Prende il via un nuovo appuntamento curato da Matteo Cardinali, new entry tra le special guest di Baskettiamo.com. Il buon Matteo ha deciso di sottoporre ad un tormentone di domande un’altra prestigiosa nostra special guest, Enrico Campana come sempre pronto a rispondere senza peli sulla lingua.
Dal botta e risposta tra “Matthew and Henry” verrà fuori di volta in volta un intrigante dibattito sulla palla a spicchi che ci porterà a capire…PER CHI NON SUONA LA CAMPANA, titolo di questa nuova rubrica.
Buon divertimento
Salvatore Cavallo – Direttore Baskettiamo.com
Tanto basket in televisione in questi convulsi giorni di playoff del campionato italiano e tanta carne al fuoco delle varie inchieste della magistratura. Decido di andare ad ascoltare il parere di uno dei più illustri giornalisti italiani, una penna lucidissima nascosta sotto il rado pizzetto e l’acuto sguardo da cronista d’assalto, stile Washington Post a.d. 1974.
“Ladies & Gentleman, We are pleased to introduce Sir Henry Campana”,
interviewed by Mr. Matteo Cardinali
D. Grande Henry, da dove iniziamo questa rubrica?
R. Da una cosa apparentemente noiosa ma sulla quale ho studiato molto, raccogliendo molte carte anche “scottanti”, per capire come questo splendido gioco è stato inquinato da interessi, errori e speculatori senza che il basket avesse il cane da guardia (Gaetano perdonerà…) che interviene con i suoi mezzi quando – per esempio – il calcio sbanda o tradisce il suo fine sportivo e popolare (Moggi connection, ndr).
Quindi sarò noioso ma se un lettore avrà la pazienza di leggerci in questa puntata, di certo non si perderà le altre che – prometto – saranno molto divertenti.
D. Parlando di sport in televisione non si può prescindere della legge che lo disciplina, la cosiddetta Legge Mammì. Perché insisti col tuo spirito da giornalista puntuto con questa legge?
R. Perché è una Legge datata 1982 e che non ha fatto di certo un favore allo sport e soprattutto al basket.
D. Potresti spiegarmelo?
R. La Mammì è una legge supplente di uno Stato che utilizza lo sport invece di gestirlo in prima persona, delegando il CONI senza nessun potere effettivo e un vigilante miope, con lo scopo primario di controllare le aziende investitrici. La gente deve sapere che con la Mammì esiste una DETASSAZIONE al 100%, con un effetto per molte aziende e possibili riders di investire nello sport senza avere necessariamente una cultura sportiva ma solo ed unicamente per un abbattimento fiscale e con un effetto collaterale – non di certo disdegnato – di un diffuso consenso di immagine. Questa è la semplificazione e la glorificazione del cosiddetto Panem et Circenses.
D. Quali altri effetti produce e quali ricadute sul piano mediatico e finanziario?
R. E’ chiaro che se un grande gruppo percorre questa strada delle Mammì, può stravolgere il destino di una società e di un intero sport come la pallacanestro creando qualcosa che i greci chiamavano PLUTOCRAZIA.
D. Quali esempi?
R. Due esempi lampanti sono Siena e Milano.
“Siena è la rana che voleva diventare bue”; una cittadina di 50.000 abitanti è stata ricoperta d’oro e mi sembra che le indagini della Guardia di Finanza abbiano evidenziato varie ipotesi di reato per cui la società di basket serviva ad altri scopi, col risultato di una serie di scudetti “tutti” caratterizzati da polemiche e da una non grande simpatia da parte degli altri territori, come dimostrato dai bassi ascolti televisivi (i più bassi mai visti in Italia).
D. Esiste la possibilità che gli scudetti relativi agli anni sotto indagine possano essere revocati come successo nel calcio per la Juventus?
R. Ma non siamo ridicoli. Il valore sportivo dell’impresa resta: perché togliere qualcosa ai giocatori quando la responsabilità è in senso oggettivo degli organi vigilanti? Nell’ordine: 1) Polisportiva Mens Sana 1872; 2) Legabasket; 3) FIP; 4) CONI.
D. E quale corso avrà la giustizia sportiva?
R. Questa giustizia intanto non è sportiva per niente, è una lumaca lenta che procede col guscio in spalla per coprirsi quando interviene la ragione politica. E pedissequamente troppo generosa con lo sport e le sue pecche ai vari livelli, e quindi non andrà mai a fondo, evidenziando tutte le sue debolezze in questi continui casi di evidente malagestione come dimostra l’inchiesta di “Baskettopoli”: decine e non centinaia di migliaia di soldi buttati al vento con 2 anni di intercettazioni; un’istruttoria impeccabile ma con un colpevole ritardo che significa in pratica un’assoluzione anche dal punto di vista morale. Per quanto riguarda invece la giustizia sportiva, anche se riformata dal CONI, essa è uno strumento che – ripeto – con un eufemismo miope ed anacronistico serve solo a distribuire qualche gettone di presenza e ad alimentare le parcelle degli avvocati, creando false attese e noiosi tormentoni che la gente non capisce ma di cui si sente suggestionata.
D. Cosa suggerisci?
R. Renzi Matteo, l’Harry Potter della Val Di Sieve, fino a prova contraria dovrebbe semplificare il problema in omaggio alla sua decisa linea di “spending review”, togliendo tutto l’apparato dei giudici di stato per utilizzarli allo scopo di migliorare la questione dell’equità e della garanzia che lo stato deve fornire ai cittadini e chiedere contestualmente alle federazioni sportive di istituire un giudice interno, scelto tra i personaggi dell’ambiente e che debba rispondere al presidente federale e al consiglio federale, in grado di prendere un provvedimento di 1° e unico grado, come nella NBA.SE POI HA LE PROVE DI ESSERE LESO PUO’ RIVOLGERSI ALLA GIUSTIZIA ORDINARIA, MA IL VERDETTO SPORTIVO RESTA: SUGGERISCO DI RECUPERARE LA CLAUSOLA COMPROMISSORIA CON UN CORRETTIVO. SE UNO SI RIVOLGE ALLA MAGISTRATURA VIENE PEALIZZATO CON UNA SAZIONE SALATISSIMA, 50 MILA EURO CHE LA FEDERAZIONE DEVOLVE AI VIVAI GIOVANILI PERIFERICI
D. Ci siamo dimenticati di Milano e di Armani…
R. E’ lampante che ad una azienda di livello mondiale, con utili nell’ordine di alcune centinaia di milioni di euro, il basket a Milano (dove è il City-Game di espressione popolare più amato dopo il calcio, mentre a Roma è Pariolino) porti dei vantaggi e benemerenze agli investitori e mi sembra non sia sufficiente garantire in cambio la “sola” ristrutturazione del Palalido in un Piccolo Salotto e non investire invece 15-20 milioni di euro in un Arena polifunzionale e chiamandola “Armani Cultura” per onorare anche la storia del suo patron. E che potrebbe essere, perché no, la copertura della vecchia arena di Milano, un santuario dello sport italiano dove il basket, grazie alla nazionale, ha avuto per la prima volta ai primi del Novecento l’attenzione del pubblico.
D. Quanto è veramente realizzabile?
R. Quando ci si chiama Armani niente è impossibile…
D. Un palasport di nome Armani come succede nell’NBA dove molte arene portano il nome dello sponsor?
R. Bisogna andare oltre alla NBA e considerare questa ipotetica struttura il tempio di una cultura legata allo sport, alla tecnologia, alle arti figurative fra le quali la moda e – ribadisco – che lo chiamerei Armani Cultura.
D. Tornando a Siena… con tutti i soldi che investito il Montepaschi, 100 milioni di euro negli ultimi 7 anni come ha accertato la Guardia di Finanza, non poteva realizzarsi a Siena una struttura del genere?
R. Ho più volte scritto degli articoli, che i lor signori senesi hanno letto certamente senza prenderne atto, che la gestione Minucci poteva – risparmiando 1 solo milione di euro all’anno, spesi per il 12° o 13° giocatore che spesso non andava nemmeno a referto – in 10 anni avrebbe potuto costruire la Siena Arena, che sarebbe diventata il polo sportivo e culturale della Toscana e il link per l’alto Lazio, l’Umbria e parte delle Marche.
Un impianto strategico da collegare anche a un nascente un vero campus universitario di livello mondiale…
D. Di tutto quanto abbiamo parlato oggi della vicenda di Siena, possibile che il CONI non ne sapesse niente? Sembra che ora caschino tutti dalle nuvole e che nessuno sapesse niente di questo malaffare…
R. All’epoca Petrucci era il Presidente del CONI e voleva addirittura organizzare i mondiali 2014 (poi finiti in Spagna, ndr) e aveva nel comitato organizzatore per la candidatura (che è costato parecchie centinaia di milioni di euro) sia la Fondazione Montepaschi che Lottomatica, cioè una banca pubblica e lo stato….
D. Ma a quel tempo uscì fuori l’inchiesta di Baskettopoli… Sbaglio?
R. Il presidente della Fip era Meneghin e in quel momento uscirono fuori pure i verbali di Baskettopoli, dove si parlava di arbitri chiacchierati con tanto di nome e cognome e di un colloquio notturno tra Minucci e il loro capo (Garibotti) dove si parlava apertamente di arbitri “prò e straprò” per Siena …. Più di così!”
D. Ma di tutto quello che sostieni…, ne hai le prove?
R. Sono nato come cronista di cronaca nera, bianca e politica e questo codice deontologico mi ha aiutato nel mio lavoro nella pallacanestro. Non vengo dal bar dello sport o dal tifo organizzato ma vengo da una società, Robur et Fides Varese, che considero la mia alma mater come il giornalismo che ho iniziato a 15 anni, a 17 mi ha portato a scrivere al Congresso della Democrazia Cristiana a Udine e conoscere monumenti del giornalismo e a soli 20 anni alla Gazzetta dello Sport che non avevo mai letto ma per un giovane e molti italiani era un mito”.