In una giornata di apparente calma sul fronte degli allenatori la NBA assiste alla capitolazione degli Spurs, sconfitti dalla troppa aderenza alla propria leggendaria Cultura.
CHESAPEAKE ENERGY ARENA, OKC. SA SPURS 99 – OKC THUNDER 113
E siamo qui a salutare un risultato che dopo Gara1 pareva impossibile, poi dopo il pareggio guidato dall’arbitraggio è diventato possibile, quindi probabile ed infine quasi logico. Diciamolo subito: nessuna storia nè tecnica nè arbitrale in Gara6. Ma più che della aprtita in sè vorremmo aprlare dei motivi, perchè, poche storie, la notizia che esce da Oklahoma City è l’eliminazione degli Spurs con tutto ciò che l’accompagna, molto più dell’accesso dei Thunder alle Conference Finals.
La Spurs-Culture ha eliminato gli Spurs. L’inizio era stato buono: Spurs sopra 16-10 e 19-13, poi…a metà tempo nell’intervista-lampo di rito, Pop ha fornito a Doris Burke la sua interpretazione del “poi…”: siamo andati bene all’inizio, fino a che “our subs went crap”, fino a che, messi in campo i sostituti, questi han giocato da schiappe. Vero, ma da passare ad un vaglio più attento. Ginobili-Martin-Anderson-LMA-West: il quintetto con cui SA ha affrontato gli ultimi 3 minuti del primo tempo non aveva MAI visto campo insieme. In quei 3 minuti, tra siccità offensiva e difesa bucata, gli Spurs hanno accumulato un terzo dei 24 che avevano sul groppone at the half. Le riserve degli Spurs si erano terribilmente arricchite durante la stagione, con l’arrivo di Andre Miller e Kevin Martin e la crescita di Kyle Anderson, Jonathon Simmons e Boban Marianovic. Però i due più esperti, Miller e Martin, non avevano quasi mai visto campo. Così come Diaw, il discepolo monello, aveva visto ridursi di molto i minuti a sua disposizione fino al NE di stanotte. La panchina di SA non è stata valorizzata durante la stagione, in ragione del fatto che non tutti i giocatori si adattavano non tanto al gioco-Spurs, ma alla Spurs Culture. Martin, per esempio, è un realizzatore puro, uno da 20+ di media in 12 stagioni nella NBA, e ovviamente giocatori di questo tipo, abituati alla peggio ad agire da sesto uomo, si arrigginiscono a venire usati come occasionale grimaldello da 3 minuti in campo. Quello era un lavoro che riusciva benissimo al Beli, non a uno come KM. Che infatti stanotte ha davvero giocato da schiappa, ma non proprio per colpa sua. Aderire a un sistema vincente, ripercorrerlo, non sempre è sinonimo di successo garantito. Anche la malcelata preferenza che Pop aveva per incontrare i Thunder piuttosto che i Clippers è stato un peccato di eccessiva fiducia nel proprio sisteme e nelle proprie valutazioni. Stanotte, e in generale nella serie, sono venuti a galla i difetti che l’eccesso di Spurs Culture ha fatto nascere negli Spurs. OKC è una squadra più atletica che tecnica, e più talentuosa che efficiente. Eppure conserva una dose di imprevidibilità che ha decisamente sorpreso gli Spurs. Non ci si poteva aspettare un rendimento da segno + da parte di DIon “Grandine sulle Vigne” Waiters, eppure è arrivato. Roberson è un gran difensore, ma aveva totalizzato nelle 5 gare precedenti 4 punti e 0/8 da 3: stanotte ha infilato due triple su due nel primo tempo contribuendo in maniera determinante alla frana che ha sepolto gli Spurs. Randy Foye non è un campione e non allaccia le scapre a Kevin Martin, ma lo ha tolto dal campo e lo ha stoppato in un frangente determinante. Queste seconde linee di OKC iniziano fin dal quintetto (Roberson) e potevano segnare una differenza drammatica per i Thunder e positiva per SA, invece è stato il contrario, perchè il talento, ad Alamo, il talento e la imprevedibilità, sono stati sacrificati alla Spurs Culture, e il talento più cristallino, quello di Kawhy The Hidden MVP e di LMA non sono stati sufficienti. Qui si innesta la parte emotiva e comprensibile dell’eccesso di Cultura Speronica: la scelta di andare a finire, se finire si doveva, con Tim-Tony-Manu in campo. A SA è mancata terribilmente una figura atletica nel pitturato: Duncan-LMA-Marianovic-West-Diaw sono tutti giocatori di non elevata atleticità; è mancata più o meno la stessa cosa anche nello spot di pg (Tony-Mills), e aggiungeremmo anche un briciolo di inventiva (leggi: inventarsi da solo qualche tiro) nello spot di sg, perchè Green è un giocatore abbastanza robotico, per quanto eccellente; le chances di poter rinvigorire almeno il back-court non sono state sfruttate, rendendo minima la partecipazione di Martin-Miller-Simmons. Duncan finirà, Ginobili al 99% finirà, Parker probabilmente no. Pop chissà: sia che resti, sia che si trasferisca nell’ufficio al piano di sopra, lui e il suo sostituto dovranno inniettare di nuovo imprevedibilità al sistema di SA, che resta valido ma ha bisogno di una spruzzata di vivacità e di vigorìa atletica. Non si tratta di ricostruire, ovviamente, ma di innervare ciò che esiste.
E veniamo ai vincitori, che fanno meno notizia anche nel momento in cui si issano alle Conference Finals. Sono tonici, sono giovani, sono a caccia. Stanotte KD 37+9 col 50% al tiro; RW 28-3-12, ma le solite 6 perse; e Adams, che gioca la metà delle sue gare prigioniero dell’emicrania, ha messo la doppia-doppia a 15+11. Loro 3 insieme a Ibaka e Kanter e al difensore Roberson (che in ogni caso ha segnato 14 con 3/5 da 3 per eliminare gli Spurs) sono le costanti per coach Donovan (a proposito: complimenti). In una stagione tragica, che ha visto la squadra segnata per 3 volte dalla morte (Ingrid Williams la moglie di coach Monty in un incidente stradale, uno dei mebri della proprietà in un incidente non chiarito, dai contorni di suicidio, il fratello minore di Waiters in una sparatoria nei sobborghi di Filadelfia), stanno giocando a livelli che avevamo ipotizzato in pre-season, ma che poi non si erano mai visti in regular season. I GS Warriors sono una specie di barriera del tempo quanto a difficoltà per superarli, ma chissa…
Serie 4-2, OKC avanza alle Finali di Conference e lascia gli Spurs a salutare i loro inimitabili Campioni.