“Ora ci sentiamo come se dovessimo essere noi avanti 2-1”: Jamal Murray dopo la W di Denver in Gara 3.
Should non could; una certezza non una possibilità. In definitiva ha ragione: i Lakers avevano perso Gara 2, prima del suicidio di Plumlee. E hanno perso nettamente Gara 3, evidenziando tendenze pericolose e ricorrenti. Eccone l’elenco: piccolo vantaggio inziale dei Lakers, primo riposo di LeBron, immediato sorpasso di Denver; Anthony Davis, che ha evocato Kobe eccetera, 0 rimbalzi fino a 5 mins dalla fine: Monociglio non è un mamba, è un principino incostante inadatto a ereditare le redini della squadra da LBJ; Lakers con problemi sul perimetro (6/23 da 3) e pesanti conseguenze. Proprio questo dato è da valutare con maggiore attenzione, da più angolazioni. La % è ovviamente scarsa, ma notizia peggiore è che, di 8 uomini che han sparato triple, ben 3 hanno avuto 0 riuscita: Davis-Rondo-Green combinano per 0/10. Un solo giocatore, KCP, ne ha messa più di una, con un discreto 40% (2/5): escludendo lui, Lakers 4/21 da 3 ergo sotto al 20%. Quando sbagli così tanto è logico rinunciare a qualche sparo oltre l’arco, ma ecco il secondo problema: 26 triple su 83 tiri dal campo sono troppo poche; piaccia o no, oggi, con una ripartizione di tiri che tenga i 3 pti al 31% del totale non si vince, a meno di sfiorare il 50% di successi. Ultima angolazione: i Lakers in questo momento hanno bisogno di Rondo (che dopo MJ ha superato anche Kobe nella lista degli assist-men NBA nei PO), e per tenerlo in campo hanno bisogno che o lui in prima persona o il supporting cast abbia % decenti oltre l’arco; no triple, no Rondo…no Rondo, no assists e no difesa sulla palla. Nella sconfitta di Gara 3 i Lakers, oltre ad elementi negativi puramente tecnici, hanno mostrato segnali preoccupanti anche a livello di atteggiamento e impatto sulla partita. Che i 3 lunghi catturino in tutto 4 rebs è prestazione agghiacciante sotto il profilo della voglia di usare il fisico, in particolare da parte di Davis, e sulla capacità di usar la testa: Howard in 14 mins 4 falli + 1 tecnico. In generale aver evocato, anche un po’ a sproposito, la presenza del Mamba, la Mentality, la Kobe’s Legacy non ha certo giovato né aperto grandi nuove simpatie a LAL. Kobe, per tanti motivi compreso quello più triste di tutti, non è “proprietà” di un solo team. Poi le condizioni fisiche: alla fine AD era steso come un tappeto, e anche James rivelava la fatica di dover sempre trainare gli altri 11 compagni (stanotte 31-10-11 per lui, 8-2-2 nell’ultimo vagito gialloviola tra 8 e 4 mins al termine). I rumors da tanti forum di tifosi Lakers, in cui si faceva gossip di un infortunio di James tenuto nascosto, paiono smentiti dalla prestazione, ma l’età intacca un pochino anche Robocop.
L’altro lato ha mostrato che i Nuggets sono estremamente a loro agio nella Bubble, e la prestazione di stanotte ha rivelato l’assenza di contraccolpi psicologici dopo il suicidio di Gara 2. Jokic e Murray, come sempre e come logico che sia, si sono divisi il palcoscenico; ad entrare per primo è stato il Serbo, mentre il Canadese ha chiuso: non solo le due triple della sicurezza, ma anche il dato non secondario che 3 dei suoi 4 centri da 3 sono arrivati nel secondo tempo. Nuggets solidi psicologicamente: anche per come si sono ripresi dalla rimonta di LAL, generata da un passaggio a vuoto in cui i ragazzi di Malone hanno perso 9 palloni nei primi 6 mins del quarto periodo. Di quelli, ben 6 consecutivi, quasi senza riuscire a varcare metà campo: nel frangente Rajon Rondo sembrava avere 96 braccia, ma l’inerzia gialloviola è stata arrestata dalla tripla del pareggio (98-101) sul ferro da parte di KCP: da lì in poi solo Jamal.