NCAA F4 su ESPN, presentazione dei quintetti: inizia Butler.
Davion Mitchell, nel balletto verso i compagni, un po’ coperto dal rumore degli effetti sonori e del (pochissimo) pubblico ammesso, dice: Paint it black. Probabilmente non conosce la genesi della canzone dei Rolling Stones, ma il significato più immediato è a disposizione. Mentre Gonzaga è la N.1 imbattutta e letteralmente farcita di ragazzi bianchi, Butler è la N.2 un po’ in sordina, profondamente black. L’energia dirompente dell’inizio di Butler (Gonzaga senza segnare fino allo 11-2, e due palloni deviati sui primi due passaggi degli Zags) è tutta lì: nel desiderio di divorare la gara da parte di ragazzi provenienti da un’ateneo del profondo Texas, quasi al centro del triangolo Dallas-Houston-San Antonio, un roster composto nella quasi totalità da nativi del Sud degli USA, Lousiana, Georgia, Texas. Un durissimo colpo, di tecnica-fisico-testa, inferto all’esponente più alla moda della nuova aristocrazia NCAA da parte di “…cagnacci come noi, che loro (i Bears) non avevano mai visto davvero all’opera”, parole del massiccio Myles Tate, primo dei suoi a divorare i tabelloni di Gonzaga contribuendo a 4 rimbalzi offensivi nei primi 5 possessi. Finalmente la città di Waco, sede del college, sarà famosa non più solo per esserlo del movimento davidiano, i cui adepti in gran parte si immolarono davanti a FBI, ATF e National Guard nel purtroppo celeberrimo incendio. Ha vinto, anche, la squadra che più di tutte gioca secondo precetti NBA, una formazione che vive di palloni recuperati + contropiede oppure isolation e triple, di certo non bella quanto Gonzaga da vedere, ma altrettanto ben allenata. Dall’altro lato, è crollato il sogno della Perfect Season, e sono un po’ retrocessi a livelli di qualità più consoni alla realtà alcuni giocatori ed episodi che le W degli Zags avevano fatto diventare più grandi del dovuto. Primo tra tutti il giocatore “quintessenza del basket NCAA” (parole del suo coach): Corey Kispert. Così come per il Michigan Franz Wagner, faccio fatica a comprendere come possa valere il primo giro di scelte al Draft, e ribadisco il mio pronostico che si tratta di un Max Strus più fisicato e rimbalzista. Idem per il centro Drew Timme, che presumibilmente farà la fine di Przemek Krasnowsky, il centro di Gonzaga campione NCAA 2017, insignito del Kareem Abdul-Jabbar Award come miglior pivot dell’anno (!!!), ed ora fatica a mettere insieme doppie-doppie nello Zielona Gora. La sconfitta non dovrebbe aver fatto perdere posti al Draft a Jalen Suggs, ma di certo ha ridimensionato il suo game-winner da quasi metà campo vs UCLA (una sederata di tabella), facendolo apparire per quel che, a livello NBA, è attualmente: Landry Shamet con più fisico e agonismo.
Del tutto diverso il discorso per i due talenti principali di Butler: Devion Mitchell è lo NCAA Defensive Player dell’anno che infila anche 3/3 da fuori (1 tripla) per mettere subito la Finale nella pista giusta, ottenendo uno dei due falli in 5 mins che hanno messo a nanna proprio Jalen Suggs. Jared Butler è una sg nel corpo di una pg, ma ha dimostrato di saper tranquillamente distribuire il gioco, con 27 pti e 7 ass nella Finale.
Se la vittoria di Butler avrà un seguito anche per la cultura del gioco collegiale, avremo una NCAA molto più simile alla NBA; più capace di essere palestra per il livello superiore, invece che l’orribile royal rumble che, ultimi turni del Torneo esclusi, è diventata negli ultimi 20 anni. Infine: si ritira coach Roy Williams, al suo posto Hubert Davis, ex TarHeel e primo nero alla guida dei biancazzurri; anche questo è segno dei tempi che cambiano. Grazie al cielo.