Torna la rubrica del Meglio e Peggio della NBA. Raggruppando le prime tre settimane di gioco abbiamo selezionato 5 scelte per ognuna delle due categorie. Per ora, trattandosi di due situazioni troppo clamorose sie nel bene che nel male, terremo Steph Curry fuori dai Top e i Philadelphia 76ers fuori dai Flop. Per ora.

TOP
5- Nel podio allargato il gradino più basso è di Derrick Favors. Che avesse talento si sapeva, che riuscisse sempre a tradurre in rendimento le sue potenzialità era cosa assai più difficile. Quest’anno ha iniziato alla grande, con grandi numeri e, soprattutto, grande leadership. L’avvio molto positivo dei Jazz è in gran parte opera sua, anche per aver saputo caricarsi la squadra sulle spalle in coincidenza con la partenza timida del leader riconosciuto dei Jazz, Gordon Hayward. I numeri puri dicono: quasi 16 pti, quasi 9 rimbalzi, 5 doppie-doppie in 13 gare; nel grafico a torta delle statistiche dei Jazz, le sue rappresentano il 18% del combinato totale, una percentuale da grande giocatore, giocatore franchigia. Tra le cifre più sorprendenti, prova della sua concentrazione, citiamo queste: 22 perse e 25 recuperate finora.

4- Al quarto posto Jae Crowder e Kyle Lowry, titolari della leadership nei palloni recuperati. Divisi solo da 5 millesimi di punto, abbiamo deciso di metterli insieme nella nostra classifica. Tra i due il meno atteso è sicuramente l’ala dei Celtics, che si giova della fenomenale difesa di squadra attuata finora da Boston. Lowry, invece, trae beneficio dall’essere dimagrito sensibilmente rispetto allo scorso anno, in particolare rispetto al finale di stagione.

3- Anche al terzo posto accomuniamo due figure: il coach e la pg dei Dallas Mavs. Noi, e molti con noi, non ci aspettavamo tanto in alto i Mavs in questa stagione: invece sono terzi ad Ovest (9-5) e tanto merito va al loro coach, Rick Carlisle. Già condottiero del Titolo vinto da WunderDirk & CO. nel 2011, l’ex Celtic sta per ora conducendo un capolavoro di stagione. Tra le perle della sua gestione anche la resurrezione di Deron Williams. D-Will pareva perso al grande basket, tramortito dai dollari e dall’indolenza in quel di Brooklyn. Invece, ritornando a Dallas, ha trovato un ambiente professionale e stimolante, e si è rimesso a pedalare su quei gamboni che si ritrova. Sono lontani, eppure risalgono solo allo scorso anno, i tempi in cui veniva ridicolizzato da Smart e da Lowry, in due gare che probabilmente ancora tormentano il suo sonno. Quest’anno era arrivato, per esempio, a 40/40 prima di sbagliare il suo primo tiro libero stagionale proprio due notti orsono contro OKC.

2- Lo chiamiamo da due anni Bimbone, perchè è enorme e giovane. Al secolo il suo nome è Andre Drummond, e in questa stagione è di molte piste il miglior centro NBA, ed in questo momento la lotta per MVP stagionale vedrebbe impegnati lui, Steph e Paul George. La maturazione del nostro Bimbone comincia a completarsi, e molto del buon avvio dei Pistons riposa nei suoi meriti. Meriti che spaziano dalle 12 doppie-doppie consecutive alla striscia di 14 ancora aperta di doppia cifra nei rimbalzi, alle 3 partite in doppia cifra ai 20 (20+20, 25+29, 29+27), per arrivare alla media di 18.6 +17.8 che sta tenendo finora. Grandioso Bimbone.

1- E’ vero, gioca sul velluto perchè a fine anno molto probabilmente se ne andrà, molto probabilmente verso LA, molto probabilmente sponda Lakers. E ci dispiace, in un certo senso, metterlo davanti al suo nemico N.1 della passata stagione, ossia il coach che, non sopportandolo più, lo mise (giustamente) fuori roster. Ma Rajon Rondo è tornato. E, se amate il basket, questa non può non essere una notizia da gradino più alto del podio. Continuiamo con le ammissioni? Vero, è sempre più intrattabile e ingestibile e cocciuto nel suo essere diverso da tutti. Il che, considerando che invecchiando certe caratteristiche peggiorano, è normale e inevitabile. Ma insomma, un inizio di stagione con 4 triple-doppie (e 2 mancate per uno e due rimbalzi), una gara da 20 assists e una da 18, quasi il 33% da 3 punti (miracoloso, per lui)…RR è tornato, e oltre ai numeri, come sempre, porta quella inspiegabile bellezza che, caratteraccio indisponente a parte, lo fa amare da chiunque ami il basket.

FLOP
Per i malestri usiamo l’ordine inverso, dal peggiore al meno peggio.
1- Derrick Rose. Offresi ex MVP della NBA a prezzi modici. D-Rose è senza dubbio uno dei più sonori tonfi di questo inizio di stagione. Il rendimento altamente insuffciente si unisce alle litigate nel locker e alle conseguenti voci su un non lontano addio alla sua città natale. Sta tirando in maniera agghiacciante: in 10 gare giocate 4 volte sotto il 30%, una sola al 50%, una al 48, e le restanti tra 30 e 42%. Aggiungete scelte di tiro spesso insiegabili. Aggiungete un differenziale di -20 tra recuperi e perse. Aggiungete un plus/minus negativo (-7) quando lui è in campo.

2- Dwight Howard. Che dire di un giocatore che non può giocare i back-to-back e che mediamente salta per infortuni vari minimo un terzo delle gare da due stagioni a questa parte? Che dire quando quel giocatore stimola la fronda vs il suo allenatore, contribuendo a causarne il licenziamento, e continua a saltare gare per non meglio specificati problemi alla schiena invece di giocare un po’, almeno un pochino, sul dolore e stimolare lo spogliatoio? Che dire di uno che fa più moine e tragedie di una diva di Hollywood anni ’40? Che dire di un differenziale perse/recuperate di -23 in 9 partite? Che dire di Dwight Howard?

3- Brooklyn Nets. Abulia, inefficienza fisica, deconcentrazione. Svogliatezza, ingenuità tattica, incapacità quasi totale di aggredire le partite. Sono caratteristiche che accomunano quasi tutti i Nets, giocatori e staff. Salviamo solo Gemello Brooke e il rookie Hollis-Jefferson. Tra i peggiori, Joe Johnson e Andrea Bargnani.

4- Kenneth Faried. 12.5 + 9.1 non sono numeri da buttare via, ma quello che manca, e manca dall’anno scorso, a Manimal Faried è lo spirito animalesco che gli era valso il nickname. Il suo minutaggio oscilla tra 14 e 40, minimo e massimo di stagione, ma non è mai eccessivamente corposo: coach Mike Malone lo apprezza ma non stravede per lui, e si affida ad elementi più tecnici. La non pulizia dei fondamentali di Faried gli sta facendo perdere alcuni autobus importanti, e non escluderemmo una trade che lo veda coinvolto.

5- Doc Rivers. Non è tutta colpa sua, perchè il locker dei CLippers è una polveriera, costantemente rimpinzata di nitrati da CP3 e DAJ. Inoltre fare basket a Clippertown, frazione di Paperopoli lato Paperino, non è la cosa più semplice del mondo. Però Doc ha responsabilità nell’ostinarsi a non dare ai Clippers un gioco che non sia il pick and roll centrale per Paul, l’estemporaneità di Jamal Crawford o l’ 1 vs 1 di Griffin. Titoli se ne vincono pochi in questo modo, per non parlare del fatto che ora i Velieri sono sotto al 50%. Navigazione tra gli scogli per coach Rivers….