serie in cui, per la prima volta da quando aveva cinque anni, Harden ha perso meno di 3 palloni/gara. Vuol dire che si è impegnato. Tatum di più: recordo storico NBA (primo a mettere 50+ in una gara/) e, per dire, 11.2 rebs di media nella serie.

2 – GABE VINCENT. “Forse” dovevo (tutti dovevano) parlare molto prima di Gabe-CHI?-Vincent. Incarnazione NBA del concetto di carneade, doppio passaporto USA/Nigeria, nato in California nel posto giusto, ironicamente: Modesto. Sta per guidare alle Conference Finals una formazione storica con allenatori storici ai posti-chiave (Spo il coach, Pat Riley il plenipotenziario). Guidare letteralmente, perché della squadra lui è la pg, e sta in campo 31 mins (+5 rispetto alla RS). Undrafted da UCSB, agli Heat dalla fine della stagione-Covid e più seriamente dal 20/21. Nei PO 2023 parte lui, non Lowry: non si tratta di un maestro del tiro (passa dal 42% al 24% tra battere MIL e poi NY) o di un mago delle visioni (galleggia sui 5 ass/gara), ma è un campione dell’essere importante senza farlo pesare e senza farsi notare. All’ultimo anno del contratto da rookie (undrafted, 1.815.000), in tutte le otto protagoniste delle conference semis solo un altro giocatore da quintetto guadagna meno di lui: Austin Reaves di LAL (1.563.000, rookie contract). Dal prossimo anno Gabe dovrà essere pagato molto di più.

3 – KEVIN LOVE. La signoria di Spoelstra su MIA è una delle più lunghe nella storia, ma ha i suoi motivi. Spo è uno degli allenatori più brillanti e insieme più adattabili mai sedutisi su una panchina, qualsiasi sport. Allena quello che ha e sa anche fare resuscitare. La carriera dei superveterani Love e Lowry è riemersa a MIA. Il dibattito “Doppio lungo sì/no e per quanto in campo?” è il tema tattico 22/23, e il coach degli Heat, dicendo la sua nei PO, ha condotto la formazione N.8 fino al posto che spettava alla N.1 del seeding. Dopo aver sorpreso i Bucks in #1, Spo ha visto bruttissimi segnali nel KO della seconda. Invece di sedere sul fattore campo ribaltato, è corso a veloci ripari. Gli Heat erano stati massacrati (anche nella W) sottocanestro, dove il povero Bam era troppo poco e troppo solo contro Giannis+Lopez. Allora Spoelstra ha portato Love in quintetto: KL è passato da 17 a 23 mins/gara tirando bene da 3 (13/30), ma la presenza del corpaccione in sé ha bilanciato il confronto lanciando gli Heat sopra i Bucks. Stesso discorso vs NY anche senza tirare bene (24% da 3) ma Knicks incapaci di passare oltre il rendimento naufragato di Julius Randle (meno 7 pti, meno 5% da 2, meno 6% da 3 tra RS e serie vs MIA), rendendo quasi scoreless il doppio-lungo di Thib.

4 – JALEN BRUNSON. I Knicks hanno avuto una grande stagione e PO positivi, il MSG è tornato davvero a ruggire. I Knicks sono una formazione molto giovane e hanno registrato un cambio di leadership. Ora THE MAN è Jalen Brunson, non più Randle. Il figlio di Rick è arrivato, si è guardato un attimo intorno poi ha preso le briglie: 31-5-6 arrotondando per difetto nella serie vs MIA, e la perla di #5 sempre in campo, 48 / 48 mins in un elimination game vinto da NY. Vi invito a considerare, sul totale della popolazione, quanti slavi in % a NY. Pensando anche che: NY ha un leader in calo ma ancora valido sul mercato, un ottimo asset come RJ Barrett, un lungo come servono ora ma rimpiazzabile (Robinson), un certo numero di anni di prime scelte da sacrificare; poi che Brunson già ha giocato con Doncic e non ne è uscito schiacciato, anzi amplificato.

5 – INFORTUNI, MA. Non dico che i Suns non abbiano avuto sfortuna, perdere prima CP3 e poi Ayton ammazzerebbe chiunque. Ma ancora una volta, come nelle Finals vs Milwaukee, coach Williams è sembrato davvero in ritardo a reagire in #6, quando da 27-26 si è ritrovato altri 29 pti di divario sulla groppa senza reagire. Un cambio (KD era in panca), un TO, qualcosa…

6 – BUBBLE. Guardate alle Conference Finals: siamo tornati là. A ricordarci del miracolo compiuto dalla NBA organizzando la Bolla che ha protetto la stagione ma anche, un pochino almeno per me, la psiche di tanta gente che poteva guardare la NBA e pensare un po’ meno al resto. Quello fu un Anello un po’ spurio anche, inutile negarlo, ma ora chiunque vinca avrà piena nobiltà. C’è anche un altro interessantissimo parallelo, ma vi tengo sulle spine qualche giorno.

7 – LAKERS FRWDz. Alla domanda Doppio lungo sì/no?, sia LAL che DEN rispondono NO. Il motivo è che gli uni hanno LeBron in ogni ruolo e gli altri hanno una coppia di ali di cui troppo poco si parla, sia a livello di talento/rendimento che a livello tattico. Gordon e Porter Jr sono infiniti, si completano perfettamente off/def e non hanno punti debolissimi. Vero, la difesa di Porter non è il massimo e ogni tanto Gordon perde il tiro, ma sono nel complesso davvero costanti. Altro dato: in attacco hanno il lusso di potere aspettare i palloni che gli vengono offerti da Jokic e Murray, spesso imbucano una decina di punti senza mettere giù un solo palleggio. Diventa molto importante, in questa ottica, quel sant’uomo di Pelinka, che quasi alla trade dead-line ha portato a L.A. Jared Vanderbilt, giocatore defense-first e team-first: è lui la chiave per i Lakers di nuovo alle Finals.

8 – JOKER. Detto questo, e riconosciuto che Jokic spesso è ingiocabile, resta vero un altro fatto. Ovvero: sono sicuro che la notte, prima di addormentarsi, nello stato di totale indifesa sincerità che precede la nanna, lui ammetta di non poter essere arbitrato più amichevolmente di come di fatto accade.