Gara2 ad Ovest va ai Rockets, che pareggiano la serie con una gara da Rockets.

Il procedere delle due Conference Finals fa entrare in gioco un pensiero che pareva impossibile fino a una settimana fa. Forse, ripeto: forse, vincere ad Ovest non equivale a mettersi già in tasca l’Anello. Il livello di gioco espresso da GS e HOU non è così superiore a quello espresso dai Celtics (e limitatamente a Gara2 da CLE).

 

TATTICA. Coach D’Antoni oltre a chiederne 55 ad Harden (27-10-3) aveva detto che i suoi Rockets non avevano nulla da cambiare nel loro sistema di gioco. Verissimo: erano necessarie maggiore attenzione e migliore mira; cambiare repentinamente gioco non è un’opzione attuabile quando si tratti di una formazione-sparatutto così estrema. Qualche aggiustamento, tuttavia, è stato portato in difesa, e le scelte di D’Antoni sono state anche aiutate da imperfette letture di Kerr. I Rockets hanno scelto di cambiare assolutamente sempre e in qualsiasi situazione, senza curarsi di portare Paul su Durant o Capela su Curry; ancora, hanno fatto una religione dell’anticipare col massimo di rischio le linee di passaggio sulle ali: altra mossa efficace, perché ha tolto ossigeno a Klay (mai in partita, 3 perse nei primi 3 mins, 3/11 alla fine). Dicevamo dell’aiuto che le mosse difensive di D’Antoni hanno ricevuto dal comportamento di GS: le linee di passaggio chiuse ai lati hanno obbligato Steph a molte penetrazioni centrali, e Curry è andato fuori ritmo (7/19 al tiro 1/8 da 3), forzando spesso senza attendere un secondo giro di palla che avrebbe potuto più efficacemente liberare Klay. Curry spesso in area dunque, in mezzo ai tentacoli di Capela o al corpaccione di Tucker (MVP con 22-7-4, 8/9 al tiro e tanta difesa), e spesso a terra: cosa mai consigliabile per un giocatore diventato quest’anno particolarmente delicato, e reduce da lungo stop. Per ovviare a Klay fuori partita e a Curry preda della tonnara, Kerr ha mandato spesso in post-basso Durant, ovvero la posizione in cui la ricezione è più semplice ma l’attacco più complicato, con conseguenze sulla reale incisività dei possessi (38 con solo 22 tiri, ma peggior plus/minus della gara a -28).

550 e 3. 550 sono i palleggi effettuati da Harden in Gara1: KD+Steph+Klay insieme 549. Questo dice della fatica che aveva attanagliato la Barba nel finale di Gara1, ma dice anche che il gioco di D’Antoni non è “rivoluzionario” come tanti sostengono: è palla a quello forte e gli altri ad aiutare. 3, invece, erano i punti in contropiede segnati dai Rockets in Gara1: pochissimi, e superati già nel primo minuto di Gara2. La W dei Rockets si spiega ovviamente anche con le % nettamente migliori da 3, ma soprattutto con la velocità con cui sono riusciti a giocare: dimenticati, per loro fortuna, i ben 29 tiri presi dopo il diciottesimo secondo in Gara1. Grande ruolo in tutto questo ha avuto Eric Gordon: 27 con 6/9 da 3 per il Sesto Uomo 2017. La velocità che Houston ha potuto dispiegare ha avuto, anche lei, un aiuto da GS: partita pigerrima dei ragazzi di Kerr e di Kerr stesso, simboleggiata dallo 0/7 da 3 e dalle 7 perse del primo quarto.

CAPELA E PAUL. Lo Svizzero non ha un proprio campionario offensivo (5+10 con solo 3 tiri), ma è diventato un giocatore serio: stanotte, nell’eseguire il principio del cambiare sempre, ha limitato con successo, quando era il suo turno, anche KD. Paul (16-4-6), invece, sta diventando, forse per la paura di finire la carriera senza Titolo, un giocatore davvero sporco. Il suo gomito, come detto anche nello scorso report, è sempre contro qualche avversario, per non parlare di spinte e sgambettini. Stanotte dopo 3 mins aveva 2 falli: dovevano essere 4.

FUTURO. Ora la serie si sposta alla Oracle Arena, col fattore campo ribaltato. Se Gara2, in un certo senso, poteva essere un colpo gratis per GS: beh, non lo hanno capito, e ora hanno davanti due gare dal costo salatissimo. Molti commentatori USA avevano cambiato idea repentinamente, passando dall’esaltare i Rockets a definirli “la prima squadra a vincere la RS che verrà eliminata 4-0 al primo turno dei PO”. Gli ascolti e i contatti dei media per la NBA in USA sono assurdi, superiori a quelli che si verificano per le elezioni presidenziali o in caso di attentati e sparatorie: anche per questo gli specialisti americani a volte le sparano grosse. I Rockets non erano e non sono morti, e come sempre quando son loro di mezzo: occhio agli arbitraggi.