Battuti ma non asfaltati (e dubitate che chi lo dice abbia davvero visto la gara) i Rockets in Gara6 delle Western Conference Finals.
Non badate al 115-86 finale : è arrivato tutto nel quarto periodo, quando Houston ha trovato solo 2 possessi positivi (ovvero conclusi con punti o un fallo subìto) sui primi 24. I 22 fallimenti erano nutriti non solo da errori al tiro, ma da errori ai liberi, 5 perse e 2 air-ball. Dal tentativo 25 in poi Harden (32-9-6 con 3 rec ma 9 perse) è stato richiamato in panchina da D’Antoni: bandiera bianca ufficiale, anche se a onor del vero GS era già sopra di una ventina. La Oracle Arena, in questa serie, ha visto i due peggiori quarti periodi di entrambe le squadre: solo 12 pti gli Warriors in #4, solo 9 Houston stanotte in #6. Così, trovando GS la possibilità di giocarsi tutto alla settima a Houston, accade che per la prima volta dal 1979 entrambe le Conference Finals arrivino a Gara7: allora i San Antonio Spurs (SA e Houston nella NBA a 22 squadre erano ad Est, nella Central Division) persero dai Washington Bullets e i Seattle Supersonics (lacrima di nostalgia, ma torneranno) sconfissero i Phoenix Suns.
Grande parte ha avuto ovviamente l’assenza di Chris Paul per l’infortunio muscolare a fine Gara5: non solo è mancato il suo apporto, ma Harden è stato costretto ad un superlavoro che lo ha condotto al KO tecnico per stanchezza. A fine terzo periodo la Barba aveva giocato 35 dei 36 mins dell’orologio.
Asfaltati: non può esser detto di nessuna squadra che abbia condotto fino a +17 nel corso di una gara. I primi 20 mins di Houston sono stati di rara determinazione: grande difesa (sfruttando il nervosismo di GS, in particolare di Durant, 23-7-4 ma 6/17 dal campo e anche 4 liberi sbagliati) e attacco ancora migliore. La Offense dei Rockets aiutava non poco gli sforzi dietro: pochi palloni persi (tolti contropiede e transizione a GS: a metà i fastbreak points dicevano +11 Rockets) e tante triple imbucate (ogni volta che gli Warriors riuscivano a mettere punti in sequenza la corsa appena iniziata veniva stoppata da una tripla di HOU). A proposito di triple: si è fermata a 22 la serie di errori da 3 consecutivi di Harden, iniziata a metà di Gara4, e, rimanendo più o meno in tema, a 40 liberi senza errori si è fermato Durant.
Arbitraggio: rispetto alle altre gare stavolta GS non può lamentarsi, e la terna comprendente Ken Mauer e Ed Malloy sta servendo il Gioco molto meglio di quella capitanata dal miglior arbitro attuale della NBA, Scott Foster, frenata dalla presenza di Tony Ineffabile Brothers.
Migliore: senza dubbi Klay Thompson. Se Steph è il Game-Changer senza cui nulla sarebbe iniziato, Green il collante e Durant il diamante aggiunto per tentare la perfezione, Klay è il simbolo tecnico di tutto ciò che gli Warriors sono. L’uomo che nel Dicembre 2016 segnò 60 tenendo la palla in mano per qualche decimo meno di 90 secs totali, stanotte ha giocato al suo meglio: 35-6-2 con 4 rec e tantissima difesa su Harden segnando 9 triple su 14 (il giorno del record fu 8/14..). Quando Klay trova il proprio gesto con tanta perfezione segna davvero senza guardare, e questo giocatore immenso è spesso messo in ombra dalla essenzialità del suo basket: raro vederlo tirare da 3 da 9 metri per far male ai cervelli avversari, come capita a Steph (anche stanotte un 30footer nel primo quarto). Klay se può sta coi piedi ai limiti della linea, segna e poi prende Harden a tutto campo in difesa, costringendolo alla persa (altra sequenza da stanotte).
Nei terzi periodi di questi PO 2018 gli Warriors hanno un differenziale positivo di circa 6 pti: stanotte lo hanno dilatato a 17, aggredendo ed erodendo subito il +10 che Houston aveva accumulato at the half: 8-0 in un minuto, e gara in realtà già finita..lo potevi vedere nello sguardo di D’Antoni che chiedeva TO. Tecnicamente quel che ha distrutto la bella costruzione dei Rockets sono state le palle perse, accumulatesi a partire dagli ultimi 4 mins del secondo periodo, ben 21 alla fine. Poco dopo sono cominciate a crollare anche le % da 3: 13/26 nel momento del primo sorpasso Warriors con 9 da giocare nel terzo, 15/39 al minuto 48.
Alcuni momenti o numeri simbolici di questa gara dalla parte di GS sono stati appunto il tiro da 3 con cui Curry (29-5-6 con…3 stoppate..) ha sancito il compimento della rimonta, oppure le stats di Dray-G: non lo vedi ma lo senti, capeggia sia assists che rebs dei suoi (9 e 10), molla 5 stoppate, ma, anche, fa sciocchezze come una tirata di maglia “calcistica” a centrocampo su Ariza, non vista dai refs. Da parte di Houston, oltre ad Harden, il simbolo del buon momento è stato l’inizio di Eric Gordon (19 con 12 tiri), che, trasportato in quintetto, ha colpito sia in penetrazione che oltre l’arco (4/4 per poi finire con due errori); ciò che ha portato alla sconfitta è impresso in un’azione di inizio quarto periodo: Harden per 20 secs palla in mano senza fare assolutamente nulla, per poi sparare un piccione senza casa.
Saranno due Gara7, quindi: su quella a Houston pendono gli interrogativi determinanti Paul/non Paul e Iggy/non Iggy; su quella a Boston non pendono interrogativi, perché Kevin Love è stato inserito (con strano ritardo) nel Concussion Protocol e non ci sarà. Sarebbe stata davvero insolita la sua presenza; Love ha subìto due concussioni nel 2016 e in Gara6 è rimasto a terra quasi 3 mins: impossibile passare le maglie sanitarie che, in casi come questo, ti fanno star seduto anche se la nonna ti tira un coppino.